La responsabilità dei sindaci: presupposti e termini di prescrizione dell’azione

La Redazione
04 Luglio 2017

Perché vi sia una responsabilità dei sindaci, ex art. 2407, comma 2, c.c., è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o non abbiano reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, in modo da non svolgere il proprio incarico con la dovuta diligenza, correttezza e buona fede.

Perché vi sia una responsabilità dei sindaci, ex art. 2407, comma 2, c.c., è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o non abbiano reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, in modo da non svolgere il proprio incarico con la dovuta diligenza, correttezza e buona fede.

Lo ha affermato la Cassazione, nell'ordinanza n. 16314 depositata lo scorso 3 luglio.

Il caso. Il sindaco di una società di capitali proponeva reclamo avverso la sentenza con cui era stato condannato al risarcimento dei danni, a seguito dell'azione di responsabilità promossa dal curatore del fallimento della s.r.l. La Corte d'appello rigettava il gravame e il sindaco proponeva ricorso per cassazione.

La prescrizione dell'azione di responsabilità. Viene in primo luogo respinta l'eccezione di prescrizione dell'azione di responsabilità: il sindaco riteneva inapplicabile la prescrizione lunga, prevista per il reato di bancarotta, in quanto l'azione di responsabilità avrebbe natura contrattuale, dovendosi dunque applicare la prescrizione quinquennale prevista per i rapporti societari.

La S.C. conferma la correttezza della sentenza impugnata, laddove ha correttamente ritenuto applicabile all'azione de qua il termine di prescrizione decennale, ex art. 2947, comma 3, c.c.: tale norma, infatti, va riferita sia al danno da fatto illecito contrattuale che di quello extracontrattuale, purchè sia considerato dalla legge come reato (Cass. S.U. n. 1479/1997).

Il dies a quo. Infine, la prescrizione dell'azione di responsabilità decorre dal momento dell'oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell'insufficienza dell'attivo a soddisfare i debiti, che, a sua volta non corrisponde allo stato di insolvenza. Sussiste una presunzione di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, e incombe sull'amministratore, o sul sindaco, l'onere di fornire la prova contraria di una diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale.

La responsabilità dei sindaci. Nel merito, la S.C. ha l'occasione di ribadire alcuni principi in tema di responsabilità del collegio sindacale: in primo luogo, la configurabilità dell'inosservanza del dovere di vigilanza, imposto ai sindaci dall'art. 2407 c.c., non richiede l'individuazione di specifici comportamenti che si pongano in espresso contrasto con tale dovere, essendo al contrario sufficiente che i sindaci non avviamo rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano reagito in alcun modo al cospetto di atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l'incarico con la dovuta diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente segnalando all'assemblea le irregolarità dell'organo gestorio riscontrate (in questo senso: Cass., n. 13517/2014).

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