La Corte di Cassazione con la sentenza n. 41435, del 6 ottobre 2014, ha affermato che in tema di responsabilità da reato degli enti, il decreto di sequestro preventivo per equivalente del profitto del reato non deve contenere l'indicazione specifica dei beni che devono essere sottoposti al vincolo.
Premessa
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 41435, del 6 ottobre 2014, ha affermato che in tema di responsabilità da reato degli enti, il decreto di sequestro preventivo per equivalente del profitto del reato non deve contenere l'indicazione specifica dei beni che devono essere sottoposti al vincolo.
Il contenzioso
Con ordinanza del febbraio 2014, il Tribunale sezione per il riesame, in riforma dell'ordinanza del GIP, ha disposto il sequestro preventivo di beni, a fini di confisca, a carico di alcune associazioni. Il Tribunale, dato atto che il GIP, pur avendo condiviso la richiesta del PM in ordine alla sussistenza del fumus degli illeciti penale ascritti, aveva rigettato al richiesta perché a suo avviso l'art. 19, d.lgs. n. 231/2001, non consentirebbe la confisca per equivalente, ha osservato che tale valutazione non fosse condivisibile. Contro tale decisione hanno proposto tempestivo ricorso, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, le associazioni che sono state colpite dal provvedimento.
Confisca per equivalente
L'art. 240 del codice penale, prevede la confisca facoltativa per le cose che sono il prodotto o il profitto del reato; per converso è obbligatoria per le cose che «costituiscono il prezzo del reato». L'art. 321, comma 2, c.p.p. prevede la possibilità che già nella fase delle indagini preliminari, il sequestro delle cose possono essere oggetto di confisca. Spesso accade che per alcune situazioni è piuttosto difficile riuscire a recuperare le somme di denaro o i beni costituenti il prezzo o il profitto del reato. La logica conseguenza è che per i delitti previsti dagli artt. da 314 a 321 del codice penale (peculato, concussione, corruzione) e per altri delitti previsti da leggi speciali, si applica l'art. 322-ter c.p. che prevede «la confisca per equivalente», cioè la confisca di beni per un valore corrispondente al prezzo del reato.
L'art. 322-ter c.p. dispone che «pur consentendo di disporre lo spostamento della misura reale del bene che costituisce profitto o prezzo del reato ad altro sempre ricadente nella disponibilità dell'indagato, solo quando non sia possibile la confisca del primo» è previsto un preventivo accertamento con riferimento all'esistenza diretta di un bene costituente profitto o prezzo, la cui confisca sia impedita da un fatto sopravvenuto che ne abbia determinato la perdita o il trasferimento.
La legge n. 244/2007, art. 1, comma 143 (Finanziaria 2008) ha previsto che, anche per i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, tranne che per il delitto di occultamento e sottrazione di scritture contabili, si applica la confisca per equivalente, regolata dall'art. 322-ter del codice penale; è obbligatoria, pertanto, la confisca di beni di cui il contribuente che ha commesso il reato abbia disponibilità, per un valore equivalente al prezzo del reato. In sostanza la norma introdotta dal legislatore nell'ambito tributario è finalizzata a colpire il vantaggio economico che deriva dall'evasione fiscale.
Il decreto di sequestro preventivo non deve contenere l'indicazione specifica dei beni che devono essere sottoposti al vincolo
I giudici di legittimità evidenziano preliminarmente che in tema di responsabilità da reato degli enti, il decreto di sequestro preventivo per equivalente del profitto del reato presupposto non deve contenere l'indicazione specifica dei beni che devono essere sottoposti al vincolo, potendo procedere alla loro individuazione anche la polizia giudiziaria in sede di esecuzione del provvedimento, ma deve indicare la somma sino a concorrenza della quale il sequestro deve essere eseguito.
La Cassazione, in passato, in riferimento al d.lgs. n. 231/2001, ha ricordato che a norma dell' art. 6, comma 5, del citato decreto anche nei confronti degli enti per i quali non sia applicabile la confisca- sanzione di cui all' art. 19, dello stesso decreto, per essere stati efficacemente attuati i modelli organizzativi per impedire la commissione di reati da parte dei rappresentanti dell' ente, è "comunque disposta la confisca del profitto che l'ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente", previsione di carattere generale «secondo un prospettiva non di tipo sanzionatorio, essendo fuori discussione la irresponsabilità dell' ente, ma di ripristino dell' ordine economico perturbato dal reato (....)».
In materia di illegittimità costituzionale della norma sollevata dalle associazioni ricorrenti, i giudici di legittimità rilevano che in tema di responsabilità dipendente da reato degli enti e persone giuridiche, per il sequestro preventivo dei beni di cui è obbligatoria la confisca, eventualmente anche per equivalente, e quindi, secondo il disposto dall'art. 19, del d.lgs. n. 231/2001, dei beni che costituiscono prezzo e profitto del reato, non occorre la prova della sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità, né il “periculum” richiesto per il sequestro preventivo di cui all'art. 321, comma 1, c.p.p., essendo sufficiente accertarne la confiscabilità una volta che sia astrattamente possibile assumere il fatto in una determinata ipotesi di reato. I giudici di legittimità osservano che corrisponde al vero che la legge di delega alla lettera o), dell' art. 11, L. n. 300/2000 , indica al Governo di «prevedere che le sanzioni di cui alla lettera l) sono applicabili anche in sede cautelare (...)» mentre per la sanzione di cui alla lettera i) (cioè la confisca) non è prevista delega per l'applicazione in sede cautelare, ma tanto ha logica giustificazione nella considerazione che le sanzioni di cui alla lettera l) non trovano alcuna corrispondenza nelle misure di tipo interdittivo disciplinate dal codice di procedura penale. Al contrario il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto o del prezzo del reato, anche nella forma per equivalente, è già regolato nell' ambito dell' ordinamento di tipo processuale.
Per i giudici di legittimità, quindi, il legislatore non doveva , quindi, fornire alcuna delega al governo sul punto, perché non necessaria ed anzi proprio la previsione di cui alla lettera o), del citato articolo 11, della L. n. 300/2000, rafforza il convincimento che il legislatore ha voluto che anche per le persone giuridiche vi sia applicazione in sede cautelare delle misure irrogabili nei loro confronti.
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Il decreto di sequestro preventivo non deve contenere l'indicazione specifica dei beni che devono essere sottoposti al vincolo