Gruppo fiscale integrato: la tassazione dei dividendi non deve scoraggiare la libertà di stabilimento

La Redazione
03 Settembre 2015

Con la sentenza del 2 settembre 2015 sulla causa C-386/14, la Corte di Giustizia EU si è pronunciata sul tema del consolidamento fiscale dei gruppi di società di cui alcune controllate non siano residenti nello stesso Stato membro della controllante, affermando che la loro esclusione dal regime fiscale integrato lede la libertà di stabilimento.

Con la sentenza del 2 settembre 2015 sulla causa C-386/14, la Corte di Giustizia UE si è pronunciata sul tema del consolidamento fiscale dei gruppi di società di cui alcune controllate non siano residenti nello stesso Stato membro della controllante, affermando che la loro esclusione dal regime fiscale integrato lede la libertà di stabilimento.

Il caso. La causa devoluta all'attenzione della Corte di Giustizia nasce nell'ordinamento francese, la cui normativa fiscale stabilisce che i dividendi percepiti da una società controllante sulle partecipazioni in altre società possono essere detratti dall'utile netto totale, risultando dunque esenti da imposta, ad eccezione di una quota (il 5%) per spese ed oneri relativi alle partecipazioni medesime. Il dubbio circa la compatibilità di tale disciplina con il diritto comunitario è sorto in capo ad una società francese che deteneva partecipazioni in diverse altre società controllate con sede sia in Francia che in altri Stati membri e che si è vista negare la deduzione della quota per spese e oneri per i dividendi ricevuti dalle controllate estere. La Corte amministrativa d'appello di Versailles adita decideva di sospendere il procedimento per sottoporre ai Giudici comunitari la questione relativa alla corretta interpretazione dell'art. 49 TFUE relativo alla libertà di stabilimento.

Regime fiscale e libertà di stabilimento. La Corte di giustizia ricorda, in primo luogo, come le precedenti pronunce abbiano costantemente affermato che la libertà di stabilimento è ostacolata laddove la legislazione nazionale preveda un trattamento fiscale differenziato svantaggioso per le società residenti che detengano partecipazioni in società con sede in altri Stati membri.

La normativa francese sostanzialmente riconosce il vantaggio fiscale derivante dalla partecipazione al gruppo integrato alle sole società residenti e dunque ai dividendi di origine nazionale, escludendo dal beneficio le quote derivanti dalle partecipazioni in controllate stabilite in altri Stati membri. L'effetto è quello di scoraggiare l'esercizio della libertà di stabilimento da parte della controllante che sarà dissuasa dal creare controllate in altri Stati membri.

La Corte specifica che una tale differenza di trattamento può essere compatibile con la libertà di stabilimento solo laddove riguardi situazioni non oggettivamente comparabili oppure sia giustificata da ragioni imperative di interesse generale e, in relazione a tale ultimo profilo, nega ogni “valore giustificativo” alla necessità di preservare la ripartizione del potere impositivo degli Stati membri, invocata dal governo francese.

Dividendi di origine diversa, ma stessa tassazione. In conclusione la Corte di giustizia UE afferma che l'articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di uno Stato membro, relativa ad un regime d'integrazione fiscale, in forza della quale una società controllante integrante si giova della neutralizzazione della reintegrazione di una quota per spese e oneri fissata forfettariamente al 5% dell'importo netto dei dividendi che essa riceve dalle società residenti parti dell'integrazione, negando invece un'analoga neutralizzazione per i dividendi che sono distribuiti dalle società controllate stabilite in un altro Stato membro, le quali, se fossero state residenti, sarebbero state oggettivamente ammissibili al regime dell'integrazione.

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