Associazioni, la gestione non corretta non prova la natura commerciale

La Redazione
17 Aprile 2015

Al fine di escludere la natura non commerciale dell'associazione, non è sufficiente riscontrare un comportamento gestionale non formalmente corretto, se dai bilanci non emergono elementi che dimostrino lo scopo di lucro. È quanto si ricava dalla sentenza n. 7585/2015.

Se le concrete evidenze di bilancio confermano la natura di ente senza scopo di lucro dell'associazione, l'eventuale comportamento gestionale non formalmente corretto, non può condurre all'affermazione della natura commerciale. Ovvero, detto in parole più semplici, la sostanza vince sulla forma.

Questo quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione depositata lo scorso 15 aprile, n. 7585, con cui viene confermata la sentenza che annulla gli avvisi emessi dall'Amministrazione, sulla scorta della pretesa natura commerciale dell'associazione, un centro dedito all'insegnamento della danza.

Quali gli elementi che hanno dimostrato l'effettiva assenza dello scopo di lucro

Diversi gli elementi che hanno convinto i Giudici di merito prima, e quelli di Cassazione poi, sul fatto che, nonostante il comportamento gestionale non corretto, la contribuente costituisse “effettivamente un'associazione senza scopo di lucro”. Tra questi, le modeste entità contabili dimostrate dai bilanci, le cui entrate erano rappresentate unicamente dalle quote dei soci e da qualche contributo di ente pubblico (comune) o banche, le spese superiori agli incassi e dovute al pagamento degli istruttori, degli affitti per la palestra, dei costumi e così via. E ancora, le testimonianze raccolte dalla G.d.F., da cui risultava che la quasi totalità degli associati (solo una testimonianza era di segno contrario) fosse a conoscenza di essere socio, oltre al fatto che erano stati convocati (brevi manu) per le assemblee annuali.

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