Amministratore: un particolare profilo dei rapporti tra capogruppo e controllate

04 Novembre 2015

Nell'ambito dei gruppi societari è prassi affidare l'incarico di amministratore delle società controllate a soggetti che rivestono la qualifica di lavoratore dipendente con qualifica dirigenziale presso la capogruppo. Nell'ipotesi in cui all'amministratore, che riveste la qualifica di lavoratore dipendente con qualifica dirigenziale presso la capogruppo, vengano conferite deleghe operative, la società controllata è tenuta a corrispondere all'amministratore un compenso per l'attività svolta in relazione a tali poteri?

Nell'ambito dei gruppi societari è prassi affidare l'incarico di amministratore delle società controllate a soggetti che rivestono la qualifica di lavoratore dipendente con qualifica dirigenziale presso la capogruppo.

1) Nell'ipotesi in cui all'amministratore (che riveste la qualifica di lavoratore dipendente con qualifica dirigenziale presso la capogruppo) vengano conferite deleghe operative, la società controllata è tenuta a corrispondere all'amministratore un compenso per l'attività svolta in relazione a tali poteri? L'amministratore ha diritto di percepire un compenso per l'attività svolta in relazione a tali poteri?

2) Qualora alcune attività (es. gestione finanza e tesoreria) vengano svolte dalla capogruppo in virtù di un contratto di service sottoscritto con le società controllate, queste ultime sono tenute a corrispondere un compenso all'amministratore (che riveste la qualifica di lavoratore dipendente con qualifica dirigenziale presso la capogruppo) al quale siano state conferite deleghe operative (o questo può ritenersi assorbito dal corrispettivo previsto nel contratto di service)?

3) L'eventuale compenso corrisposto all'amministratore dalla società controllata deve essere “riversato” in tutto o in parte alla capogruppo in relazione al tempo “sottratto” all'attività inerente la posizione di lavoratore dipendente nella capogruppo? In altre parole, la capogruppo deve continuare ad accollarsi tutto il costo del dipendente o ha diritto ad una “compensazione” in relazione all'attività da questi svolta nella società controllata?

Il c.d. “gruppo di società” è una realtà che può essere analizzata ed interpretata sotto due distinti punti di vista. Sotto un profilo strettamente economico la relazione di partecipazione tra le varie società appartenenti allo stesso gruppo consente di enfatizzare l'unitarietà del fenomeno e di considerare le varie società come segmenti di un'unica impresa. Invece, guardando la struttura del gruppo da un punto di vista eminentemente giuridico, non si può evitare di considerare la diversa identità delle singole società anche se, nei fatti, esse risultino eterodirette dalla capo gruppo. Per quanto intensa possa essere l'attività di direzione e coordinamento, le varie articolazioni sono destinate a restare giuridicamente autonome l'una dall'altra. Nell'impresa esercitata da una società tutte le funzioni si assommano in capo ad uno stesso soggetto; nell'impresa di gruppo esse si suddividono nelle varie partecipanti al conglomerato che restano centro di imputazione delle singole operazioni poste in essere.

Questa particolare conformazione del gruppo – allo stesso tempo unitario e plurale – agisce sulla relativa disciplina che, senza prescindere dalla distinta soggettività delle società che ne fanno parte, prende atto che la unitarietà imprenditoriale dipendente dal controllo di una società sulle altre si riflette inevitabilmente sui comportamenti amministrativi e gestionali delle distinte società.

Infatti, l'art. 2497 c.c. sancisce a carico della capogruppo una responsabilità per i danni causati nell'esercizio dell'attività di direzione e coordinamento delle altre società che si sia posta in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale. Peraltro, tale comportamento della capogruppo viene emendato da responsabilità quando i danni cagionati siano stati compensati con altri vantaggi derivanti, comunque, dall'appartenenza al gruppo.

La risposta ai quesiti risente di questa (voluta ed inevitabile) ambiguità del fenomeno, ma presuppone una preventiva analisi in merito alla questione del compenso spettante agli amministratori per le attività svolte. Si chiede, difatti, chi debba pagare ed assumere gli oneri dei compensi spettanti ad un amministratore di una società controllata che, allo stesso tempo, sia anche lavoratore dipendente della controllante. In altri termini, si tratta di verificare se la retribuzione dovuta al lavoratore dalla capogruppo assorba anche i compensi che dovrebbero essere previsti in ragione del diverso rapporto di amministrazione svolto in altra società del gruppo.

La risposta si ricava dalla considerazione sopra fatta che prende atto della natura del gruppo come insieme di società aventi ciascuna una propria distinta ed autonoma individualità.

L'art. 2389 c.c. pone a favore degli amministratori un vero e proprio diritto al compenso, presumendo che l'attività sia svolta a titolo oneroso. Fermo restando che gli amministratori possono espressamente dichiarare di volere prestare la propria opera a titolo gratuito, in assenza di determinazione del compenso, ciascun amministratore potrà rivolgersi all'autorità giudiziaria perché ne stabilisca l'importo; in tale circostanza il giudice potrebbe apprezzare che la presunzione di onerosità dell'incarico sia vinta dalla complessa trama di rapporti esistente tra le società del gruppo.

Sotto un profilo più strettamente lavoristico, e riprendendo le osservazioni in merito alla natura plurale dell'impresa di gruppo, preme osservare che anche la giurisprudenza di merito ha sancito che il gruppo di società non costituisce un autonomo soggetto di diritto quale centro di imputazione unitario dei rapporti di lavori facenti capo alle singole società. Sempre che l'alterità delle varie partecipanti sia reale e non artificiosamente creata per eludere la disciplina in tema di tutela dei lavoratori, il rapporto col dipendente si incardinerà con la società che assume direttamente la veste di datore di lavoro.

Peraltro, si deve anche ammettere che il rapporto di lavoro possa stabilirsi con una pluralità di società che saranno solidalmente responsabili tra loro; anche in questo caso, però si presuppone in capo alle società co-datrici di lavoro quella individualità che nega la possibilità di stabilire il rapporto direttamente in capo al “gruppo di società”.

Benchè norma non chiarissima, sembra utile un riferimento al d.lgs. 276/2003 (la c.d. legge Biagi) che parrebbe consentire che le società collegate e controllate possano dare mandato alla capogruppo per eseguire gli adempimenti relativi all'amministrazione dei rapporti di lavoro, ma sempre restando ferme in capo alle varie società datrici di lavoro le obbligazioni e le responsabilità inerenti ai singoli rapporti.

Alla luce delle sintetiche considerazioni proposte, a nostro avviso, in assenza di un'espressa rinuncia del dipendente della capogruppo che assume una posizione di amministratore in una società controllata, sorgerà il diritto a percepire il compenso per l'attività svolta. A ciò si aggiunga che non sarà nemmeno possibile compensare quanto dovuto al lavoratore a titolo di retribuzione per l'attività svolta per altro incarico nella controllata, salva una diversa previsione espressa nel contratto di service.

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