Perdite eccedenti il capitale sociale e tutela del socio assente

09 Giugno 2015

Una società a responsabilità limitata ha perdite superiori al capitale sociale. Gli amministratori, sostenuti dalla maggioranza dei soci, intendono convocare l'assemblea per deliberare la ricostituzione del capitale sociale, previo assorbimento integrale delle perdite che residuano dopo l'azzeramento del capitale stesso. Un socio di minoranza, presumibilmente ostile, sarà sicuramente assente all'assemblea. Qual è la tecnica preferibile per raggiungere il risultato desiderato, senza violare i diritti del socio di minoranza?

Una società a responsabilità limitata ha perdite superiori al capitale sociale. Gli amministratori, sostenuti dalla maggioranza dei soci, intendono convocare l'assemblea per deliberare la ricostituzione del capitale sociale, previo assorbimento integrale delle perdite che residuano dopo l'azzeramento del capitale stesso. Un socio di minoranza, presumibilmente ostile, sarà sicuramente assente all'assemblea. Qual è la tecnica preferibile per raggiungere il risultato desiderato, senza violare i diritti del socio di minoranza?

La prassi ha elaborato alcune tecniche capaci di far fronte alla situazione che si presente quando una società si trova con un patrimonio netto negativo, ma intenda proseguire la propria attività. L'art. 2482 ter c.c. pretende che sia eliminata la causa di scioglimento costituita dalla perdita del capitale sociale e che, prima di procedere sua ricostituzione, siano eliminate le perdite ulteriori. La scelta della maggioranza deve essere rispettosa dei diritti del socio che si ritiene assente e non del tutto allineato con la maggioranza dei soci circa la soluzione da adottare per uscire dalla situazione di crisi. L'assemblea, a maggioranza, potrebbe senz'altro procedere ad azzerare il capitale sociale, ma, poi, deve essere cauta nel deliberare la ricostituzione dello stesso al fine di non ledere il diritto dell'assente. Infatti, una volta azzerato il capitale, ciascun socio ha il diritto di sottoscrivere l'aumento del capitale sociale, esercitando il diritto di opzione stabilito dall'art. 2481 bis c.c. e confermato, per la fattispecie in esame, dall'art. 2482 quater c.c.. Deve essere sottolineato che nella fase di crisi in cui si trova la società, il socio potrebbe avere un legittimo interesse a perseguire la liquidazione del patrimonio al fine di ricavare, al termine di questa, un residuo distribuibile.

In effetti, quando la società possiede plusvalori latenti, non espressi nel bilancio, può ricavare dalla liquidazione un saldo positivo da assegnare ai soci in proporzione alla quota già detenuta. Il socio di minoranza potrebbe ritenere preferibile quest'ultima strada in quanto, ad esempio impossibilitato o non disposto ad investire ulteriori sostanze nell'attività sociale che reputa in ogni caso conclusa. Di fronte a questo scenario, la difficoltà principale è quella di conciliare la salvaguardia della posizione del socio assente – cosa che si traduce nell'esigenza di tutelare i diritti a lui riconosciuti dalla legge - con l'esigenza, avvertita dalla maggioranza, di procedere alla copertura immediata delle perdite residue, operazione, questa, che condiziona l'approvazione della successiva delibera di aumento volta a riportare il capitale ad una cifra ritenuta congrua rispetto alle esigenze sociali. Non si deve nascondere il fatto che, come accade qualche volta, situazioni analoghe a quella descritta vengono vissute dalla maggioranza come occasioni per liberarsi da una minoranza “poco incline” alla collaborazione e tale consapevolezza deve indurre alla massima prudenza nel disegnare lo schema operativo corretto per la fattispecie. La soluzione tradizionale si fonda sull'esecuzione di versamenti a fondo perduto da parte dei soci e sull'elaborazione di un meccanismo condizionale che vorrebbe tutelare, al tempo stesso, le ragioni del socio assente e quelle dei soci presenti a ricapitalizzare rapidamente la società. in breve, sia il versamento delle somme ulteriori necessarie ad assorbire le perdite che residuano all'azzeramento del capitale, sia quello necessario per liberare il nuovo capitale sottoscritto sono subordinati alla condizione risolutiva dell'esercizio del diritto di opzione del socio assente al quale viene assegnato un congruo termine – almeno trenta giorni dalla notifica della decisione al domicilio eletto ai fini delle comunicazioni sociali – per la relativa sottoscrizione. La copertura delle perdite eccedenti, come accennato, viene affidata a versamenti spontanei effettuati dai soci, in proporzione alla loro quota sociale e, per la parte spettante al socio assente, anche in suo nome e conto (ma senza avere, ovviamente, alcun potere di rappresentanza).

Solo dopo avere eliminato la perdita, l'assemblea può deliberare la ricostituzione del capitale che viene sottoscritta a titolo di opzione dai presenti e, previo immediato esercizio, in prelazione dagli stessi soci, in attesa delle determinazioni del socio assente. In questa fase si inserisce il meccanismo condizionale di cui si diceva: l'esercizio del diritto di prelazione sull'inoptato e la relativa sottoscrizione sono risolutivamente condizionati al mancato esercizio, in tutto o in parte, del diritto di opzione da parte del socio assente. L'eventuale sopravvenuta sottoscrizione da parte di quest'ultimo fa cadere retroattivamente l'esercitata prelazione con piena tutela delle reciproche posizioni e interessi. Nel punto della delibera nel quale si costruisce la condizione risolutiva, però, si dovrà avere cura di precisare che il valido esercizio del diritto di opzione da parte del socio assente è, a sua volta, subordinato alla partecipazione proporzionale alla copertura delle perdite eccedenti e, quindi, al rimborso agli altri soci delle somme versate a tale titolo. Il punto debole della proposta è quello di voler condizionare l'esercizio del diritto di opzione – che, al contrario, deve essere pieno ed incondizionato – ad un versamento ulteriore e diverso rispetto a quello avente ad oggetto la mera liberazione della quota sottoscritta. Per far fronte al rischio che l'operazione così congegnata possa incontrare l'opposizione motivata del socio assente, la prassi ha elaborato una valida soluzione alternativa: l'assemblea, una volta azzerato il capitale sociale, provvede immediatamente ad approvare l'aumento del capitale sociale alla cifra desiderata e ritenuta utile per la prosecuzione dell'attività, ma grava tale aumento a pagamento di un soprapprezzo di un importo esattamente corrispondente alle perdite ancora presenti dopo l'azzeramento del capitale sociale. Al soprapprezzo viene assegnata una funzione ripristinatoria dell'equilibrio patrimoniale finanziario della società: la riserva che si viene a generare con le sottoscrizioni dell'aumento di capitale dovrà essere immediatamente eliminata e con l'azzeramento della riserva verranno meno anche le perdite eccedenti di pari importo. Il socio assente che intenda esercitare il diritto di opzione, sarà tenuto a versare l'intero soprapprezzo afferente alla partecipazione.

Tale sottoscrizione ed i relativi versamenti fatti per liberarla risolve, anche qui risolutivamente, la sottoscrizione effettuata dagli altri soci a titolo di prelazione sotto condizione dell'esercizio dell'opzione da parte dell'assente. Gli amministratori, acquisiti dal socio assente i fondi necessari, potranno restituire agli altri soci quando già versato, nella sottoscrizione della prelazione, per soprapprezzo e quota capitale.

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