L’aumento di capitale delegato con esclusione del diritto di opzione

07 Settembre 2015

Tanto nelle s.p.a. quanto nelle s.r.l. i soci possono delegare la facoltà di deliberare l'aumento del capitale sociale all'organo amministrativo (rispettivamente, artt. 2443 e 2481 c.c.), fermo restando che l'assemblea rimarrà “sovrana” delle delibere sulle operazioni sul capitale con la conseguenza che le delibere di delega potranno essere modificate o revocate in qualsiasi momento, fatto salvo l'ordinato compimento di operazioni di aumento di capitale in corso.
Premessa

Tanto nelle s.p.a. quanto nelle s.r.l. i soci possono delegare la facoltà di deliberare l'aumento del capitale sociale all'organo amministrativo (rispettivamente, artt. 2443 e 2481 c.c.), fermo restando che l'assemblea rimarrà “sovrana” delle delibere sulle operazioni sul capitale con la conseguenza che le delibere di delega potranno essere modificate o revocate in qualsiasi momento, fatto salvo l'ordinato compimento di operazioni di aumento di capitale in corso. L'aumento di capitale delegato realizza una riallocazione temporanea, non definitiva, non esclusiva e sempre revocabile, di competenze deliberative, rispondendo ad un'istanza di efficienza e di riduzione dei costi, delle formalità e dei tempi altrimenti necessari per il passaggio in assemblea.

La disciplina in questione presenta numerose divergenze a seconda del tipo sociale di cui si discute e sarà pertanto opportuno illustrarla separatamente con riguardo ad s.p.a. ed s.r.l.. In questo articolo ci soffermeremo sull'aspetto dell'esclusione del diritto di opzione nell'ambito dell'aumento delegato, con particolare riguardo alle s.r.l., la cui disciplina codicistica non contempla espressamente tale esclusione. Arriveremo a concludere in particolare per l'ammissibilità, a certe condizioni, dell'esclusione del diritto di sottoscrizione in tale contesto.

L'aumento delegato nelle s.p.a.

Ai sensi dell'art. 2443 c.c. la delega all'organo amministrativo della facoltà di aumentare il capitale sociale deve essere prevista dallo statuto e deve contenere l'ammontare massimo dell'aumento ed il periodo entro il quale l'aumento delegato deve essere deliberato. Il periodo massimo entro il quale l'aumento delegato deve essere deliberato non può superare i cinque anni dalle seguenti date: in caso di delega conferita alla costituzione della società, dalla data di iscrizione della società nel registro delle imprese; in caso di delega conferita successivamente, dalla data della delibera che ha conferito la delega.

Particolari cautele sono dettate quando l'aumento di capitale delegato venga effettuato senza relazione dell'esperto di cui all'art. 2343 c.c. In tal caso infatti, il conferimento non può avere efficacia prima del decorso di trenta giorni dalla delibera di aumento. Tale termine è destinato a consentire ai soci titolari di almeno il 5% del capitale sociale di chiedere agli amministratori che si proceda ad una nuova valutazione, questa volta ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2343 c.c. Il termine non sarà invece richiesto qualora i soci vi rinuncino.

Al di fuori dei contenuti della delega prescritti dall'art. 2443 c.c., dovrebbe ritenersi che l'organo amministrativo sia libero di stabilire liberamente i criteri dell'aumento di capitale quali ad esempio la scindibilità o meno dell'aumento.

Lo stesso articolo prevede che la delega possa contemplare anche la facoltà di esclusione del diritto di opzione e che in tal caso sono applicabili, in quanto compatibili, le regole previste per l'esclusione del diritto di opzione dall'art. 2441 c.c. La delega deve inoltre determinare i criteri ai quali gli amministratori devono attenersi nell'escludere il diritto di opzione.

La delibera assembleare di delega dovrà dunque disciplinare anche tale aspetto, ma potrebbe anche essere formulata nel senso di lasciare aperte le due strade a discrezione degli amministratori. Nell'assenza di indicazioni nella delibera di delega (o nello statuto) in merito alla possibilità di escludere il diritto di opzione in caso di aumento delegato, deve ritenersi che l'organo amministrativo non sia legittimato a deliberare un aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione.

A tal riguardo il rinvio dell'art. 2443 c.c. all'art. 2441, sesto comma, c.c. sembrerebbe implicare che non sussistano divergenze nelle condizioni di validità dell'aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione deliberato dall'assemblea e quelle dell'aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione delegato all'organo amministrativo nonché dei presupposti che debbano essere illustrati all'assemblea in occasione della delibera di delega. Tuttavia, l'art. 2443 primo comma c.c., richiedendo che nel caso sia delegata anche la facoltà di escludere il diritto di opzione ”lo statuto determina i criteri cui gli amministratori devono attenersi”, sembrerebbe poter rimettere all'assemblea l'indicazione dei casi in cui è possibile escludere tale diritto. Non sembra che questo inciso sia sufficiente a derogare le previsioni circa le cause di esclusione del diritto di opzione previste dall'art. 2441 c.c., salvo che nuove cause di esclusione siano introdotte ad unanimità. Pertanto, in linea generale la delibera di delega e l'aumento delegato stesso con esclusione del diritto di opzione dovranno attenersi ai presupposti previsti dall'art. 2441 c.c.

I criteri cui gli amministratori devono attenersi, menzionati dall'art. 2443 c.c., devono concernere pertanto informazioni ulteriori rispetto a tali presupposti. Secondo una massima del Consiglio Notarile di Milano (Massima del Consiglio notarile di Milano n. 8 del 23 marzo 2004) “la determinazione dei criteri cui gli amministratori devono attenersi a norma dell'art. 2443, comma 1 concerne essenzialmente le ragioni e le cause dell'esclusione del diritto di opzione. Di conseguenza, lo statuto o la deliberazione assembleare di delega modificativa dello stesso devono determinare i beni o la tipologia di beni da conferire ovvero i destinatari o le tipologie o le categorie di persone o enti destinatari delle azioni o i criteri per l'individuazione dei soggetti cui riservare le azioni”.

A titolo esemplificativo è possibile indicare rispetto a quale o a quali fra le ipotesi di esclusione o limitazione del diritto di opzione disciplinare dall'art. 2441 c.c. è circoscritta la delega e quali per differenza restano riservate all'assemblea; potrebbe prevedersi l'esclusione o limitazione soltanto in relazione all'emissione di certe categorie di azioni; o ancora soltanto se le azioni di nuova emissione siano destinate ad essere offerte su uno specifico mercato regolamentato.

Nell'ambito dell'aumento delegato con esclusione del diritto di opzione, è di grande rilievo la questione della determinazione del prezzo di emissione da parte dell'organo delegato. Se è chiaro che, in assenza di qualsiasi previsione, all'atto della delega i criteri di determinazione rimarranno quelli fissati dall'art. 2441 c.c. in caso di aumento non delegato, è discusso se i soci possano indicare nella delibera di delega i criteri ai quali gli amministratori debbano attenersi nella determinazione del prezzo di emissione, in sostituzione o specificazione dei criteri già fissati dall'art. 2441 c.c. per la fissazione del prezzo di emissione. A nostro avviso, la risposta deve essere positiva. A favore di questa conclusione milita in particolare l'espressione “criteri ai quali gli amministratori devono attenersi” utilizzata dall'art. 2443 c.c. a proposito del contenuto obbligatorio della delibera di delega degli aumenti di capitale con esclusione del diritto di opzione. A simile espressione, nel contesto di un aumento di capitale, infatti può essere attribuita a nostro avviso proprio l'interpretazione di fissazione di criteri contabili. Peraltro, la fissazione del prezzo di emissione è una prerogativa specificamente riconosciuta dall'art. 2441 c.c. all'assemblea e pertanto uno dei connotati tipici della delega all'aumento di capitale sarà proprio la determinazione dei criteri contabili ai quali la determinazione del prezzo deve attenersi.

La circostanza che nel sesto comma dell'art. 2441 c.c. il medesimo termine (“criteri”) sia esplicitamente associato alla determinazione del prezzo di emissione legittima a credere che il legislatore abbia inteso imporre innanzitutto l'indicazione dei criteri per la fissazione del sovrapprezzo. Inoltre è stato assai efficacemente argomentato che il valore del patrimonio netto e l'andamento delle quotazioni non sono propriamente criteri di valutazione, ma piuttosto vincoli alla fissazione del prezzo di emissione delle azioni.

Queste conclusioni sono coerenti con la conclusione alla quale è pervenuto il Consiglio Notarile di Milano con la Massima n. 101 del 25 novembre 2008, che ha affermato la necessità di prevedere criteri per la determinazione del prezzo di emissione quando, nell'ambito di un'operazione di aumento del capitale, fosse delegato all'organo amministrativo il compito di determinare il prezzo di un aumento di capitale deliberato dall'assemblea.

La fissazione di criteri da applicare al momento dell'effettivo aumento di capitale reca il tema dell'attualità degli stessi criteri alla data dell'aumento di capitale. Per risolvere il tema potrebbe ipotizzarsi la previsione nella delega, in luogo di rigidi criteri, di parametri variabili in funzione delle circostanze esistenti al momento in cui l'aumento sarà deliberato dall'organo amministrativo.

È da segnalare infine che la mancata previsione, nella delibera assembleare di delega, di un criterio per la fissazione del prezzo di emissione dovrebbe essere bilanciata da un'adeguata informativa sul medesimo profilo, fornita dall'organo amministrativo ai soci prima della delibera e dalla facoltà per l'assemblea di revocare la delega qualora l'informativa in questione evidenzi un prezzo incongruo.

Dal sistema di norme che regola il conferimento della delega per l'aumento del capitale una parte della dottrina ha desunto la tendenza del legislatore a rafforzare le tutele dei soci in occasione della delibera di aumento delegato piuttosto che ad equiparare la disciplina delle due delibere (dell'assemblea e degli amministratori), proprio per bilanciare il rischio di lesione delle minoranze derivante dall'avocazione del potere decisionale sugli aumenti di capitale agli amministratori (Giannelli, Aumento di capitale a pagamento in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gianfranco Campobasso diretto da Abbadessa-Portale, 3, Utet Assago, 291).

L'aumento delegato nelle s.r.l.: problematiche generali

La disciplina dell'aumento delegato nella s.r.l. è molto meno puntuale della disciplina dell'aumento delegato nelle s.p.a. L'art. 2481 c.c. si limita a prevedere la possibilità che l'atto costitutivo contempli l'aumento delegato e la necessità di determinare limiti e modalità di esercizio della delega stessa.

La ratio della delega dell'aumento di capitale all'organo amministrativo nelle s.r.l. è ben diversa da quella della delega nelle s.p.a. ed è principalmente fondata sulla flessibilità tipica della s.r.l. nella ripartizione di competenze tra organo amministrativo e soci ed atta a velocizzare il processo decisionale dell'aumento di capitale.

Relativamente alle ulteriori divergenze che si pongono tra la disciplina della s.p.a. e della s.r.l. in tema di delega all'aumento di capitale sociale, si pensi che nelle s.r.l. non viene innanzitutto individuato direttamente nel testo normativo un limite temporale; ciò non esclude comunque che nel caso della delega di aumento di capitale nella società a responsabilità limitata detto limite possa farsi rientrare tra i limiti e le modalità di esercizio e possa pertanto essere imposto a livello di atto costitutivo. La norma, poi, non prevede la possibilità che l'aumento di capitale delegato possa avvenire in una o più soluzioni; la circostanza per cui il legislatore non abbia previsto una formulazione analoga a quella prevista per le s.p.a. induce a ritenere che nella s.r.l. si sia voluta consapevolmente configurare la delega come un'ipotesi unica.

La necessità di determinare “limiti e modalità di esercizio” della delega sembra essere posta quale condizione di validità della stessa (Giannelli, Le operazioni sul capitale nella società a responsabilità limitata in GCo, I, 782; Busi, Aumento del capitale nelle s.p.a e s.r.l., Milano, Egea, 633).

Non mancano tuttavia autori che ritengono limiti e modalità quale contenuto puramente eventuale della delega (Butturini, Clausole statutarie relative ad aumento e riduzione del capitale sociale nella s.r.l. in RS, 855).

Questa tesi si fonda sulla constatazione di principio che, nella s.r.l., la ripartizione delle competenze tra organo amministrativo e soci può essere determinata dagli stessi soci senza particolari vincoli di sostanza. Dal dato testuale sembra tuttavia desumersi la correttezza del primo degli orientamenti dottrinali: qualora il legislatore avesse omesso una simile previsione, infatti, i soci avrebbero ben potuto ugualmente prevedere limiti e modalità e pertanto la previsione risulterebbe pleonastica ove non venga interpretata quale condizione indefettibile. Inoltre, ove il legislatore abbia inteso consentire all'autonomia privata l'apposizione di limiti facoltativi, ha qualificato detti vincoli come tali (art. 2483 c.c.).

Quanto al grado di dettaglio che questo connotato deve avere ai fini dell'art. 2481 c.c., riteniamo di aderire a quell'orientamento secondo il quale la delega dovrà indicare almeno l'importo massimo dell'aumento delegato e la tempistica entro la quale lo stesso debba essere deliberato (Busi, op. cit. 634). L'indicazione di altre tipologie di limiti e modalità dovrebbe invece ritenersi facoltativa anche se, di fatto, indispensabile per il buon esito dell'operazione. Ad esempio, ai fini del buon esito dell'aumento, alla luce dell'art. 2481-bis c.c., sarà opportuno che la delega disciplini anche gli aspetti della collocazione della quota di aumento non sottoscritta dai soci e della scindibilità dell'aumento.

La locuzione “termini e modalità di esercizio” sembra a prima vista non contemplare l'aspetto economico dell'aumento delegato e pertanto dovrebbe ritenersi valida una delega senza fissazione dei criteri di calcolo del prezzo di emissione. A differenza che nella s.p.a., infatti, il legislatore non prevede alcuna fissazione di “criteri” per l'aumento delegato. Ciononostante, alla luce dell'assenza di criteri di calcolo del sovrapprezzo analoghi a quelli delle s.p.a., l'indicazione di criteri di calcolo del prezzo di emissione nell'ambito della delega all'organo amministrativo per aumentare il capitale rappresenta una tutela indispensabile per i soci di minoranza. In assenza, infatti, nella fissazione del prezzo di emissione gli amministratori di s.r.l. godrebbero di quella illimitata discrezionalità di cui godono i soci.

È stato tuttavia sottolineato in dottrina che esiste un limite legale alla discrezionalità degli amministratori nella fissazione del prezzo di emissione ed in particolare che la delega all'aumento di capitale priva di criteri di determinazione del prezzo di emissione non può essere esercitata in modo tale da incidere in maniera rilevante sui diritti dei soci. Una illimitata libertà in capo agli amministratori nel fissare il prezzo delle partecipazioni di nuova sottoscrizione fissando un'eventuale sovrapprezzo, potrebbe giungere a limitare o comunque incidere indirettamente, in maniera rilevante sui diritti dei soci, in eventuale contrasto con il principio desumibile dalla norma di legge che ha riservato alla competenza dei soci la decisione di compiere operazioni che comportano una rilevante modificazione dei loro diritti (art. 2479, secondo comma n. 5, c.c.).

(Segue) la delegabilità dell'aumento di capitale con esclusione del diritto di sottoscrizione

Il principale tema che si pone con riguardo all'aumento di capitale delegato nelle s.r.l. è la possibilità di delegare all'organo amministrativo, insieme all'aumento di capitale, anche l'esclusione del diritto di opzione. Il tema infatti non riceve una espressa disciplina nelle s.r.l. né ci consta sia stato oggetto di pronunce della giurisprudenza. In dottrina si riscontra una prevalenza degli orientamenti positivi su quelli negativi.

Secondo una parte della dottrina, nel silenzio della disciplina, diversi indici interpretativi condurrebbero ad affermare che non sarebbe possibile delegare l'esclusione del diritto di sottoscrizione. A favore di questa tesi milita principalmente la terminologia utilizzata dal legislatore in merito al diritto di recesso concesso al socio dissenziente dall'art. 2481-bis c.c., terminologia che presupporrebbe una delibera assembleare ed escluderebbe implicitamente una delibera consiliare oppure l'impossibilità per gli amministratori di s.r.l. di incidere sugli assetti proprietari salvo il consenso unanime dei soci (Speranzin, Diritto di sottoscrizione e tutela del socio nella S.r.l., Giappichelli, Torino, 110; Galletti, Leveraged buy out ed interessi tutelati: appunti per la ricognizione della fattispecie, in GCo, I, 471).

Secondo un'altra parte della dottrina, l'esclusione del diritto di sottoscrizione nell'ambito di un aumento di capitale delegato non sarebbe ammissibile neanche qualora tale esclusione sia espressamente contemplata dallo statuto, in quanto una simile clausola statutaria sarebbe illegittima. Infatti, i soci rimarrebbero privi di tutela reale nel caso di vizi della delibera consiliare, stante la carenza di legittimazione del soci di s.r.l. ad impugnare le delibere consiliari (Irrera, Sub art. 2475-ter c.c. in Il Nuovo diritto societario a cura di Cottino, Bonfante, Cagnasso e Montalenti, Bologna, 2004 vol 2, pag. 1873; Oliviero, Gli amministratori di s.r.l.. L'autonomia statutaria, Torino, UTET, 141).

Inoltre, a favore di questa tesi, è significativo come in tema di s.p.a. il legislatore abbia espressamente previsto la possibilità di estendere la delega attribuendo agli amministratori il potere di escludere o limitare il diritto di opzione (art. 2443, comma primo c.c.) e al contempo abbia prescritto per il conferimento di une delega siffatta, la medesima maggioranza rafforzata prevista per il caso che l'aumento del capitale sociale con esclusione del diritto di opzione sia deliberato direttamente dall'assemblea (art. 2443, comma secondo c.c.) e previsto ulteriormente l'applicazione, in quanto compatibile, del sesto comma dell'art. 2441 c.c. La mancata previsione di tali cautele nella disciplina della s.r.l. potrebbe significare che il legislatore non abbia inteso consentire in tale modello la delegabilità agli amministratori della facoltà di escludere il diritto di sottoscrizione dei soci.

Alla stessa conclusione, ma attraverso un iter argomentativo diverso, perviene anche un lodo arbitrale secondo il quale “è nulla per assoluta carenza di potere la delibera di aumento del capitale sociale con esclusione (o limitazione) del diritto di sottoscrizione adottata dal consiglio di amministrazione di una s.r.l.” (Lodo arbitrale, 12.5.07 in BBTC, 2011, 3, 462).

Secondo il Collegio, l'art. 2479, comma 1°, n. 5, c.c. dimostrerebbe l'indelegabilità della limitazione ed esclusione del diritto di sottoscrizione. In ragione dell'offerta di quote a terzi si verificherebbe infatti una modifica sostanziale dei diritti dei soci, che compete in via esclusiva a questi ultimi.

Un ulteriore orientamento, invece, ammette al contrario la possibilità per l'organo amministrativo di decidere se escludere il diritto di sottoscrizione anche in assenza di specifica clausola nello statuto (Racugno, Le modificazioni del capitale sociale nella nuova s.r.l. in RS, 821).

Sembra tuttavia recentemente farsi largo in dottrina un orientamento intermedio, favorevole alla delegabilità dell'esclusione del diritto di opzione all'organo amministrativo anche nelle s.r.l. purché tanto la delega quanto la facoltà dell'organo amministrativo ad escludere il diritto di sottoscrizione risultino dallo statuto (Trimarchi, L'aumento del capitale sociale - Collana diretta da Giancarlo Laurini, IPSOA, Milano; Spolidoro, L'aumento di capitale sociale nelle S.r.l. in RDS, 464; Busi, Aumento del capitale nelle s.p.a e s.r.l., Milano, Egea. 646; Awwad, Delega all'esclusione o limitazione del diritto di sottoscrizione di aumento del capitale ed impugnazione di delibere consiliari di s.r.l., BBTC, 2011, 3, 362)

A favore di tale conclusione militano varie ragioni. In primo luogo si sostiene che il diritto di recesso non sarebbe incompatibile con la delega all'aumento in capo all'organo amministrativo ma semplicemente sarebbe esercitabile a seguito della delibera consiliare (invece che della delibera assembleare) e che la decisione di incidere sugli assetti proprietari attraverso l'esclusione del diritto di opzione non sarebbe rimessa agli amministratori ma rimarrebbe di competenza dei soci, i quali l'avrebbero tuttavia delegata consapevolmente agli amministratori.

In secondo luogo, la stessa interpretazione letterale dell'art. 2481 c.c. sembra recare un requisito di validità della clausola di delega all'aumento di capitale, nella misura in cui richiede che in essa siano determinati “i limiti e le modalità di esercizio. Non vi sarebbero argomentazioni contrarie infatti all'inclusione in tale requisito anche della modalità consistente nell'esclusione del diritto di sottoscrizione. È stato osservato a tal riguardo come “secondo il lessico legislativo, l'offerta dell'aumento di capitale a terzi sia proprio una modalità di attuazione dello stesso (Spolidoro, op. cit., 471).

Non può essere peraltro addotta a confutazione di queste argomentazioni l'osservazione che la delega dell'esclusione del diritto di sottoscrizione rappresenti una menomazione dell'interesse fondamentale alla conservazione del valore della propria partecipazione contraria all'intenzione del legislatore che ha voluto tutelare tale interesse del socio attraverso il riconoscimento del diritto di sottoscrizione. È opinione diffusa in dottrina infatti come tale interesse debba essere considerato tutelato soltanto in astratto e non necessariamente in concreto e conseguentemente anche l'aumento delegato senza escludere il diritto di sottoscrizione potrebbe essere idoneo a modificare di fatto i diritti dei soci, con la conseguenza, dal punto di vista dell'art. 2479, comma 1°, n. 5, c.c., che potrebbe non correre alcuna differenza sostanziale fra un'operazione di aumento del capitale con diritto di sottoscrizione e un'operazione di aumento con diritto di sottoscrizione limitato o escluso (Awwad, op. cit., 362).

Quest'ultima argomentazione sembrerebbe in effetti dirimente rispetto alla questione di diritto di fronte alla insussistenza di chiari indici interpretativi contrari alla delega all'organo amministrativo dell'esclusione del diritto di opzione nelle s.r.l..

Tuttavia, la semplice previsione contenuta nell'atto costitutivo di una s.r.l. della possibilità di escludere il diritto di sottoscrizione non può essere combinata con altra eventuale previsione dello stesso atto costitutivo che consente all'organo amministrativo la facoltà di aumentare il capitale sociale.

Conclusioni

Alla luce della preferibile elaborazione dottrinaria, possiamo quindi concludere che la delegabilità dell'aumento di capitale agli amministratori con esclusione del diritto di sottoscrizione nella s.r.l. sarà ammissibile a condizione che l'atto costitutivo o lo statuto prevedano espressamente tanto la facoltà di delega all'aumento di capitale quanto la possibilità che tale delega contempli la facoltà degli amministratori di escludere il diritto di sottoscrizione.

Anche il Consiglio Notarile di Milano ha assunto l'orientamento affermativo ed ha elaborato la seguente massima sull'argomento “è legittima l'attribuzione agli amministratori della facoltà di decidere un aumento del capitale sociale non offerto a tutti i soci in proporzione alle partecipazioni da essi detenute, a fronte di conferimenti sia in denaro sia in natura, purché l'atto costitutivo ne determini, in ossequio allo stesso art. 2481, comma 1 c.c. limiti e modalità di esercizio” (Massima del Consiglio notarile di Milano n. 75 del 22 novembre 2005).

Inoltre, la delega dovrà comunque rispettare il limite posto dall'art. 2479, comma 2, n. 5 c.c. così da rispettare la riserva di competenza dei soci circa le decisioni che possano determinare una rilevante modificazione dei diritti dei soci.

L'”invasività” della delega con esclusione del diritto di sottoscrizione in un tipo sociale fondato sulla centralità del ruolo del socio ed il conseguente rischio per le minoranze, rende ancora più opportuno che nelle s.p.a. l'inserimento in statuto di cautele per i soci, aggiuntive rispetto ai “limiti e modalità di esercizio” della delega previsti dall'art. 2381 c.c. A tal riguardo, lo statuto potrebbe prevedere, ad esempio, clausole volte a porre stringenti presupposti di legittimità dell'esclusione del diritto di sottoscrizione ed informative particolareggiate sulle ragioni e sugli elementi dell'operazione. Nelle deleghe all'aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione alcune clausole statutarie volte a disciplinare la delega assumono una rilevanza superiore che nelle normali deleghe all'aumento di capitale: in particolare, per un'adeguata tutela dei diritti dei soci sembrano imprescindibili clausole statutarie quali quelle che impongono un quorum rafforzato in consiglio di amministrazione per l'esclusione del diritto di sottoscrizione e stringenti criteri per la determinazione del prezzo di emissione delle nuove quote.

Guida all'approfondimento

Busi A. Aumento del capitale nelle s.p.a e s.r.l., Milano, 2013

De Marchi-Santus-Stucchi, Commento sub artt. 2481, 2481-bis, 2481-ter c.c., in Commentario alla riforma delle Società diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 1135 e segg. 2007

Guerrera F.-Rescio G, L'aumento di capitale e la delega, in Commentario alla S.r.l. dedicato a G.B. Portale, Milano, 890, 2011

Salafia V., L'aumento del capitale: deliberazione, vizi e difetti, rimedi, in Soc, 903, 2009

Spolidoro M.S., L'aumento di capitale sociale nelle S.r.l., in RDS, 464, 2008

Speranzin D., Diritto di sottoscrizione e tutela del socio nella S.r.l., Torino, 2012

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