Trasferimento di azioni e violazione della clausola statutaria di prelazione

Daniele Fico
12 Giugno 2015

Nel caso in cui un azionista voglia alienare la propria partecipazione ad un terzo, quali adempimenti deve osservare in presenza di una clausola statutaria di prelazione? Quali sono le conseguenze della violazione di tale clausola?

Nel caso in cui un azionista voglia alienare la propria partecipazione ad un terzo, quali adempimenti deve osservare in presenza di una clausola statutaria di prelazione? Quali sono le conseguenze della violazione di tale clausola?

Premessa. L'art. 2355 bis, comma 1, c.c., in deroga al principio di libera trasferibilità delle partecipazioni sociali, attribuisce all'autonomia statutaria - limitatamente alle azioni nominative ed all'ipotesi di mancata emissione dei titoli azionari - di sottoporre a particolari condizioni il trasferimento o di prevedere l'intrasferibilità delle medesime per un periodo non superiore a cinque anni dalla costituzione della società o dal momento nel quale il divieto viene introdotto. Tra i limiti statutari alla circolazione delle azioni va senza dubbio annoverata la clausola di prelazione che, come noto, impone all'azionista, nell'ipotesi in cui intenda alienare la propria partecipazione, di offrire i titoli azionari preventivamene agli altri soci, i quali hanno diritto di acquisirli alle stesse condizioni offerte da chi si sia dichiarato disponibile all'acquisto.

Prelazione e obbligo di denuntiatio. La clausola di prelazione se, da un lato, comprime il diritto dell'azionista alla libera circolazione delle azioni, o comunque un qualunque diritto corrispondente all'interesse, dell'azionista medesimo, a che le azioni restino liberamente circolanti; d'altro altro, gli attribuisce il diritto ad essere preferito nell'acquisto delle azioni poste in vendita dai consoci.

La clausola di prelazione genera, in ogni caso, l'obbligo per il socio che intenda cedere, in tutto o in parte, la propria partecipazione, di comunicare alla società o agli altri soci:

- la sua volontà di vendere;

- le condizioni offertegli dal terzo;

- il termine entro il quale gli dovrà pervenire la comunicazione della volontà di esercitare la prelazione.

Tale comunicazione, definita denuntiatio, per essere valida e operante deve contenere tutte le condizioni alle quali il contratto di trasferimento delle azioni potrebbe essere concluso dal soggetto favorito, in modo da realizzare l'esigenza di questi di una ponderata valutazione circa l'opportunità o meno di esercitare il proprio diritto di prelazione.

Violazione della clausola di prelazione. In relazione, poi, alle conseguenze della violazione della clausola statutaria di prelazione, in giurisprudenza ed in dottrina si conoscono diversi orientamenti.

Partendo dal presupposto che la clausola in esame, oltre ad essere indirizzata alla tutela del patrimonio sociale, consacra un vero e proprio diritto dei soci uti singuli, parte della giurisprudenza (e della dottrina) ne ha riconosciuto una efficacia reale (v., per tutte, Cass. 14 gennaio 2005, n. 691, in Le Società, 2005, 1520 ss.; Cass. 16 marzo 1977, n. 1044, in Giur. comm., 1977, II, p. 759) con la conseguenza che, la sua violazione, origina la nullità dell'alienazione delle azioni. A tale opinione, tuttavia, alcuni studiosi hanno opposto che la legge non sanziona con la nullità la violazione della clausola in esame: l'alienazione delle azioni compiuta in contrasto con le previsione del patto di prelazione non genera, infatti, alcuna delle cause di nullità del contratto previste dall'art. 1418 c.c. e, quindi, dovendo le cause di nullità essere tassativamente previste dalla legge, non potrebbe farsi discendere questa conseguenza dalla violazione in questione.

L'opinione largamente più seguita - sia in giurisprudenza, che in dottrina - pur riconoscendo alla prelazione tra soci efficacia reale, considera l'alienazione compiuta in violazione della prelazione medesima inefficace sia nei confronti della società, che potrà rifiutare l'iscrizione dell'acquirente nel libro dei soci, sia nei confronti dei soci beneficiari del diritto di prelazione (Cass. 3 giugno 2014, n. 12370, in Le Società, 2015, 543; Trib. Milano 17 dicembre 2012).

Alla efficacia reale della prelazione consegue che il negozio di alienazione a favore di terzi estranei sia efficace nel caso in cui l'alienante abbia preventivamente presentato l'offerta ai soci o alla società e non sia stata accettata.

Al contrario, nel caso di omessa denuntiatio, la tutela del socio non preferito potrà attuarsi attraverso lo strumento dell'obbligo a concludere il contratto di cui all'art. 2932 c.c..

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