Valenza confessoria della dichiarazione dell’intermediario sull’inadeguatezza dell’operazione

Dario Falconieri
02 Maggio 2017

La sottoscrizione, da parte del cliente, della clausola in calce al modulo d'ordine, contenente la segnalazione di inadeguatezza dell'operazione sulla quale egli è stato avvisato, è idonea a far presumere assolto l'obbligo di avvertimento previsto in capo all'intermediario.
Massima

La sottoscrizione, da parte del cliente, della clausola in calce al modulo d'ordine, contenente la segnalazione di inadeguatezza dell'operazione sulla quale egli è stato avvisato, è idonea a far presumere assolto l'obbligo di avvertimento previsto in capo all'intermediario, con riferimento all'art. 28 Reg. Consob n. 11522 del 1998. Siffatto principio, vale, evidentemente, anche in caso di segnalazione del carattere non appropriato dell'investimento.

Il caso

L'attore conveniva in giudizio Unicredit Banca S.p.A. per ottenerne la condanna alla restituzione della somma di € 29.000,00, oltre accessori, previo accertamento della nullità o annullabilità dei contratti di investimento aventi ad oggetto obbligazioni Lehman Brothers stipulati in violazione delle norme sulla trasparenza e sull'informativa; in subordine domandava condannarsi la controparte al risarcimento dei danni.

Parte attrice lamentava che l'acquisto delle obbligazioni era stato sollecitato da un funzionario della Banca pochi mesi prima del fallimento della società emittente.

Parte convenuta si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda: deduceva di aver avvisato il cliente dell'inadeguatezza dell'operazione, sconsigliandolo dal porla in essere.

Il Tribunale di Rovereto respingeva la domanda.

Interposto gravame, la Corte di Appello di Trento rigettava l'impugnazione.

Quest'ultima pronuncia era oggetto di un ricorso per cassazione proposto dall'attore e fondato su nove motivi. Con controricorso, illustrato da memoria, resisteva Unicredit.

La Suprema Corte di Cassazione respingeva il ricorso statuendo che:

“L'attestazione resa dal cliente, su modulo predisposto dalla Banca e da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza circa le informazioni ricevute sulla rischiosità dell'investimento suggerito e sollecitato dalla Banca e dell'inadeguatezza dello stesso rispetto al suo profilo di investitore pur non costituendo dichiarazione confessoria, giacché rivolta alla formulazione di un giudizio e non all'affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo, può comprovare l'avvenuto assolvimento degli obblighi di informazione incombenti sull'intermediario”.

Osservazioni

La sentenza in esame conferma taluni precedenti orientamenti della stessa Corte (cfr. Cass., 6 marzo 2015, n. 4620; Cass., 12 marzo 2015, n. 4927) circa la valutazione del corretto operato dell'intermediario finanziario nella prestazione dei servizi di investimento focalizzando l'attenzione su un aspetto in particolare: le dichiarazioni rese dall'investitore sia al momento della sottoscrizione del contratto d'investimento (o in fase di eventuale rinnovo) che al momento del conferimento dell'ordine di investimento.

Cercando di sintetizzare i due distinti (ma strettamente connessi) momenti che riguardano la prestazione dei servizi di investimento, occorre rilevare come sorga in capo all'intermediario finanziario il dovere/obbligo d'informarsi circa le caratteristiche e la propensione al rischio del cliente affinché a quest'ultimo la Banca possa prospettare un investimento compatibile con il suo profilo e funzionale alla corretta esecuzione del servizio prestato. In particolare, è onere dell'intermediario rispettare l'obbligo di adeguatezza dell'investimento da commisurare appunto alle caratteristiche del cliente. Come è vero che l'intermediario ha dei doveri e/o obblighi nei confronti dell'investitore, è altrettanto vero che quest'ultimo non possa essere considerato un soggetto passivo “in balia” dell'intermediario ma, soprattutto, possa esimersi dal prestare una normale diligenza nella sottoscrizione degli investimenti.

Nel caso in esame, la suprema Corte chiarisce che se la dichiarazione redatta dalla banca e sottoscritta dal cliente contenga la presa d'atto da parte di quest'ultimo del fatto che l'operazione di investimento non sia appropriata, pur non costituendo dichiarazione confessoria in quanto rivolta alla formulazione di un giudizio e non all'affermazione di scienza e verità di un fatto obbiettivo, può comprovare l'avvenuto assolvimento degli obblighi di informazione incombenti sull'intermediario.

La Corte di legittimità ha anche censurato l'eccezione sollevata dai ricorrenti circa il dedotto vizio di violazione di legge che investirebbe il contenuto del modulo sottoscritto dai clienti e redatto dalla Banca non sufficiente, a dire dei ricorrenti, ad assolvere gli obblighi di informazione in capo all'intermediario. In realtà, il testo redatto dall'intermediario conteneva l'esplicito riferimento alle avvertenze ricevute circa l'inadeguatezza dell'ordine sia per le caratteristiche del titolo sia perché non compatibile con il personal profile dell'investitore.

Conclusioni

La dichiarazione, pertanto, redatta interamente dal prestatore di servizi di investimento ma sottoscritta dal cliente, in cui sia contenuta l'affermazione che l'operazione di investimento non è adeguata rispetto alle proprie conoscenze ed esperienze può essere apprezzata dal giudice come confessione stragiudiziale in quanto si risolve in una dichiarazione di scienza.

A parere di chi scrive, il consolidamento del suddetto orientamento non può che essere condivisibile. E' lecito chiedersi se le obbligazioni Lehman, invece di perdere valore a causa del fallimento della Società emittente, avessero portato nelle “tasche” degli investitori un notevole guadagno, questi avrebbero comunque eccepito alla Banca il mancato assolvimento degli obblighi di informazione nonostante il modulo sottoscritto? La risposta è certamente no. Chi scrive si permette di sottolineare ciò perché se il modus operandi di un intermediario finanziario non è conforme alle normative vigenti dovrebbe essere eccepito a prescindere dall'andamento dell'investimento. Questo modo di agire degli investitori, molto frequente nelle aule dei nostri Tribunali, infatti, appare strumentale e non utile in una corretta ottica di ripartizione delle responsabilità in capo all'intermediario e all'investitore che ricoprono entrambi un ruolo attivo e paritario in fase di sottoscrizione dell'investimento. Perché come è vero che le Banche devono, giustamente, adempiere a una serie di obblighi e doveri imposti da normative sempre più stringenti, è altrettanto vero che l'investitore debba essere ben consapevole e conscio, una volta informato come nel caso di specie, a cosa può andare incontro. A parere di chi scrive, infatti, è troppo facile ribaltare la responsabilità sull'intermediario finanziario per aver scelto un prodotto - non conforme al proprio profilo come indicato dalla Banca - ma potenzialmente più remunerativo. Il tutto avallato, peraltro, da una dichiarazione sottoscritta dall'investitore.

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