Cartiere e frodi fiscali, non si può escludere l’autonoma finalità di pregiudicare le ragioni dei creditori

La Redazione
11 Marzo 2015

L'uso di società cartiere da parte dell'imputata e le frodi fiscali poste in essere rendono «irragionevole» escludere che essa abbia avuto anche l' autonoma finalità di pregiudicare le ragioni dei creditori.

L'uso di società cartiere da parte dell'imputata e le frodi fiscali poste in essere rendono «irragionevole» escludere che essa abbia avuto anche l' autonoma finalità di pregiudicare le ragioni dei creditori. Lo ha affermato la Cassazione Penale, nella sentenza n. 9746 del 5 marzo scorso.


Il caso. La presidente del consiglio di amministrazione di una s.r.l. veniva accusata di aver distrutto i libri e le scritture contabili, al fine di occultare il movimento degli affari. Non solo, veniva accusata di aver cagionato dolosamente il fallimento della società, attraverso l'impiego di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti e l'utilizzo, per l'acquisto di autovetture, di varie società cartiere che non versavano all'Erario le somme ricevute come pagamento dell'IVA.
Il Gip, tuttavia, decidendo sulla richiesta di applicazione della pena (art. 444 c.p.p.), aveva assolto l'imputata, perché il fatto non costituisce reato. Il giudice, in particolare, in merito alla contestata bancarotta fraudolenta documentale, aveva ritenuto insussistente l'elemento soggettivo del dolo specifico di procurarsi un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. Per quanto concerne la contestazione di avere cagionato il fallimento della società, poi, veniva escluso che la condotta dell'imputata «fosse stata diretta alla determinazione di una situazione di insolvenza, al fine di danneggiare la società stessa e i creditori».
Infine, veniva esclusa anche la bancarotta per distrazione, in quanto la corresponsione dell'IVA alla società cartiera consentiva comunque alla società di detrarre l'imposta.


Cartiere e frodi fiscali... La questione è stata pertanto esaminata dalla Quinta sezione Penale della Cassazione, a cui ha presentato ricorso il p.m. del Tribunale di Torino.
E i Giudici della S.C. smentiscono quanto affermato dal giudice di merito. Nello specifico, la S.C. afferma che «il dolo specifico non deve necessariamente esprimere l'unica ragione della volontà dell'agente, potendo concorrere con altre prospettive teleologiche, che non si pongano in relazione di alternatività logica con il fine che assume rilievo in vista della configurabilità della fattispecie e arricchiscano il quadro motivazionale dell'agente». Insomma, visto l'uso di cartiere da parte dell'imputata e le frodi fiscali poste in essere, non si può escludere - per la Cassazione è «irragionevole» farlo - l'autonoma finalità di pregiudicare le ragioni dei creditori.


L'onere dimostrativo è posto a carico del fallito. Infine, la Corte di legittimità ribadisce che la responsabilità per il delitto di bancarotta per distrazione «richiede l'accertamento della previa disponibilità, da parte dell'imputato, dei beni non rinvenuti in seno all'impresa» (Cass., sez. V, n. 7588/2011). Ed infatti, la prova della distrazione o dell'occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell'amministratore, della destinazione dei beni in questione.
La sentenza impugnata, di conseguenza, viene annullata con rinvio per nuovo esame.

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