ONG e qualifica ONLUS: le conseguenze dopo la Legge n. 125/2014

Francesca Pasi
07 Ottobre 2014

È in vigore dal 29 agosto scorso la nuova Legge che disciplina la cooperazione internazionale per lo sviluppo che ha introdotto numerosi cambiamenti tra i quali alcuni inerenti alle nuove tipologie di soggetti coinvolti nel sistema della cooperazione italiana allo sviluppo e agli specifici adempimenti che le ONG, oggi idonee, saranno tenute ad effettuare per mantenere la qualifica di ONLUS. Ecco evidenziate alcune criticità inerenti al regime transitorio previsto per le attuali ONG che, sino ad oggi, hanno fruito della qualifica di ONLUS di diritto. In particolare, non sembrano essere state ben delineate le modalità di assunzione della qualifica di ONLUS per le future ONG e, ancora meno, per quelle attualmente dichiarate “idonee”. La nuova Legge ha, tra l'altro modificato anche l'art. 10, co. 1, D.Lgs. n. 460/1997, inserendo un ulteriore settore di attività agli 11 già previsti, senza tuttavia chiarire un aspetto importante quale la sua riconducibilità tra i settori condizionati o immanenti. A tali criticità e dubbi in relazione agli aspetti legati alla qualifica di ONLUS si spera possa essere data una soluzione interpretativa anche attraverso l'emanazione di una Circolare dell'Amministrazione Finanziaria.

Il 28 agosto scorso è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 199/2014 la Legge n. 125/2014 (Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo) che sostituisce la Legge n. 49/1987 ed introduce un nuovo impianto nel sistema della cooperazione.

Dal 29 agosto, giorno dell'entrata in vigore della nuova Legge, sarà necessario tenere il conto dei giorni che trascorreranno dalla sua emanazione giacché sono previsti importanti adempimenti da assolvere nella fase di transizione dalla vecchia alla nuova Legge.

I cambiamenti sono numerosi ed interessano differenti aspetti legati sia alla presenza delle nuove tipologie di soggetti coinvolti nel sistema della cooperazione italiana allo sviluppo sia agli specifici adempimenti che le ONG, oggi idonee, saranno tenute ad effettuare.

L'attenzione non può dunque non soffermarsi su alcune criticità inerenti al regime transitorio previsto per le attuali ONG che, sino ad oggi, hanno fruito della qualifica di ONLUS di diritto.

Ciò, tuttavia, tra le numerose altre novità segnaliamo:

i) l'istituzione del Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo a cura del Ministro degli Affari esteri entro 90 gg. dall'entrata in vigore della legge;

ii) l'istituzione della Agenzia per la Cooperazione allo Sviluppo e, in stretta relazione con l'istituzione dell'Agenzia;

iii) il riordino e il coordinamento delle disposizioni riguardanti il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale - con la conseguente soppressione di non meno di sei strutture di livello dirigenziale non generale (cfr. art. 20).

Criticità per le ONG idonee: il regime transitorio

In merito agli obblighi transitori, ai quali le “vecchie” ONG dovranno fare particolare attenzione, e alle questioni aperte derivanti dalla mutata qualificazione dei soggetti appartenenti al mondo della cooperazione, si ritiene utile evidenziare talune criticità.

La prima, ed a nostro avviso più importante, questione è legata a quanto previsto nel co. 7 dell'art. 32 (Disposizioni transitorie) ove si dispone che “Le organizzazioni non governative già riconosciute idonee ai sensi della Legge 26 febbraio 1987, n. 49, e considerate organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) ai sensi dell'articolo 10, comma 8, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, alla data di entrata in vigore della presente legge sono iscritte nell'Anagrafe unica delle ONLUS, su istanza avanzata dalle stesse presso l'Agenzia delle entrate. In ogni caso, per i primi sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge ovvero fi no al momento dell'avvenuta iscrizione, rimangono validi gli effetti del riconoscimento dell'idoneità concessa ai sensi della Legge 26 febbraio 1987, n. 49”.

La disposizione potrebbe avere effetti non trascurabili per gli oltre 230 enti attualmente iscritti nell'elenco delle ONG riconosciute idonee ai sensi della Legge 26 febbraio 1987, n. 49, i quali oggi godono della qualifica di ONLUS di diritto ai sensi del co. 8 del D.Lgs. n. 460/1997.

Tali enti sino ad oggi e per ancora 6 mesi, come previsto dal regime transitorio, dall'entrata in vigore della nuova Legge, potranno fruire anche delle agevolazioni previste per le ONLUS senza la necessità di iscriversi nella c.d. Anagrafe Unica delle ONLUS e, dunque, senza la necessità di modificare gli statuti con l'inserimento delle specifiche clausole previste dall'art. 10, co. 1, D.Lgs. n. 460/1997.

Entro sei mesi, però, la nuova disposizione dispone che le ONG idonee presentino istanza per iscriversi nell'Anagrafe Unica delle ONLUS in modo da continuare a fruire della citata qualifica. La norma è, tuttavia, sibillina giacché da un lato, prevede che le ONG idonee “siano iscritte” lasciando quasi intendere che non vi sia la possibilità di un diniego da parte dell'Amministrazione Finanziaria, dall'altra, precisa che ciò debba avvenire attraverso un'istanza che, verosimilmente, si ritiene sia l'istanza che ogni ONLUS “di opzione” presenta attraverso il modello di comunicazione previsto per tali soggetti (art. 11, D.Lgs. n. 460/1997).

Se così è, ed in caso contrario si auspica al più presto una Circolare di chiarimento dell'Amministrazione Finanziaria, si ritiene opportuno provare ad immaginare gli effetti derivanti da tale obbligo.

In primo luogo, come evidenziato, per assumere la qualifica di ONLUS si dovrà produrre apposita istanza alla DRE competente, le ONG presenti e future non saranno più ONLUS “di diritto” e, in stretta relazione con ciò, sarebbe forse stato opportuno che la nuova legge avesse previsto anche la modifica del co. 8 dell'art. 10, D.Lgs n. 460/1997. D'altronde, che la qualifica di ONLUS “di diritto” sia stata, di fatto, cancellata, è evidente non solo dall'obbligo di produrre un'istanza di iscrizione ma anche dall'introduzione di un nuovo settore di attività, come previsto dall'art. 31 della nuova Legge che, al suo co. 4 dispone che “All'art. 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, dopo il numero 11) è aggiunto il seguente: 11-bis) cooperazione allo sviluppo e solidarietà internazionale”, settore al quale - presumibilmente - gli enti che svolgeranno cooperazione allo sviluppo dovranno iscriversi.

Alla luce di quanto evidenziato sembra, dunque, essere chiaro che le nuove ONG ONLUS dovranno adeguare i loro statuti alle clausole dettate dall'art. 10, D.Lgs. n. 460/1997.

Tra queste ve ne sono certamente alcune già presenti negli attuali statuti delle ONG e, pertanto, per questi enti si renderà eventualmente necessaria solo una riformulazione che le renda conformi alle espressioni usate dalla legge ONLUS (si pensi, ad esempio, al divieto di ripartizione di utili, all'obbligo di impiegare gli utili e gli avanzi di gestione nelle attività istituzionali e connesse o l'obbligo di redigere un rendiconto o bilancio annuale); altre, pur introducendo nuovi obblighi, non comporteranno oneri gravosi (si pensi all'obbligo di utilizzare l'acronimo ONLUS in tutte le comunicazione verso i terzi); altre, ancora, incidendo sulla definizione delle attività istituzionali potranno incidere in maniera significativa sugli enti.

Appartengono a questo ultimo gruppo i requisiti di cui alle lettere a) e b) del D.Lgs. n. 460/1997 che pongono carico delle ONLUS l'obbligo di perseguire le finalità di solidarietà sociale operando in via esclusiva in uno o più dei settori elencati, a cui la legge di riforma ha aggiunto al numero 11-biscooperazione allo sviluppo e solidarietà umana”.

L'inserimento di questo nuovo settore si è reso necessario in quanto le attività tipiche delle ONG, prima elencate nell'art. 2, Legge 49/1987, non erano riconducibili in alcuno degli 11 settori di operatività delle ONLUS, con la conseguenza che, in mancanza di questo nuovo settore, non sarebbe stato possibile per le ONG iscriversi all'Anagrafe delle ONLUS.

L'inserimento di questo nuovo ambito di attività, tuttavia, potrebbe rivelarsi insidioso per le ONG al fine di beneficiare della qualifica di ONLUS sino ad ora fruita “di diritto”.

A tutti gli operatori del settore sono, infatti, note le difficoltà interpretative relative alla riconducibilità di determinate attività nei settori ONLUS. Al riguardo, è esemplare il caso della riconducibilità dell'attività delle “case di riposo” nel settore dell'“assistenza sociale e socio sanitaria” sul quale Corte di Cassazione e l'Agenzia delle Entrate hanno più volte espresso le loro differenti opinioni. A ciò si aggiunga che anche le stesse direzioni regionali dislocate sul territorio nazionale hanno spesso tra loro interpretazioni difformi nella valutazione dei settori ONLUS.

Inoltre, mentre il Legislatore nella Legge n. 49/1987, nell'art. 2, co. 2, aveva indicato un elenco di attività di cooperazione, un'analoga esemplificazione di attività non sembra essere presente nella nuova legge di riforma, con il rischio che le Direzioni Regionali, che nei prossimi sei mesi - ed anche successivamente - si troveranno a dover valutare gli statuti delle ONG, avranno senza dubbio un'evidente difficoltà in relazione alla riconducibilità delle attività elencate nello statuto al settore in esame.

Altro elemento che rischia di rendere ancora più difficoltosa la valutazione dell'Amministrazione Finanziaria è la mancanza, nella legge di riforma che introduce il nuovo settore di attività 11-bis, dell'inquadramento del medesimo tra quelli c.d. a solidarismo “condizionato”, di cui al comma 2 dell'art. 10 del decreto ONLUS, oppure tra quelli c.d. a solidarismo “immanente” di cui al comma 4 della stessa norma.

La distinzione non è di poco conto in quanto mentre nei settori a solidarismo “immanente” è sufficiente la riconducibilità in essi dell'attività svolta, per quelli a solidarismo “condizionato” è necessario indagare anche sulla condizione dei destinatari delle attività che devono trovarsi in uno stato di svantaggio di tipo fisico, psichico, economico, sociale o familiare.

Per portare un esempio concreto, con riferimento alle attività che erano esemplificate nella Legge n. 49/1987, quelle “a rischio” se il settore fosse considerato a solidarismo “condizionato”, sarebbero certamente quelle legate alla promozione di programmi di educazione ai temi dello sviluppo, anche nell'ambito scolastico, la realizzazione di interventi in materia di ricerca scientifica e tecnologica ai fini del trasferimento di tecnologie appropriate nei Paesi in via di sviluppo e la formazione di personale italiano destinato a svolgere attività di cooperazione allo sviluppo, quest'ultima praticabile solo come attività connessa e dunque verso il personale interno alla ONLUS.

Un'ulteriore e nuova questione derivante proprio dal nuovo obbligo di iscrizione nell'Anagrafe Unica delle ONLUS, sarà poi l'applicabilità alle ONG della clausola inerente alla devoluzione del patrimonio in caso di perdita della qualifica di ONLUS.

Le ONG che per qualsiasi causa perderanno la qualifica di ONLUS dovranno, infatti, assoggettarsi alle due differenti procedure previste dalla normativa e dalla prassi:

  1. in caso di perdita della qualifica a seguito di scioglimento, secondo la previsione di cui alla lett. f), art. 10, D.Lgs. n. 460/1997, seguendo la procedura prevista e formulando apposita istanza al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;
  2. in caso di perdita della qualifica senza scioglimento, secondo quanto previsto dalla Circ. n. 59/E/07 e successivo Atto di indirizzo n. 5 del 7 maggio 2008, formulando differente istanza sempre al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Si evidenzia, infine, come la verosimile esigenza per le “vecchie” ONG di procedere ad un adeguamento dei propri statuti alle disposizioni in materia di ONLUS, comporterà un onere economico non trascurabile per quelle ONG che dovessero aver acquisito la personalità giudica di diritto privato attraverso l'iscrizione al registro delle persone giuridiche detenuto dalle Prefetture competenti.

Il verbale di assemblea straordinaria o del consiglio direttivo, in relazione alla forma giuridica dell'ente, così come le connesse modifiche statutarie, dovranno essere rogitate presso un Notaio con atto pubblico e passare, altresì, al vaglio della Prefettura e, contestualmente, della Direzione Regionale dell'Entrate.

In taluni casi, ciò potrebbe comportare anche ulteriori richieste di modifiche da parte di uno o entrambi gli enti controllori, con l'effetto di portare l'ente a introdurre una o più modifiche ulteriori all'atto notarile, con un costo e un dispendio di tempo assai notevole.

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