Aggiudicazione del contratto di affitto d’azienda e sospensione della “procedura competitiva”

06 Febbraio 2015

Il potere di sospensione di cui all'art. 107, comma 4, l. fall. vede limitato il proprio ambito di applicazione alle procedure di aggiudicazione di contratti di vendita e non può essere esteso, neanche in via analogica, alle procedure anch'esse competitive per l'aggiudicazione di un contratto di affitto d'azienda, sebbene propedeutico quest'ultimo ad una successiva gara per la vendita di azienda ed anche ove sia prevista la vendita del magazzino che rappresenti un elemento del tutto marginale nell'economia della procedura di gara. (massima)
Massima

Il potere di sospensione di cui all'art. 107, comma 4, l. fall. vede limitato il proprio ambito di applicazione alle procedure di aggiudicazione di contratti di vendita e non può essere esteso, neanche in via analogica, alle procedure anch'esse competitive per l'aggiudicazione di un contratto di affitto d'azienda, sebbene propedeutico quest'ultimo ad una successiva gara per la vendita di azienda ed anche ove sia prevista la vendita del magazzino che rappresenti un elemento del tutto marginale nell'economia della procedura di gara.

Il caso

Con reclamo ex art. 26 l. fall. veniva chiesta la revoca del provvedimento con cui il G.D. non aveva concesso la sospensione della procedura competitiva per l'aggiudicazione di un contratto d'affitto d'azienda con contestuale cessione del magazzino di proprietà della fallita.
La parte reclamante deduceva, più in particolare, di aver presentato un'offerta migliorativa rispetto a quella già oggetto di aggiudicazione da parte del curatore fallimentare, dolendosi così del mancato accoglimento della sua istanza diretta al G.D. per ottenere la sospensione delle operazioni negoziali conseguenti alla predetta aggiudicazione e deducendo l'erroneità del provvedimento adottato dal G.D., che non avrebbe considerato l'illegittimità degli atti di gara derivata dalla mancata valutazione, da parte del curatore, della proposta migliorativa presentata ai sensi dell'art. 107, comma 4, l. fall., in asserto applicabile alla procedura di gara in ragione del rinvio operato dal secondo comma dell'art. 104-bis l. fall..

Le questioni giuridiche

Il provvedimento in commento risulta, già ad una prima lettura, estremamente convincente e condivisibile in ogni sua parte, e ciò sia in relazione alle soluzioni fornite alle questioni più squisitamente processuali affrontate in motivazione e sia a quelle indicate in relazione alla questione di diritto sostanziale, incidentalmente affrontata dal Collegio piemontese (nonostante l'assorbenza dei predetti profili processuali) e la cui risoluzione è in buona sostanza compendiata nella massima indicata in epigrafe. Ma andiamo per ordine.


In punto di soluzioni “processuali” alle questioni dibattute, deve dirsi che risulta ineccepibile la dichiarazione di inammissibilità del reclamo ex art. 26 l. fall., sotto il condivisibile profilo della carenza di interesse ad agire in capo alla parte reclamante, e ciò sia perché quest'ultima aveva omesso di allegare, già sotto il profilo assertivo della domanda, l'esistenza di un suo concreto ed attuale interesse a divenire acquirente del magazzino, sia perché, come sopra indicato, il potere di sospensione di cui all'art. 107, comma 4, l. fall. vede limitato il proprio ambito di applicazione alle procedure di aggiudicazione di contratti di vendita e non può essere esteso, neanche in via analogica, alle procedure anch'esse competitive per l'aggiudicazione di un contratto di affitto d'azienda. Ed invero, la corretta soluzione fornita dal Collegio piemontese non preclude in alcun modo alla parte reclamante, come peraltro evidenziato anche nel provvedimento in commento, di poter partecipare alla successiva procedura competitiva per l'aggiudicazione dell'azienda e lì sollecitare anche tutte le cautele previste dall'art. 107 l. fall., compresa quella regolata dal suo quarto comma, che invece risulta non estendibile alla diversa competitiva diretta ad aggiudicare il contratto di affitto d'azienda.
Del pari, risulta anche condivisibile l'ulteriore profilo di inammissibilità del reclamo sotto il diverso (ma convergente) profilo del difetto dei presupposti applicativi del potere di sospensione del G.D., come previsto dall'art. 108 l. fall..
Anche qui il Collegio evidenzia correttamente che la parte reclamante non ha in alcun modo allegato né i gravi e giustificati motivi che legittimano l'attivazione del potere discrezionale di sospensione della vendita fallimentare, né la ulteriore e necessaria circostanza che il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto anche delle condizioni di mercato.


Ma risulta ugualmente condivisibile, dal punto di vista processuale, l'affermazione contenuta nel provvedimento in commento secondo cui, al di là dei superiori ed assorbenti profili, le censure sollevate dalla parte reclamante, avendo ad oggetto invero atti gestori adottati dal curatore, avrebbero dovuto essere avanzate ai sensi dell'art. 36 l. fall. (e ciò, peraltro, aggiunge chi scrive, solo per eventuali vizi di legittimità) e non già attraverso il diverso istituto regolato e disciplinato dall'art. 26 l. fall. (cfr. anche Trib. Milano, 23 luglio 2014). Ne consegue il condivisibile rilievo da parte del Collegio fallimentare di un ulteriore profilo di inammissibilità del reclamo.
Ma la questione più interessante affrontata nel provvedimento in esame riguarda la delimitazione del perimetro applicativo dell'istituto della sospensione della vendita ai sensi dell'art. 107 l. fall..
Sul punto, giova ricordare in termini ancora generali che, accanto al potere del G.D. di sospendere il perfezionamento delle operazioni di vendita nei casi di cui all'art. 108 l. fall., la riforma ha previsto la facoltà, in capo al curatore, di sospendere la vendita qualora pervenga una proposta migliorativa tramite una offerta irrevocabile di acquisto per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo già offerto. Ebbene, la differenza tra queste due tipologie di sospensione sta nel fatto che il potere del curatore è preventivo e risponde all'esigenza di realizzare la liquidazione più proficua per i creditori (Gugliemucci, Diritto fallimentare, Torino, 2008, 280), mentre quello del G.D. è successivo e di carattere sanzionatorio (v. anche Amatore, Il programma di liquidazione nel fallimento, Milano, 2013, 154 ). Pertanto, se il curatore, dopo la gara e prima di riferire di questa al giudice delegato ed al comitato dei creditori, riceve un'offerta irrevocabile d'acquisto che superi il prezzo ottenuto in gara di almeno il dieci per cento, potrà procedere all'auspicabile sospensione della vendita.


In un'ottica sistematica appaiono evidenti le affinità della sospensione in esame rispetto alla fattispecie, prevista nel codice di procedura civile, dell'aumento di 1/5. Tali affinità si limitano al solo aspetto sostanziale e perseverano l'idea che in una procedura competitiva pubblica, al fine di ottenere il miglior risultato possibile, ad una fase primaria di selezione dell'offerente deve accedere un'ulteriore possibilità, a determinare condizioni, affinché un terzo possa rilanciare in aumento. La norma - proprio perché il potere spetta al curatore, che mette in gioco la propria responsabilità - detta presupposti sufficientemente precisi, o, meglio, essi si possono ricavare dall'affermazione che deve trattarsi di offerta irrevocabile migliorativa del 10%. L'irrevocabilità della nuova offerta richiede la definizione preventiva in sede di bando di comportamenti certi e doverosi da parte dell'offerente, quali ad esempio la prestazione di una cauzione, con il potere del curatore di incamerare la somma nel caso di desistenza dell'offerente stesso (cfr. Amatore, Il programma di liquidazione nel fallimento, cit., ibidem ).


Sul punto, va aggiunto che il potere di sospensione del curatore non dà alcuna certezza all'aggiudicatario provvisorio fino al deposito in cancelleria della documentazione attinente alla procedura di vendita sin lì espletata. Si è affermato, sul punto qui in discussione, che la scelta di sospensione della vendita sia lasciata alla discrezionalità della curatela (Liccardo-Federico, sub art. 104, in AA.VV., Il nuovo diritto fallimentare, Jorio (a cura di), Bologna, 2007, 1795). Tuttavia, vi è chi ha ravvisato la doverosità di tale comportamento nell'ipotesi di serietà dell'offerta migliorativa, attestata dal contestuale deposito di un'adeguata cauzione (Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali dopo il d.lgs. 12.9.2007 n. 169, in Fall., 2008, 255).
Riguardo al profilo temporale dell'offerta in aumento, è da dirsi che questa debba intervenire prima che la vendita sia conclusa, ossia finché non sia intervenuta la stipulazione del contratto e non sia stato versato il prezzo e dunque prima del deposito da parte del curatore della documentazione ex art. 107, comma 5, l. fall. e nonostante l'avvenuta notifica dello stato della liquidazione ai creditori privilegiati ed ipotecari nel caso di vendita di beni immobili o beni mobili registrati (Liccardo-Federico, op. ult. cit., 1795). In realtà, la scelta di dare o meno ingresso all'offerta migliorativa, nonché le modalità seguite dal curatore, possono integrare quei “gravi e giustificati motivi” tali da giustificare la sospensione delle operazioni di vendita da parte del G.D. ex art. 108 l. fall. (Liccardo-Federico, op. ult. cit., ibidem). L'esistenza della predetta facoltà di sospensione da parte del G.D. rende superfluo ogni problema circa la proponibilità o meno del reclamo ex art. 36 l. fall. contro la omessa sospensione del curatore, pur ritenuto ammissibile laddove la condotta della curatela integri una grave violazione del dovere di diligenza qualificabile come violazione di legge (Paluchowski, Programma di liquidazione, in AA.VV., Codice commentato del fallimento, Lo Cascio (diretto da), Milano, 2008). E' da questo momento che subentra, invero, l'ulteriore potere interdittivo, non officioso, del giudice (cfr. Amatore, Il programma di liquidazione nel fallimento, cit., ibidem).
Per essere efficace, quindi, l'offerta irrevocabile dovrà pervenire prima che la vendita sia conclusa. In questo caso, il curatore dovrà indire una nuova gara, alla quale hanno diritto di partecipare il nuovo offerente, il precedente aggiudicatario e gli altri precedenti concorrenti. Il giudice può impedire inoltre il perfezionamento della vendita se ne è fatta richiesta dal fallito, dal comitato dei creditori o da altri interessati entro dieci giorni dal deposito in cancelleria, da parte del curatore, dell'informativa sull'esito della gara ovvero se il prezzo offerto risulta notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato. Tale potere di sospensione può riguardare le operazioni di vendita di qualsiasi bene di pertinenza fallimentare, senza alcuna preventiva esclusione, qualunque sia la modalità competitiva adottata, nella sola ricorrenza del presupposto della notevole sproporzione del prezzo offerto, con evidente ampiezza dei poteri valutativi concessi al giudice delegato (Liccardo-Federico, op. ult. cit., 1803).


Dal testo della disposizione di cui all'art. 108 l. fall. la nozione di giusto prezzo, rispetto alla quale valutare la sussistenza di una «notevole» inferiorità di quello allo stato raggiunto, va ricavata “tenuto conto delle condizioni di mercato”.
L'articolazione delle disposizioni normative in materia di sospensione delle vendite fallimentari impone alcune riflessioni con riguardo, soprattutto, al caso di un'aggiudicazione provvisoria a prezzi non congrui (cfr. Amatore, Il programma di liquidazione nel fallimento, cit., ibidem). La combinazione del potere del curatore e del giudice delegato sembra avere una scansione coerente: fino al deposito della documentazione in cancelleria, di cui al quinto comma dell'articolo 107, compete al curatore, seppur in un ambito più circoscritto, ossia alla presenza di un'offerta irrevocabile migliorativa del 10%; mentre, nella fase successiva a tale momento, compete al giudice delegato, con una limitazione temporale, ma con un potere valutativo più ampio parametrato all'ingiustizia del prezzo ottenuto dal curatore, tenuto conto delle condizioni di mercato.
Più complesso è il delineato rapporto tra il potere di sospensione del giudice delle operazioni di vendita ed il potere di interruzione del perfezionamento delle stesse (Liccardo-Federico, op. ult. cit., ibidem). Il potere di sospensione per gravi giustificati motivi appare come fatto immanente nel procedimento di liquidazione e volto a garantire l'effettivo esercizio di vigilanza da parte del giudice sul curatore e sul comitato dei creditori, quali soggetti co-gestori della procedura, in particolare nella fase di liquidazione.
La definizione degli esatti confini di tale potere è di tutto rilievo poiché, ad esempio, se nei gravi motivi fosse compresa anche la circostanza della notevole ingiustizia del prezzo, come l'ampiezza della definizione sembrerebbe confermare, allora la possibilità di inficiare la vendita da parte del giudice scorrerebbe oltre i dieci giorni successivi al deposito degli atti in cancelleria, concessi agli interessati per denunciare al giudice le gravi irregolarità ed ottenere la sospensione. Interpretarlo in tal modo, tuttavia, significherebbe sterilizzare il potere d'impedimento definito dall'art. 108 subito dopo quello di sospensione, che invece sembra cercare uno spazio autonomo, in una dimensione temporale definita, con l'obiettivo di dare certezza e stabilità alle vendite giudiziarie, le quali non si fondano sulla volontà dell'esecutato, ma del curatore.
Per quanto detto, il curatore non potrà stipulare il contratto di vendita con il c.d. aggiudicatario provvisorio, prima del decorso del termine di dieci giorni dal deposito in cancelleria dell'informativa al giudice delegato dell'esito dell'ultima gara.
Ma la stipulazione del contratto di vendita richiede la formale ed espressa manifestazione di volontà del curatore, consacrata in un atto scritto ed il pagamento del relativo prezzo. Quindi, finché non saranno intervenuti questa manifestazione di volontà ed il pagamento del prezzo, il giudice delegato potrà emettere il provvedimento di sospensione della vendita, anche dopo la scadenza del predetto termine di dieci giorni dal deposito dell'informativa sull'ultima gara. In altri termini, il curatore ha il potere di vendere, ma solo al momento in cui la procedura si è esaurita.
A questo punto appare opportuno precisare che l'atto traslativo, con il quale il curatore manifesta la sua volontà e perfeziona la vendita, deve essere stipulato in conformità alle norme civilistiche e pertanto, se oggetto della cessione sono aziende (con o senza immobili) o sono immobili o quote sociali, l'atto deve essere stipulato con atto pubblico o con scrittura privata autenticata.
Per gli altri beni si segue il regime proprio dei beni stessi secondo le disposizioni civilistiche. Va aggiunto che il giudice non dovrà emettere il decreto di trasferimento per la cessione degli immobili in quanto, come già accennato, non si seguono le norme di rito della espropriazione forzata, salvo il caso in cui il programma di liquidazione opti per l'esecuzione nelle mani del giudice delegato.


Tornado al tema della sospensione, ci si deve chiedere quale sia la sorte del bene oggetto di un provvedimento interruttivo del giudice.
Allo stato, in assenza di una prassi consolidata, non sembra possibile operare una previsione sui riflessi prodotti sulle operazioni di liquidazione incise dalla sospensione, che comunque andranno rapportati alla natura dei motivi sui quali essa si fonda. Laddove, ad esempio, il giudice provveda per l'inidoneità della modalità competitiva adottata, sembra pacifico che il curatore sia tenuto ad adottare un modello decisionale diverso, e, se non precisato nel programma di liquidazione, suggerito dallo stesso giudice delegato (Liccardo-Federico, op. ult. cit., 1803).
Il decreto di sospensione, intendendosi comprensivo di quello impeditivo del giudice delegato, è soggetto al regime degli atti del giudice delegato, come tale reclamabile ex art. 26 l. fall..
Sempre in tema di sospensione, va segnalato il potere di interruzione generale di ogni attività di liquidazione che compete alla Corte d'appello investita del gravame contro la sentenza di fallimento, ai sensi dell'art. 18 l. fall.
La decisione, di tipo cautelare, secondo il successivo art. 19 l. fall., può essere assunta in presenza di gravi motivi e può anche riguardare una parte del patrimonio oggetto di spossessamento a seguito alla dichiarazione di fallimento, ed avere una durata temporanea predefinita, in attesa del giudizio di merito.
Da rilevare che, oltre al debitore, la richiesta di sospensione cautelare della liquidazione dell'attivo può anche provenire dallo stesso curatore, e la formulazione della norma consente di affermare che questa non necessita che egli sia parte nel giudizio d'appello. Analoga ipotesi di sospensione si rinviene nell'art. 93, che concede al creditore di un bene in restituzione o rivendica di chiedere al giudice delegato, nel ricorso per l'ammissione al passivo, di bloccare la liquidazione del bene oggetto della domanda, e ciò perché, al contrario della precedente disciplina, la liquidazione può, senza ostacolo, percorrere strade diverse rispetto all'accertamento del passivo.

Osservazioni

Ciò posto, in termini generali, in ordine all'inquadramento giuridico dell'istituto della sospensione della vendita fallimentare secondo i parametri normativi estraibili dagli artt. 107 e 108 l. fall., è da ritenersi integralmente condivisibile la soluzione fornita dal Tribunale di Novara alla questione centrale affrontata nel provvedimento in esame circa la affermata non estendibilità, alla procedura di aggiudicazione del contratto di affitto d'azienda, del potere di sospensione previsto dal quarto comma dell'art. 107 l. fall.


Ed invero, l'art. 104-bis, secondo comma, l. fall. in tema di affitto d'azienda così dispone: “La scelta dell'affittuario è effettuata dal curatore a norma dell'art. 107, sulla base di stima, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati. La scelta dell'affittuario deve tener conto, oltre che dell'ammontare del canone offerto, delle garanzie prestate e della attendibilità del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli occupazionali”.
Il comma quarto dell'art. 107, medesima legge, statuisce invece che: “Il curatore può sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d'acquisto migliorativa, per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto”.
Ciò detto, risulta del tutto convincente l'osservazione contenuta nel provvedimento in commento secondo cui il richiamo generale all'art. 107 da parte del secondo comma del predetto art. 104-bis deve essere inteso come semplice richiamo generale alla ratio di tale disposizione, e cioè al principio secondo cui l'affitto d'azienda debba avvenire all'esito dell'esperimento di una procedura competitiva, senza tuttavia che ciò imponga l'applicabilità di tutte le disposizioni contenute nell'art. 107 l. fall., e ciò con particolare riferimento a quelle disposizioni dettate per le sole vendite di beni mobili ed immobili, come tali non suscettibili di interpretazione e di estensione analogica ai casi di affitto.


Ed invero, il quarto comma dell'art. 107, su cui si dibatte nel provvedimento oggetto di esame, parla in modo esplicito del potere di sospendere la procedura competitiva solo in relazione alla “vendita” e qualora pervenga un'offerta migliorativa “d'acquisto”, con ciò rendendo evidente che la ratio sottesa alla norma riguarda la possibilità di acquisire, tramite l'esercizio del potere di sospensione, una offerta migliorativa rispetto alla cessione definitiva del diritto di proprietà sui beni oggetto di vendita. Del resto, va anche aggiunto che, come acutamente osservato dal Tribunale piemontese, alcune disposizioni contemplate dall'art. 107 l. fall. sono addirittura incompatibili con la procedura di aggiudicazione del contratto di affitto d'azienda, come nell'ipotesi relativa alla possibilità del curatore di subentrare nelle procedure esecutive pendenti sui beni, facoltà espressamente prevista dal comma 6 della predetta disposizione normativa.
Diversamente, qualora il legislatore avesse voluto rendere integralmente applicabile la disposizione di cui all'art. 107, comma 4, l. fall., avrebbe dovuto utilizzare una formula diversa da quella sopra indicata per operare il richiamo tra le norme qui in esame, e cioè una formula che richiamasse in toto il contenuto dell'art. 107, come avvenuto peraltro nell'ultimo comma del'art. 104-bis l. fall., ove è espressamente indicato che “Ai rapporti pendenti al momento della retrocessione si applicano le disposizioni di cui alla sezione IV del Capo III del titolo II”, ed in altri articoli della legge fallimentare (cfr. artt. 52, comma 2, 67, u.c., e 115, comma 2 ).
Esclusa la possibilità di un'applicazione “diretta” del quarto comma dell'art. 107 alla diversa fattispecie del procedimento per l'aggiudicazione dell'affitto d'azienda, occorre domandarsi se vi sia spazio per un'applicazione in via analogica della predetta norma.
Anche in questo caso il Tribunale di Novara fornisce una soluzione convincente. Ed invero, mancherebbe già prima facie il primo dei presupposti applicativi per il ricorso a tale criterio interpretativo, e cioè la identità tra le caratteristiche della fattispecie regolata dall'art. 107, comma 4, e cioè il trasferimento di un diritto reale ovvero un atto direttamente liquidatorio con effetti tendenzialmente irreversibili sulla massa fallimentare, e quella disciplinata dall'art. 104-bis, relativa alla procedura per la provvisoria concessione di un diritto personale di godimento, strumentale e prodromico alla successiva vendita dell'azienda.
Del resto, la facoltà di sospensione della procedura competitiva in presenza di offerta migliorativa si giustifica operativamente solo in presenza di un possibile trasferimento “definitivo” del diritto oggetto dell'atto di liquidazione fallimentare, e cioè nell'ipotesi tipicamente regolata dal quarto comma dell'art. 104-bis l. fall. per la vendita dei beni, e non già nella ipotesi di trasferimento momentaneo del diritto di godimento dei beni propedeutico al successivo trasferimento, ove la sospensione della procedura di aggiudicazione potrebbe determinare anche un grave nocumento alla continuità dell'attività produttiva dei beni aziendali e dunque alla conservazione del valore intrinseco di quest'ultimi.

Conclusioni

Non contestabile sembra il principio affermato nella pronuncia qui commentata, a soluzione di un problema mai prima affrontato ex professo dalla giurisprudenza pratica e tanto meno da quella di legittimità, e cioè che il potere di sospensione di cui all'art. 107, comma 4, l. fall. deve vedere limitato il proprio ambito di applicazione alle procedure di aggiudicazione di contratti di vendita e non può essere esteso, neanche in via analogica, alle procedure (anch'esse competitive) per l'aggiudicazione di un contratto di affitto d'azienda, sebbene propedeutico ad una successiva gara per la vendita della azienda, atteso che la suddetta disposizione parla in modo esplicito del potere di sospendere la procedura competitiva solo in relazione alla “vendita” e qualora pervenga una offerta “d'acquisto” migliorativa.

Riferimenti giurisprudenziali e bibliografici

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.

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