Conseguenze dell’estinzione su sopravvenienze attive e debiti sociali non ricompresi nel bilancio finale di liquidazione

Tiziana Cappelletti
06 Marzo 2017

Definitivamente riconosciuto, a seguito della nota sentenza n. 4060 del 22 febbraio 2010 della SS.UU. della Corte di Cassazione, l'effetto immediatamente estintivo della persona giuridica quale conseguenza dell'iscrizione della sua cancellazione nel Registro delle Imprese, si impongono delle riflessioni sulla sorte di eventuali sopravvenienze, attive o passive, non incluse nel bilancio finale di liquidazione e sulla sussistenza del diritto dei creditori sociali ad agire nei confronti degli ex-soci e/o di terzi soggetti coinvolti in atti dispositivi lesivi dei diritti dei creditori sociali.
Brevi cenni: la cancellazione dal Registro delle Imprese e la contestuale estinzione della società

Come ampiamente delineato nella Bussola di riferimento sull'estinzione delle società di capitali, si è giunti all'equivalenza “iscrizione nel Registro delle Imprese della cancellazione della società=estinzione immediata della persona giuridica” a seguito di un percorso legislativo e giurisprudenziale all'interno del quale sono risultati a tal fine determinanti: la riforma del diritto societario, attuata con il D.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6, entrato in vigore il 1 gennaio 2004, dal quale è scaturito l'attuale art. 2495 c.c. e le successive, note, sentenze n. 4060, 4061, 4062 del 22 febbraio 2010 della SS.UU. della Corte di Cassazione.

Nonostante l'estinzione della società, possono verificarsi casi nei quali residuino degli elementi patrimoniali attivi, o passivi, preesistenti all'estinzione, oppure sopravvenuti alla stessa, ma in ogni caso non ricompresi nel bilancio finale di liquidazione. Vediamo dunque che cosa accade in questi casi.

Gli effetti dell'estinzione: nel caso di elementi patrimoniali attivi, preesistenti o sopravvenuti, non ricompresi nel bilancio finale di liquidazione

In merito a questa ipotesi, la legge rimane silente. Il legislatore, infatti, anche con la riforma del 2003, non ha provveduto a regolare tali aspetti.

Bisogna quindi rivolgersi all'elaborazione giurisprudenziale per comprendere che cosa accada qualora il liquidatore non abbia ricompreso nel bilancio finale di liquidazione degli elementi patrimoniali attivi preesistenti all'estinzione della società, procedendo con l'iscrizione della cancellazione della persona giuridica senza aver ripartito tali beni ai soci o senza aver comunque provveduto alla loro liquidazione. Analogamente, ci si domanda che cosa accada nel caso in cui gli elementi patrimoniali attivi siano sopravvenuti in un periodo successivo all'estinzione della società.

Ebbene, la giurisprudenza ha fornito una prima autorevole risposta tramite le SS.UU. della Corte di Cassazione, con la nota sentenza n. 6070 del 12 marzo 2013, nella quale si è affermato che diritti e beni facenti capo alla società estinta, non compresi nel bilancio finale di liquidazione ma comunque sopravvissuti o sopravvenuti alla cancellazione della società, si trasferiscono agli ex soci in base a un fenomeno di tipo successorio, in regime di comunione indivisa o di contitolarità tra gli ex soci (evidentemente in proporzione alle rispettive quote/partecipazioni detenute nella società prima dell'estinzione e, quindi, alla quota di liquidazione ricevuta).

La giurisprudenza ritiene infatti che, sia nel caso di sopravvenienza di residui attivi dopo la cancellazione della società, sia nel caso di preesistenza di tali residui attivi all'estinzione, la richiesta anticipata, da parte del liquidatore, di cancellazione della società, senza aver proceduto alla liquidazione integrale dell'attivo preesistente oppure senza aver atteso (in base a elementi noti al liquidatore) i tempi necessari alla maturazione/sopravvenienza di tale attivo in capo alla società, non equivalga ad un comportamento di rinuncia al credito/all'attivo, ma integri viceversa un'omissione colposa del liquidatore che comporta la sua personale responsabilità verso i creditori sociali insoddisfatti. Così si esprime, di recente, la Sez. III civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 21105 del 19 ottobre 2016.

La Suprema Corte ritiene, in particolare, che potrebbe essere interpretato come un comportamento concludente di rinuncia al potenziale sopravveniendo credito/attivo soltanto quello della società che venga cancellata dal Registro delle Imprese in pendenza di un giudizio avente ad oggetto l'accertamento di pretese o crediti incerti e illiquidi: nello stesso senso si erano già espresse le SS.UU. con la sentenza n. 6070 del 12 marzo 2013.

Ciò premesso, dunque, la sopravvenienza attiva, non iscritta nel bilancio finale di liquidazione, maturata nel momento in cui la società è ormai estinta, passa iure successionis agli ex soci, pro quota. Ne consegue che il creditore sociale insoddisfatto potrà sia agire contro il liquidatore in colpa, per i motivi sopra descritti, sia nei confronti degli ex soci, pro quota, ai sensi del comma 2 dell'art. 2495 c.c.

Partendo da queste premesse, la Corte di Cassazione, con l'interessante sentenza n. 21105 dello scorso 19 ottobre, giunge a concludere che, nel caso in cui un creditore sociale insoddisfatto, a seguito dell'estinzione della società sua debitrice decida di proporre azione revocatoria ordinaria avverso un atto dispositivo compiuto dalla società debitrice (prima della sua estinzione) in frode ad esso creditore, l'atto di citazione in revocatoria deve essere notificato sia al terzo soggetto controparte della società debitrice nell'atto dispositivo in frode, sia all'ex socio (agli ex soci) della società estinta quale successore/i nel debito sociale e/o all'ex liquidatore in caso di sua responsabilità colposa, e ciò “indipendentemente dall'iscrizione di tale posta nel bilancio di liquidazione ed anche dalla riscossione della quota patrimoniale da parte del socio (nel caso di bilancio di liquidazione in attivo), costituendo tale elemento soltanto una condizione di accoglimento della domanda nel merito e non anche un requisito di legittimazione passiva”.

(Segue) Nel caso di debiti sociali, preesistenti o sopravvenuti, non ricompresi nel bilancio finale di liquidazione

Per quanto concerne i debiti sociali, estinta la società e venuta dunque meno la legittimazione processuale passiva della stessa, i creditori sociali rimasti insoddisfatti nei loro diritti potranno agire nei confronti degli ex soci (nei limiti della quota di liquidazione da essi ricevuta - compresi gli eventuali acconti ex art. 2491, comma 2, c.c. - oppure illimitatamente a seconda della forma giuridica della società e del ruolo ricoperto pendente societate), oppure nei confronti dei liquidatori in colpa, ai sensi dell'art. 2495, comma 2, c.c.

Anche per quanto riguarda gli elementi patrimoniali passivi della società estinta, preesistenti e/o sopravvenuti alla sua cancellazione, si applica infatti il principio della successione dei soci nei debiti sociali, pur con la limitazione della loro responsabilità patrimoniale alla quota eventualmente liquidata.

Trattandosi di successione universale nel debito (già della società), la relativa obbligazione non muta, di talchè, ad esempio, non vengono meno le eventuali garanzie accessorie ad essa e il titolo esecutivo in possesso del creditore sociale, ottenuto contro la società poi estinta, che potrà essere fatto valere anche contro gli ex soci, nei limiti della loro responsabilità.

In tal senso è orientata anche la giurisprudenza di legittimità: con la sentenza n. 18923 dell'8 agosto 2013, la Sez. III della Corte di Cassazione afferma il principio di diritto per cui, qualora l'estinzione della persona giuridica si sia verificata quando si è definitivamente formato il titolo esecutivo giudiziale nei confronti della società medesima, tale titolo esecutivo ha efficacia contro i soci, ai sensi dell'art. 477 c.p.c.

Evidentemente, l'effetto successorio in questione non comporta che l'ex socio divenga personalmente debitore del creditore della società estinta, quanto invece che egli sia ritenuto personalmente responsabile (nei limiti di quanto abbia riscosso a titolo di liquidazione della propria quota/partecipazione sociale) dell'adempimento dell'obbligazione che gravava sulla società prima della sua cancellazione.

Il fondamento della responsabilità dell'ex socio - e della correlata pretesa del creditore sociale insoddisfatto - è dunque proprio l'eventuale attribuzione che egli abbia percepito in base al bilancio finale di liquidazione e la prova di tale fatto essenziale, costitutivo, grava sul creditore che decida di agire contro l'ex socio.

(Segue) Nel caso di procedimenti giudiziari promossi dai creditori sociali insoddisfatti. In particolare: l'azione revocatoria ordinaria

Può accadere che alcuni elementi patrimoniali, attivi o passivi, della società estinta, non inclusi nel bilancio finale di liquidazione, sopravvengano o, se preesistenti, vengano scoperti, nel corso di un procedimento giudiziale promosso (anche) contro la società estinta da un creditore sociale insoddisfatto. Ci si può interrogare circa la legittimazione processuale passiva, in questo caso, della società estinta e, per essa, degli ex soci e/o dell'ex liquidatore.

Si tratta, in particolare, dell'interessante caso dell'azione revocatoria ordinaria avviata da un creditore insoddisfatto nelle proprie ragioni creditorie che decida di avviare l'azione di cui all'art. 2901 c.c. nel momento in cui la società sua debitrice si è già cancellata dal registro delle Imprese.

L'azione è volta a far dichiarare l'inefficacia, nei confronti del creditore insoddisfatto, di uno o più atti dispositivi compiuti con soggetti terzi dalla società debitrice, prima della sua estinzione, sulla base della frode posta in essere dal debitore verso il creditore (scientia fraudis), leso dalla sottrazione del bene alla generale garanzia patrimoniale assicurata dal patrimonio del debitore.

La già citata sentenza della Sez. III civile della Corte di Cassazione, n. 21105 del 19 ottobre 2016, affronta proprio tale fattispecie e afferma che, sulla base del principio per cui, estinta la società, l'ex socio acquista iure successionis sia i debiti sociali, pro quota liquidata, sia gli eventuali crediti sociali sopravvenuti, non iscritti nel bilancio finale di liquidazione (così come i crediti sociali preesistenti all'estinzione ma parimenti non iscritti in bilancio finale), l'atto di citazione in revocatoria va notificato dal creditore sociale, oltre che al terzo soggetto acquirente del bene in frode al creditore, anche all'ex socio della società estinta (debitrice e alienante), essendo egli litisconsorte necessario, indipendentemente sia (i) dall'iscrizione del credito sopravvenuto nel bilancio finale da parte del liquidatore, sia (ii) dal fatto che l'ex socio abbia poi effettivamente realizzato tale credito una volta sopravvenuto. Tale circostanza, infatti, secondo la Corte, costituisce una condizione di accoglimento della domanda di revocatoria nel merito, ma non, altresì, un requisito di legittimazione passiva dell'ex socio.

Peraltro, nel caso in cui, estinta la società, sopravvengano dei residui dell'attivo patrimoniale che erano già noti al momento del deposito del bilancio finale di liquidazione, ma che il liquidatore abbia omesso di inserire, procedendo all'iscrizione della cancellazione della società senza attendere il tempo necessario alla riscossione/maturazione concreta di tali elementi patrimoniali attivi (ad esempio: il pagamento, in favore della società, di un saldo prezzo alla scadenza di una certa rata) con i quali soddisfare prioritariamente i creditori sociali, sussiste anche la responsabilità colposa dell'ex liquidatore, ai sensi del comma 2 dell'art. 2495 c.c., avverso il quale il creditore potrà agire convenendolo in giudizio.

Viceversa, la cancellazione di una società nel corso di un giudizio dalla stessa promosso per far accertare, ad esempio, la sussistenza di un elemento patrimoniale attivo (pretese, diritti, crediti) non incluso nel bilancio finale di liquidazione, non comporta il trasferimento della legittimazione attiva in capo agli ex soci: “L'estinzione di una società conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, ove intervenuta nella pendenza di un giudizio dalla stessa originariamente intrapreso, non determina il trasferimento della corrispondente azione in capo ai soci, atteso che il fenomeno di tipo successorio derivante dalla suddetta vicenda, riguarda esclusivamente gli eventuali rapporti giuridici (afferenti le obbligazioni ancora inadempiute oppure i beni e i diritti non compresi nel bilancio finale di liquidazione) non venuti meno a causa di quest'ultima, esulano le mere pretese, benchè azionate in giudizio e i diritti ancora incerti e illiquidi necessitanti dell'accertamento giudiziale non concluso, il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente, quindi, di ritenere che la società vi abbia implicitamente rinunciato con conseguente cessazione della materia del contendere(Cass. Civ., sent. n. 25974 del 24 dicembre 2015)

Conclusioni

A seguito della riforma del diritto societario del 2003, delle successive modifiche legislative (art. 2495 c.c.) e delle posteriori interpretazioni giurisprudenziali che si sono infine allineate sull'equazione “cancellazione della società=estinzione”, pare che la tutela dei creditori sociali non sia in ogni caso venuta meno. Infatti, tramite l'applicazione, anche in materia societaria, di principi analoghi a quelli vigenti in materia successione mortis causa quanto alle obbligazioni che facevano capo al defunto (alla società estinta), pur con i dovuti adattamenti, i creditori sociali insoddisfatti, lesi nei propri diritti, nonostante l'estinzione definitiva del soggetto giuridico loro debitore, possono azionare le proprie pretese nei confronti degli ex soci e/o degli ex liquidatori, ricorrendone i dovuti presupposti, così come illustrati nei paragrafi che precedono.

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