La CEDU detta le linee applicative del ne bis in idem

11 Gennaio 2017

In tema di illecito tributario, è insindacabile la scelta legislativa di un doppio binario processuale, essendo circostanza prevedibile per il contribuente la possibilità che per lo “stesso fatto” possa essere irrogata una doppia sanzione, amministrativa e penale.
Massima

In tema di illecito tributario, è insindacabile la scelta legislativa di un doppio binario processuale, essendo circostanza prevedibile per il contribuente la possibilità che per lo “stesso fatto” possa essere irrogata una doppia sanzione, amministrativa e penale.

In tali casi non è violato il principio del ne bis in idem di cui all'art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU se l'ordinamento interno consente uno sviluppo parallelo e la connessione tra il procedimento penale e amministrativo, che si realizza se:

  1. i due procedimenti perseguono scopi complementari, non solo in astratto, ma anche in concreto, punendo differenti aspetti dell'illecito;
  2. i fatti accertati in un procedimento sono considerati nell'altro, ove pertinenti;
  3. è assicurato il rispetto del criterio di proporzionalità della sanzione complessivamente inflitta, dovendo il giudice penale tener conto, in sede di determinazione della pena, della sanzione già irrogata nel procedimento amministrativo, e viceversa.
Il caso

Due cittadini norvegesi, A e B, rispettivamente titolari di società di investimenti, una registrata a Gibilterra e l'altra, di diritto lussemburghese, registrata a Samoa, condannati entrambi, in procedimenti separati, a pene detentive per il reato di frode fiscale aggravata e destinatari di sanzioni tributarie per omessa dichiarazione di redditi, presentavano ricorso alla Corte EDU dolendosi di essere stati punti due volte per il medesimo fatto, in violazione del divieto previsto dall'articolo 4, Protocollo n. 7 alla Convenzione EDU, ostando alla condanna penale la pregressa irrogazione di una sanzione tributaria. L'appello inizialmente proposto, come anche il successivo ricorso innanzi alla Corte Suprema norvegese, veniva respinto.

La condotta di reato si sostanziava nell'acquisto nel giugno del 2001 di azioni di una società e nella successiva rivendita ad un terzo ad un prezzo notevolmente più alto. Parte del ricavato delle cessioni veniva trasferito dal ricorrente A alla società registrata a Gibilterra, di cui era unico azionista.

Nei confronti di A l'Autorità fiscale norvegese notificava nel 2005 un avviso di accertamento per omessa dichiarazione delle entrate derivanti dalle operazioni di cessione per un totale di circa 32,5 milioni di corone norvegesi (circa 3,6 milioni di euro) e, nell'ottobre del 2008, intimava il pagamento della imposta straordinaria e della sanzione del 30% della tassa dovuta in relazione all'ammontare non dichiarato per aver violato la sezione 12-1 (1) (a), cf. sezione 12-2, del Tax Assessment Act del 1980.

Al ricorrente B, inoltre, il 5 dicembre 2008 l'Amministrazione finanziaria notificava avviso di rettifica determinando il maggior reddito non dichiarato in Kn 1.302.526 (circa € 143.400,00) e irrogava la sanzione tributaria, poi divenuta definitiva, per la violazione delle sezioni 10-2 (1) e 10-4 (1) del Tax Assessment Act del 1980.

I ricorrenti venivano riconosciuti colpevoli del reato di frode fiscale aggravata: nel quantificare la pena detentiva, in entrambi i casi il giudice penale competente teneva in esplicito conto il fatto che era già stata irrogata una sanzione tributaria di rilevante importo.

La questione

La questione riguarda la compatibilità del sistema del doppio binario sanzionatorio con il divieto di doppio giudizio di cui all'art. 4, Protocollo n. 7, della Convenzione EDU, nell'interpretazione elaborata dalla giurisprudenza della CEDU.

Come è noto, con la sentenza CEDU, sez. II, del 4 marzo 2014, causa Grande Stevens ed altri c. Italia, per le sanzioni irrogate ai sensi degli artt. 187-bis e 187-ter del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (hinc, T.U.F.), la Corte ha affermato che l'art. 4, par. 1, Protocollo n. 7 della Convenzione EDU vieta la duplicazione di giudizi penali e amministrativi e, di conseguenza, il cumulo delle relative sanzioni per il medesimo fatto, riconoscendo la piena equiparazione del provvedimento sanzionatorio definitivo al giudicato penale (principio che opera in senso reciproco).

L'art. 4 citato non vieta, però, la contemporanea apertura e il parallelo svolgimento del procedimento penale ed amministrativo, ma sanziona la mancata interruzione del giudizio (o procedimento) ancora pendente per lo stesso fatto nel momento in cui l'altro è divenuto definitivo.

A tal fine, si ha identità del fatto («accusa in materia penale») quando, al di là della omogeneità degli elementi costitutivi degli illeciti, penale e amministrativo, i fatti ascritti al ricorrente dinanzi all'autorità amministrativa e ai giudici penali siano riconducibili alla stessa condotta. Le sanzioni irrogate all'esito di un procedimento amministrativo acquistano qualificazione sostanziale penale per il loro rilievo afflittivo, in ragione dell'importo in sé considerato, delle sanzioni accessorie che le accompagnano, delle ripercussioni sugli interessi del condannato (a tal fine, la Corte EDU richiama i c.d. Engel criteria, elaborati nella decisione CEDU, 8 giugno 1976, Engel e altri c. Paesi Bassi, serie A, n. 22).

Il principio, è stato, inoltre, espresso, tra le altre:

  • nella sentenza CEDU, sez. IV, del 20 maggio 2014, nella causa Nykanen contro Finlandia, ove la Corte ha ribadito la necessità di verificare, ai fini dell'applicazione del principio comunitario del ne bis in idem, la natura sostanziale penale delle sanzioni amministrative irrogate in funzione dei consolidati “Engel criteria”, tra loro alternativi e non cumulativi, per natura della violazione o natura, scopo o grado di severità della sanzione.
  • nella sentenza CEDU, sez. V, del 27 novembre 2014, nella causa Lucky Dev contro Svezia, in cui la Corte fornisce l'interpretazione del concetto di “stesso fatto” per l'applicazione del divieto di una seconda condanna di cui al citato art. 4, Protocollo 7 (nel senso della sufficienza del riferimento al fatto storico-naturalistico, cfr. CEDU, Grande Camera, del 10 febbraio 2009, nella causa Sergey Zolotukin c. Russia).
Le soluzioni giuridiche

La ricerca di una interpretazione armonica del principio del ne bis in idem. Le questioni rimesse alla Corte di Giustizia

La sentenza della Corte EDU interviene nelle more dell'attesa decisione della Corte di Giustizia sul rinvio pregiudiziale disposto dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Cass. civ., sez. trib., ordinanza interlocutoria n. 20675 del 20 settembre 2016), con cui è stata sollecitata una interpretazione del divieto di doppio giudizio di cui all'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali della UE (CDFUE) che si allinei al corrispondente principio posto dall'art. 4, Paragrafo n. 7 della Convenzione EDU, al fine di rilevare il contrasto tra le regole interne e la normativa unionale. Il caso riguardava l'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dall'art. 187-ter del T.U.F., cui seguiva, in sede penale, una sentenza di applicazione di pena detentiva, con irrogazione delle prescritte pene accessorie interdittive, per il reato, tra gli altri, di cui agli artt. 81 c.p. e art. 185 T.U.F., pena poi dichiarata estinta per l'indulto.

Analoga questione è stata sollevata da Cass. civ., sez. II, ordinanza interlocutoria 15 novembre 2016, n. 23232, che ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione Europea in merito all'interpretazione dell'art. 50 della CDFUE, avuto riguardo, da un lato, all'ambito operatività del principio del ne bis in idem in caso di fatti originanti cumulo di sanzioni penali ed amministrative, per i quali intervenga giudicato penale di assoluzione e, dall'altro, alla sufficienza o meno, nella valutazione della violazione del menzionato principio, del richiamo ai limiti di pena posti dalla Direttiva 2014/57/UE.

Nelle suddette ordinanze interlocutorie la Corte pone l'accento sulla mancata previsione nell'ordinamento interno di una norma che ampli la sfera applicativa del principio anche ai casi di interferenza e sovrapponibilità tra (illecito e) sanzione penale ed amministrativa, non potendo trovare applicazione in tali casi l'art. 649 c.p.p. (vedi, sul tema C. Cost.8 marzo 2016, n. 102).

La soluzione adottata

Con la sentenza del 15 novembre 2016 la Corte EDU ha escluso che nel caso esaminato vi sia stata una ingiusta duplicazione delle sanzioni per lo stesso fatto.

La Corte ribadisce che la scelta legislativa interna di prevedere in materia tributaria un doppio binario, penale ed amministrativo, per lo “stesso fatto”, come interpretato dalla richiamata giurisprudenza della CEDU, non può essere suscettibile di sindacato e non è in contrasto ex se con il divieto di doppio giudizio sancito dall'art. 4, Protocollo n. 7 della Convenzione,

È, infatti, insita in ogni sistema processuale la possibilità di regolare la condotta socialmente dannosa – nel caso, il fraudolento occultamento di redditi ed omesso versamento delle imposte – secondo un doppio processo (penale/amministrativo) e di irrogare sanzioni di tipo diverso, tra loro variamente cumulate o combinate, ovvero di dare priorità nella trattazione al più grave e socialmente riprovevole aspetto concernente la frode.

L'elemento di novità della decisione è nella indicazione delle condizioni e dei requisiti che legittimano le scelte legislative interne in tema di doppio binario sanzionatorio.

La Corte, in particolare, evidenzia l'obbligo per gli Stati di garantire che i procedimenti si svolgano parallelamente e siano tra loro connessi (in essence complementary and linked in time), attraverso meccanismi di integrazione procedimentale per il quale i fatti accertati in un procedimento siano considerati nell'altro (per l'affermazione della necessità di una “stretta connessione sostanziale e temporale” tra i procedimenti – a sufficiently close connection in substance and in time cfr. sentenza CEDU n. 73661/01, del 13 dicembre 2005, caso Nilsson v. Sweden).

Le condizioni che realizzano siffatta connessione sono:

  • la persecuzione di scopi complementari, non solo in astratto, ma anche in concreto, nella punizione dei differenti aspetti del fatto illecito;
  • la prevedibilità per il contribuente del doppio binario sanzionatorio, sia per legge che di fatto, per il medesimo illecito;
  • una adeguata interazione tra i procedimenti in modo tale da evitare, per quanto possibile, duplicazioni nella raccolta e la valutazione delle prove. L'accertamento dei fatti in un procedimento deve essere utilizzato, ove pertinenti, anche nell'altro.
  • un meccanismo di compensazione che assicuri che l'importo complessivo delle eventuali sanzioni irrogate sia proporzionato (the overall amount of any penalties imposed is proporzionate).

Lo sviluppo in modo prevedibile e proporzionato dei diversi piani procedimentali elide il rischio di una ingiusta duplicazione della sanzione. II giudice penale deve tener conto, in sede di determinazione della pena, della sanzione amministrativa già irrogata nel separato procedimento tributario in via definitiva, e, viceversa, l'autorità amministrativa della sanzione penale inflitta.

Osservazioni

Con la sentenza in commento la Corte di Strasburgo fornisce la chiave interpretativa per una lettura del divieto di doppio giudizio posto dall'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che si presenti conforme al principio del ne bis in idem sancito dall'art. 4, Protocollo n. 7, della Convenzione EDU, dettandone le condizioni applicative, così anticipando il giudizio della Corte di Giustizia sulle questioni rimesse dalle Sezioni civili (cfr., sul punto, l'affermata compatibilità del doppio binario sanzionatorio con il principio di cui all'art. 50 della CDFUE, in CGUE, sez. III, 23 dicembre 2009, Spector Photo Group N.V. c. CBFA).

Pur se non sindacabile, la scelta del doppio binario sanzionatorio in materia tributaria deve rispondere a ragioni di efficienza e di perseguimento di differenti scopi retributivi e, in tal senso, la richiesta complementarietà e connessione temporale è funzionale ad evitare una esposizione ad incertezze e ritardi oltre tempi ragionevoli dei procedimenti.

(Fonte: IlTributario)

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