Le azioni di responsabilità nel concordato preventivo
01 Ottobre 2015
Premessa
L'ordinamento giuridico tutela la posizione dei creditori di una società di capitali con una serie di strumenti atti a difendere i medesimi da azioni di mala gestio compiute dai soggetti a vario titolo coinvolti nella gestione dell'attività di impresa. Nel novero di tali strumenti assumono rilevanza le azioni di responsabilità che i creditori sociali possono esercitare al fine di ottenere un risarcimento per eventuali lesioni all'integrità del patrimonio sociale causate dai soggetti coinvolti nella gestione dell'attività dell'impresa. Nel concordato preventivo, particolare procedura concorsuale, di carattere non liquidatorio, che mira al raggiungimento di una composizione negoziale della crisi, i creditori concordatari, approvando a maggioranza la proposta del debitore, rinunciano all'esatta soddisfazione dei loro crediti nelle forme e/o per l'importo originariamente pattuiti, sulla base del presupposto che ciò che accettano è comunque superiore rispetto a quanto potrebbero ottenere ricorrendo ad una diversa e più invasiva procedura concorsuale. In questo contesto, si pone il problema dell'ammissibilità delle azioni di responsabilità dei creditori sociali nell'ambito della procedura del concordato preventivo. Il particolare regime di responsabilità limitata dei soci nelle società di capitali limita l'azione di garanzia per i creditori sociali che possono avanzare pretese solamente sul patrimonio sociale (artt. 2325 e 2462 c.c.). Il patrimonio sociale costituisce quindi l'unica garanzia generica per le obbligazioni assunte dalla società. In stato di crisi la responsabilità limitata accresce anche il rischio di comportamenti opportunistici dei soci a danno dei creditori.A tutela dei creditori, che a seguito di una crisi aziendale vedono diminuire la garanzia dei propri crediti a seguito della diminuzione del patrimonio sociale, l'ordinamento giuridico ha disposto una serie di tutele che in vari modi configurano diverse fattispecie di responsabilità che coinvolgono i vari soggetti ai quali è riconducibile, nei diversi contesti, la gestione della società: 1) obbligo di ricapitalizzazione della società se, a seguito di rilevanti perdite il patrimonio sociale scende al di sotto di una determinata soglia, individuata nel capitale sociale minimo (art. 2327 per la s.p.a.; art. 2463, comma 2, n. 4 per la s.r.l.); 2) obbligo/dovere degli amministratori di porre la società in liquidazione, se l'assemblea dei soci non delibera la ricapitalizzazione; 3) previsione di obblighi inderogabili inerenti alla gestione della società, specificamente predisposti allo scopo di garantire l'integrità del patrimonio sociale; la portata vincolante di questi obblighi è retta da alcune azioni di responsabilità alle quali sono legittimati i creditori sociali, che possono così chiedere il risarcimento del danno derivante dalla loro violazione. Da quanto sopra si evince la possibilità dei creditori di procedere nei confronti degli amministratori della società per far valere i danni patiti a causa di azioni di mala gestio.
Le azioni di responsabilità contro gli amministratori di s.p.a. Gli amministratori della s.p.a. sono responsabili ex art. 2394 verso i creditori sociali, per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale. L'art. 2395, si riferisce genericamente al “terzo”, inteso come creditore singolo soggetto danneggiato nel proprio patrimonio. Il comma 2 dell'art. 2394 introduce, quale presupposto per l'esercizio dell'azione da parte dei creditori, l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dell'insieme dei loro crediti. Il termine di prescrizione dell'azione dei creditori sociali è di 5 anni (art. 2949, comma 2), e decorre dal momento in cui l'insufficienza del patrimonio sociale è divenuta oggettivamente conoscibile.
La responsabilità degli amministratori di s.r.l. Fino alla riforma delle società di capitali del 2003, la responsabilità degli amministratori di s.r.l. era disciplinata dalle stesse disposizioni applicabili agli amministratori di s.p.a. (art. 2487 c.c., ante riforma). L'art. 2476 non prevede espressamente un'azione esperibile dai creditori sociali. Pertanto gli amministratori sono responsabili nei confronti della società, (tale responsabilità può essere fatta valere da ciascun socio). Il comma 6, prevede il diritto al risarcimento del singolo socio o del terzo danneggiati dall'atto doloso o colposo dell'amministratore. Viene altresì prevista la responsabilità solidale dei soci che abbiano intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi.
La responsabilità dei direttori generali, sindaci, liquidatori Il codice civile, nell'ottica della tutela degli interessi dei soggetti coinvolti nell'attività imprenditoriale, prende in considerazione anche gli altri soggetti ai quali sono attribuiti poteri di gestione o di controllo. L'art. 2396 estende le disposizioni di cui agli artt. 2392-2395 ai direttori generali di s.p.a. espressamente “nominati dall'assemblea o per disposizione dello statuto, in relazione ai compiti loro affidati”. Lo stesso vale per i componenti del collegio sindacale (art. 2407, terzo comma). Anche per i liquidatori è previsto un analogo rinvio (art. 2489, comma 2).
La responsabilità della società o dell'ente che esercita attività di direzione e coordinamento L'art. 2497 e ss. prevede la responsabilità, che può essere fatta valere dai soci e dai creditori sociali, della società eterodiretta, nel caso di pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale e per la lesione cagionata all'integrità del patrimonio della società.
La legittimazione all'esercizio delle azioni di responsabilità dei creditori sociali nelle procedure concorsuali Nell'ambito delle procedure concorsuali è possibile l'esperimento di azioni di responsabilità nei confronti dei preposti alla gestione di impresa. Generalmente la legittimazione ad agire è trasferita in capo ad uno degli organi della procedura. In tal senso l'ordinamento giuridico prevede all'art. 2394-bis la possibilità di agire nei confronti degli amministratori delle società per azioni in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione controllata. In tali fattispecie l'azione (sociale o dei creditori) deve essere esperita, rispettivamente, dal curatore, dal commissario liquidatore e dal commissario straordinario. Per i gruppi di imprese, l'ultimo comma dell'art. 2497 c.c. dispone nel medesimo modo, in relazione all'azione esercitabile dai creditori della società eterodiretta (e sottoposta a procedura concorsuale) nei confronti dell'ente o della società che svolge attività di direzione e coordinamento. La legge fallimentare, all'art. 146, comma 2, ribadisce che nel fallimento le azioni di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali, i liquidatori, nonché i soci di s.r.l. nelle ipotesi previste dall'art. 2476, comma 7, sono esercitate dal curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori. Effetti della richiesta di concordato nei confronti dei creditori
Divieto di azioni cautelari esecutive Durante la procedura, dalla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese fino al decreto di omologazione, i creditori per causa o titolo anteriore non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari, sotto pena di nullità, sul patrimonio del debitore (art. 168 così come modificato dal D.L. 83\2012). Le prescrizioni che tali domande avevano interrotto rimangono sospese, e le decadenze non si verificano. Ai creditori è altresì preclusa la possibilità di acquisire diritti di prelazione, con efficacia rispetto agli altri creditori, salva autorizzazione del giudice nei casi dell'art. 167 l. fall. Anche le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato. Nel caso le azioni siano state già presentate, la nullità opera con efficacia retroattiva. Per le azioni esecutive, ci si riferisce alle esecuzioni volte ad ottenere la soddisfazione del credito pecuniario, ma non a quella relativa all'esecuzione volta a far concludere un contratto in caso di inadempimento del preliminare (art. 2932 c.c.). Il divieto di azioni cautelari è stato introdotto dal D.L. 83\2012 con modifica dell'art. 168.
Azioni di cognizione Le azioni di cognizione nei confronti del debitore possono essere proposte dinanzi a al giudice competente per il merito.
Concordato omologato risolto o annullato Effetti particolari sorgono in seguito del concordato che sfocia nel fallimento. In particolare occorre aver riguardo all'azione revocatoria e ai crediti sorti regolarmente durante il concordato. In tal senso, nel caso di successivo fallimento dell'imprenditore che ha richiesto il concordato gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo non sono soggetti ad azione revocatoria da parte del curatore e i crediti sorti regolarmente durante la procedura di concordato (nuovi fornitori) vengono considerati crediti prededucibili (art. 111 l fall.).
Contratti in corso di esecuzione Il debitore può chiedere nella domanda di concordato, previa autorizzazione del Giudice Delegato, di sciogliere i contratti in corso di esecuzione (dopo il decreto di ammissione al concordato). Può altresì chiedere l'autorizzazione a sospendere il contratto per non più di 60 giorni (prorogabile una sola volta). Lo scioglimento del contratto non preclude l'esercizio della eventuale clausola compromissoria contenuta nei contratti. Nel caso di accoglimento della richiesta di scioglimento del contratto, il contraente ha diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. Tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato. Sono esclusi:
Le azioni di responsabilità dei creditori sociali ex artt. 2394 e 2497 c.c., hanno natura diretta e autonoma. Pertanto l'azione nell'ambito della procedura del concordato preventivo non rappresenta una azione meramente surrogatoria. I creditori sociali, possono chiedere il risarcimento del danno consistente nella lesione dell'integrità del patrimonio sociale, mirando quindi ad ottenere un risultato utile individuale di incremento del proprio patrimonio. Pertanto pur vero che esiste alla base del concordato preventivo un “pactum di non petendo”, ciò non impedisce al creditore di soddisfarsi sul patrimonio del debitore oltre i termini concordatari, agendo ex artt. 2394 o 2497 c.c. L'art. 184 l fall. che disciplina gli effetti del concordato omologato peraltro esclude che i soggetti ai quali l'esdebitazione potrebbe estendersi in virtù delle regole generali del diritto civile siano liberati. L'esdebitazione conseguente all'omologazione del concordato si configura quindi come una mera inesigibilità, nei confronti del solo debitore concordatario, del credito non integralmente soddisfatto. Da ciò ne consegue il nonimpedimento dell'esercizio dell'azione di responsabilità da parte dei creditori nei confronti dei soggetti coinvolti nella gestione dell'attività di impresa, diversi dal debitore. Dai precedenti paragrafi si evince la possibilità di esperire le azioni di responsabilità dei creditori sociali anche nel contesto del concordato preventivo; diversa è invece la disciplina relativa alla legittimazione all'esercizio di quelle azioni in capo ad un organo della procedura. Una soluzione di questo genere sembra doversi escludere. L'art. 81 c.p.c., prevede espressamente che, “fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui”. La legge fallimentare peraltro legittima l'esercizio delle azioni di responsabilità dei creditori sociali in capo al curatore nel fallimento espressamente all'art. 146 (nonché previsto dagli artt. 2394-bis e 2497 c.c.) e lo stesso vale per la procedura di amministrazione straordinaria e per quella di liquidazione coatta amministrativa, mentre fra le disposizioni che disciplinano il concordato preventivo non vi è invece alcun riferimento alle azioni di responsabilità dei creditori sociali, e quindi non c'è alcuna previsione espressa in merito al trasferimento della legittimazione. La legittimazione del Commissario liquidatore e del liquidatore giudiziale, in termini di azioni di responsabilità, è riconosciuta se prevista dal piano concordatario. In tal senso va letta l'ordinanza del Tribunale di Napoli (Ordinanza del 5 luglio 2013) che esclude la legittimazione del commissario e del liquidatore giudiziale (concordato con cessione di beni) in quanto l'azione di responsabilità non è stata prevista nel piano concordatario. La stessa ordinanza legittima però i due organi della procedura all'esercizio dell'azione ex art. 2043 c.c. per il risarcimento dei danni derivanti da danni fallimentari. Individuazione e quantificazione del danno risarcibile nel concordato preventivo
Il criterio di calcolo del danno risarcibile nell'ambito del concordato preventivo è il medesimo di quello specificato con riferimento alle società in bonis. Con il concordato preventivo, i creditori sociali rinunciano a veder soddisfatto il proprio credito nelle forme o per l'importo originariamente pattuiti.La formula per la quantificazione del danno risarcibile deve allora essere adattata ad un contesto in cui i creditori sociali hanno ottenuto la soddisfazione di una parte del credito originario, rinunciando al resto, pertanto l'entità del danno risarcibile deve essere determinata sulla base della parte di credito non soddisfatta. Vanno quindi individuati quattro parametri: 1) valore della rinuncia al credito originario da parte del singolo creditore; 2) valore complessivo della parte di credito alla quale la intera massa di creditori rinuncia; 3) misura dell'insufficienza rispetto ai crediti originariamente vantati, delle risorse che vengono destinate alla soddisfazione dei creditori; 4) lesione del patrimonio sociale diretta imputabile alla condotta illecita del soggetto responsabile. Ora, merita ricordare che la funzione svolta dal patrimonio sociale, inteso come garanzia generica delle obbligazioni contratte dalla società, è quella di garantire l'adempimento delle prestazioni, in quanto queste non siano state ancora eseguite. E che quindi è in ragione di quella parte del credito non attualmente soddisfatta che deve essere determinata l'entità del danno risarcibile. Il danno risarcibile, pari alla misura dell'insufficienza, rispetto ai crediti originariamente vantati, delle risorse destinate con il concordato alla soddisfazione dei creditori, nei limiti in cui sia riconducibile alla condotta illecita del soggetto responsabile, e calcolata in proporzione all'incidenza della sua rinuncia sul valore totale delle rinunce accettate dai creditori, dovrebbe in termini matematici essere espresso:
Conclusioni
L'avviamento di una procedura di concordato preventivo non preclude una eventuale azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore e dei sindaci della società (in tal senso recentemente il Tribunale di Piacenza si è espresso con sentenza del 12 febbraio 2015) Pertanto nei confronti del consiglio di amministrazione e/o del collegio sindacale della società di capitali che non hanno rispettato gli obblighi di vigilanza per la salvaguardia del patrimonio aziendale imposti loro dalla legge è possibile richiedere il risarcimento del danno, anche nell'ambito della procedura di concordato preventivo ove sia stato raggiunto un accordo coi creditori per evitare il fallimento. La richiesta risarcitoria del singolo creditore in tal senso non lede il principio di “par condicio creditorum” ossia l'obbligo di soddisfare tutti i creditori senza preferenze, salvo ovviamente gli accordi prestabiliti nel programma di liquidazione. Il concordato preventivo infatti vieta ai creditori (a prescindere dal fatto che questi abbiano votato a favore o contro l'approvazione di esso) di avanzare, solo nei confronti della società, ulteriori richieste di pagamento rispetto a quanto stabilito nel programma di liquidazione, ma non impedisce al creditore di agire in base a un differente titolo, quello cioè della richiesta di risarcimento (che nulla ha a che vedere con il credito originario), peraltro nei confronti di un soggetto diverso dalla società, quale appunto l'amministratore o i sindaci. Tali soggetti sono differenti rispetto a quelli vincolati dal concordato e i fatti di responsabilità sono del tutto estranei all'accordo concordatario. |