Marchio comunitario nullo se registrato in malafede

La Redazione
05 Settembre 2017

È nullo il marchio comunitario registrato in malafede, allo scopo di impedire l'utilizzo di un marchio simile in uno Stato membro da parte di un concorrente.

È nullo il marchio comunitario registrato in malafede, allo scopo di impedire l'utilizzo di un marchio simile in uno Stato membro da parte di un concorrente.

Lo ha affermato la Cassazione, nella sentenza n. 20715 depositata il 4 settembre.

Il caso. Una valigeria, titolare di un marchio comunitario registrato, conveniva altra società che utilizzava marchi e segni distintivi con la medesima dicitura, chiedendo l'inibizione dell'uso in qualsiasi forma del marchio. La società convenuta sosteneva di essere titolare di un marchio di fatto, con diffusione nazionale, costituente titolo anteriore a quello azionato dall'attrice e proponeva domanda riconvenzionale di nullità del marchio comunitario, per questo motivo e perché registrato in mala fede. Il Tribunale respingeva le domande attoree e, accogliendo la domanda riconvenzionale, accertava la nullità del marchio comunitario. La decisione veniva confermata in secondo grado e la valigeria proponeva ricorso per cassazione.

La registrazione di un marchio in malafede. I giudici di merito hanno accertato che la società attrice aveva registrato il marchio comunitario nella consapevolezza che la convenuta utilizzava un marchio pressochè identico in Italia da molto tempo, con l'intenzione di impedirne alla stessa l'utilizzazione, intenzione peraltro confermata dalla decisione di estendere la registrazione del marchio a 41 stati; tali comportamenti denotano la malafede della richiedente, dal momento che non appare probabile la contemporanea utilizzazione in 41 stati del medesimo marchio.

Come valutare la malafede. La S.C. nel rigettare il ricorso richiama una pronuncia comunitaria (CGUE 11 giugno 2009) ai sensi della quale, ai fini della valutazione dell'esistenza della malafede, ai sensi dell'art. 51, n. 1, lett. b) del regolamento (CE) n. 40/1994, sul marchio comunitario, il giudice nazionale deve considerare alcuni fattori tra cui il fatto che il richiedente sappia, o debba sapere, che un terzo utilizza in almeno uno Stato membro, di un segno identico o simile per un prodotto simile e confondibile; e ancora l'intenzione del richiedente di impedire a tale terzo di continuare ad utilizzare il segno.

Secondo la Cassazione, è pur vero chela sola consapevolezza dell'uso altrui non comporta di per sé la malafede di chi richieda la registrazione del marchio, ma l'intenzione di impedire ad un terzo di commercializzare il prodotto può caratterizzare la malafede, come nel caso in cui il richiedente abbia fatto registrare come marchio comunitario un segno senza l'intenzione di utilizzarlo, unicamente al fine di impedire che un terzo entri nel mercato.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.