Aumento di capitale in presenza di perdite

Federico Cornaggia
11 Agosto 2015

Il Consiglio Notarile di Milano (18 ottobre 2011), in parte discostandosi da quanto espresso in passato da dottrina e giurisprudenza, esprime opinione favorevole a un aumento oneroso di capitale anche in presenza di perdite sia in s.p.a. che in s.r.l.

Massima 122 del Consiglio Notarile di Milano

Il Consiglio Notarile di Milano (18 ottobre 2011), in parte discostandosi da quanto espresso in passato da dottrina e giurisprudenza, esprime opinione favorevole a un aumento oneroso di capitale anche in presenza di perdite sia in s.p.a. che in s.r.l.

La Massima, in primo luogo, conferma la liceità (avversata solo da parte minoritaria della dottrina) di un aumento del capitale a pagamento in presenza di perdite che non incidano sul capitale per oltre un terzo dello stesso (c.d. perdite “irrilevanti”, fattispecie non disciplinata dal legislatore e dunque ritenuta non ostativa). Si afferma, da un lato, l'inidoneità di tali perdite a costringere la società a ridurre il capitale, dall'altro, l'assenza di un pericolo di occultamento delle stesse (poiché solo nel caso di perdite c.d. rilevanti ex artt. 2446, comma 1 e 2482-bis, comma 1, c.c. sorge l'obbligo di rendicontazione “straordinaria” mediante la relazione sulla situazione patrimoniale) le quali comunque risultano dal bilancio.

In senso conforme lo Studio n. 14-2008/I: Società di capitali: aumento a pagamento del capitale in presenza di perdite inferiori al terzo(Nicola Atlante) approvato dalla Commissione Studi d'Impresa del Consiglio Nazionale del Notariato in data 23 gennaio 2008.

In maniera ancora più incisiva si ritiene possibile aumentare il capitale in presenza di perdite che incidano sullo stesso per più di un terzo (ma senza che sia intaccato il minimo legale) quale “opportuno provvedimento” (ai sensi degli artt. 2446, comma 1, e 2482-bis, comma 1, c.c.) senza necessità di:

  • preventiva riduzione del capitale sociale per perdite;
  • ricondurre la perdita (non ripianata) a cifra pari (o inferiore) al terzo del capitale post operazione.

Circa la fattibilità di tale operazione non vi è mai stata concordia di opinioni. Parte della dottrina ne ha sempre negato la liceità (Massime H.G.19 e I.G.30 del Comitato Triveneto dei Notai).Altri autori e parte della giurisprudenza ne hanno sostenuto la legittimità a condizione che, all'esito dell'aumento, la perdita non incidesse sul capitale per oltre un terzo.

Il Consiglio Notarile di Milano rileva che (i) il legislatore non impone alcuna riduzione di capitale in sede di “opportuni provvedimenti”, i quali non sono in alcun modo tipizzati; (ii) non esiste alcuna norma che annoveri l'assenza di perdite tra le condizioni di efficacia dell'aumento oneroso di capitale; (iii) così operando non si procrastina illecitamente la riduzione del capitale, anzi risultando migliorata la situazione patrimoniale della società; (iv) le perdite non vengono in alcun modo occultate in quanto le stesse risulteranno comunque dalla apposita relazione sulla situazione patrimoniale della società (che si consiglia di allegare al verbaleonde darne opportuna pubblicità al Registro Imprese, ove già non depositata) e dalla enunciazione dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione di quest'ultima; e (v) tale operazione potrà essere effettuata anche in un'assemblea successiva, purché antecedente a quella per l'approvazione del bilancio dell'esercizio successivo a quello in cui le perdite sono state rilevate.

Da ultimo, l'orientamento qui riportato, in senso difforme da quanto esposto da parte della dottrina, consideralecitoprocedere ad aumento oneroso del capitale senza preventiva riduzione dello stesso, in presenza di perdite:

  • che incidano per più di un terzo sul capitale sociale in sede di assemblea convocata per l'approvazione del bilancio dell'esercizio successivo a quello in cui le perdite sono state rilevate, senza che il capitale sia sceso sotto il minimo legale (artt. 2446, comma 2, e 2482-bis, comma 4, c.c.) ; ovvero
  • che incidano per più di un terzo sul capitale, qualora lo stesso sia sceso al disotto del minimo legale (artt. 2447 e 2482-ter c.c.)

a condizione che, all'esito dell'aumento, le perdite non siano superiori al terzo del capitale e l'aumento sia tempestivamente sottoscritto (utilizzando i criteri e le cautele di cui alla precedente Massima n. 38 dello stesso Consiglio Notarile di Milano).

Si ritiene infatti che (i) gli artt. 2447 e 2482-ter c.c., nell'indicare gli obblighi della riduzione del capitale o della trasformazione, non esauriscano il novero delle decisioni adottabili (ben potendo la società mettersi in liquidazione o, come ormai ritenuto legittimo, deliberare una fusione o scissione); (ii) in tale modo le perdite diverrebbero “irrilevanti”; e (iii) addirittura migliorerebbe la situazione patrimoniale della società.