Convocazione dei soci e s.r.l.: due paletti della Cassazione

Guido Romano
10 Ottobre 2016

In tema di società a responsabilità limitata, il potere di convocare l'assemblea, in caso di inerzia dell'organo di gestione, deve riconoscersi, nel silenzio della legge e dell'atto costitutivo, ai soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale, stante, da un lato, il mancato richiamo, nella disciplina di tali società, dell'art. 2367 c.c., dettato per le società per azioni e non applicabile in via analogica, attesa la forte differenza tra i due tipi societari, e, dall'altro, l'inutilizzabilità dell'art. 2487 c.c., in quanto relativo alla nomina e revoca non degli amministratori ma dei liquidatori.
La massima

In tema di società a responsabilità limitata, il potere di convocare l'assemblea, in caso di inerzia dell'organo di gestione, deve riconoscersi, nel silenzio della legge e dell'atto costitutivo, ai soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale, stante, da un lato, il mancato richiamo, nella disciplina di tali società, dell'art. 2367 c.c., dettato per le società per azioni e non applicabile in via analogica, attesa la forte differenza tra i due tipi societari, e, dall'altro, l'inutilizzabilità dell'art. 2487 c.c., in quanto relativo alla nomina e revoca non degli amministratori ma dei liquidatori.

Il caso

L'ex amministratore unico di una società a responsabilità limitata impugna dinanzi al Tribunale di Milano la delibera con cui era stato revocato dalla carica, deducendone l'invalidità per essere stata l'assemblea convocata direttamente dal socio di maggioranza. A seguito della pronuncia di rigetto da parte del giudice di merito, l'attore propone ricorso straordinario per cassazione lamentando la violazione dell'art. 2479 c.c. in relazione alla convocazione dell'assemblea. Nonostante l'inammissibilità del ricorso per essere soggetta la sentenza all'ordinario regime delle impugnazioni, la Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 363, comma 3, c.p.c. - che attribuisce alla Corte, pur nel caso in cui dichiari inammissibile il ricorso, il potere di affermare d'ufficio il principio di diritto se la questione è di particolare importanza - affronta comunque il merito della vicenda ponendo due principi di particolare rilievo in materia di convocazione dell'assemblea nella società a responsabilità limitata. In primo luogo, la Corte stabilisce che la disciplina dettata dall'art. 2367 c.c. con riferimento alle società azionarie non può trovare applicazione, in via analogica, alle società a responsabilità limitata. Quindi, la Corte, inserendosi nel dibattito, dottrinario e giurisprudenziale, in ordine alla possibilità per il socio di procedere direttamente alla convocazione, manifesta adesione all'orientamento, cui si era attenuto il giudice del merito, secondo il quale è legittima la convocazione dell'assemblea di una società a responsabilità limitata direttamente operata, in caso di inerzia dell'organo amministrativo, dal socio titolare di almeno un terzo del capitale sociale.

Le questioni

Prima della riforma del diritto societario del 2003, la disciplina della società a responsabilità limitata in generale e, per quello che qui interessa, quella della convocazione dell'assemblea in particolare, era ricavata sulla falsariga delle disposizioni in materia di società per azioni, mediante la tecnica dei rinvii alla disciplina della seconda.

Una simile tecnica legislativa veniva però abbandonata dalla riforma la quale, per come reso evidente dalla relazione al D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, operava una integrale revisione della società a responsabilità limitata che «cessa di presentarsi come una piccola società per azioni ed abbandona la tradizione del nostro ordinamento che ne faceva risalire il più immediato antecedente storico alla anonima per quote» per divenire, così caratterizzandosi, una società personale che, «pur godendo del beneficio della responsabilità limitata, può essere sottratta alle rigidità di disciplina richieste per la società per azioni». Una simile visione prospettica rispondeva, d'altra parte, ai principi ispiratori contenuti nella L. 3 ottobre 2001, n. 366 (delega al Governo per la riforma del diritto societario) che delegava il Governo a creare, per quanto riguarda la società a responsabilità limitata, un autonomo ed organico complesso di norme, anche suppletive, modellato sul principio della rilevanza centrale del socio e dei rapporti contrattuali tra i soci.

Nella mutata prospettiva, quindi, anche in materia di convocazione dell'assemblea della società a responsabilità limitata, la riforma ha rinunziato ad operare un rinvio alle norme dettate in materia della società azionaria disciplinando la materia in argomento attraverso l'art. 2479-bis c.c.

Come correttamente osservato dalla dottrina (M. Cian, Le decisioni assembleari, in Trattato delle società a responsabilità limitata, a cura di C. Ibba e G. Marasà, vol. IV, Le decisioni dei soci. Le modificazioni dell'atto costitutivo, Padova, 2009, 59), il contenuto normativo del richiamato articolo si presenta estremamente generico e fortemente lacunoso, ma ciò trova una razionale spiegazione nella volontà del legislatore di ampliare in modo significativo gli spazi dell'autonomia statutaria alla quale è lasciata libertà nel definire, nel modo più consono al caso concreto, le tecniche di convocazione dell'assemblea, pur nel perimetro dei principi inderogabili che possono essere enucleati all'interno della normativa in commento.

Per quello che qui interessa, l'art. 2479-bis c.c. prevede le modalità di convocazione dell'assemblea (demandando all'atto costitutivo di determinare i modi di convocazione dell'assemblea dei soci, comunque tali da assicurare la tempestiva informazione sugli argomenti da trattare e prevedendo una disciplina suppletiva secondo la quale, in difetto di previsione statutaria, la convocazione è effettuata mediante lettera raccomandata spedita ai soci almeno otto giorni prima dell'adunanza nel domicilio risultante dal registro delle imprese), ma tace sulla questione dei soggetti legittimati ad attivare il procedimento che conduce alla riunione assembleare.

Con specifico riferimento a tale ultimo aspetto, due sono le questioni, peraltro legate tra loro, che avevano impegnato la dottrina e la giurisprudenza successivamente alla riforma e che sono state entrambe risolte dalla decisione in commento. In particolare, si discuteva, da una parte, sui soggetti legittimati a tale incombente (e, in particolare, se tale legittimazione spettasse in via esclusiva agli amministratori ovvero se fosse attribuita anche ai soci titolari di una determinata aliquota di capitale sociale ovvero ancora a tutti i soci indistintamente) e, dall'altra, sulla possibilità, in caso di inerzia da parte dei soggetti legittimati, di applicazione analogica a tali società dell'art. 2367 c.c. a mente del quale se gli amministratori o i sindaci non provvedono, il tribunale, ove il rifiuto risulti ingiustificato, può ordinare con decreto la convocazione dell'assemblea, designando la persona che deve presiederla.

Le due questioni appaiono intrecciate tra loro in quanto, ad esempio, l'attribuzione diretta del potere di convocare l'assemblea ad ogni singolo socio escluderebbe in radice ogni ragione per riconoscere l'applicabilità analogica dell'art. 2367 c.c. alla società a responsabilità limitata (così, infatti, N. Salanitro, Profili sistematici della società a responsabilità limitata, Milano, 2005,79), mentre, al contrario, la restrizione della legittimazione a convocare l'assemblea ai soli amministratori imporrebbe di andare alla ricerca di sistemi che garantiscano una qualche forma di partecipazione dei soci di minoranza ai processi decisionali.

Entrambe le questioni rimandano, però, ad un problema di fondo, cui è possibile in questa sede soltanto accennare: l'applicabilità analogica delle norme dettate in materia di società azionarie per colmare le lacune esistenti nella disciplina della società a responsabilità limitata.

In linea di massima, pur dovendosi riconoscere che lo spirito della riforma è consistito nel volere separare i due modelli societari creando due archetipi diversi, non è possibile escludere a priori il ricorso al procedimento analogico per colmare una lacuna della disciplina di un tipo sociale attraverso l'applicazione di norme previste per un tipo differente.

Ed infatti, se anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno invitato gli interpreti ad operare con cautela nel trasporre ad un tipo di società norme dettate per un tipo diverso (così, Cass., SS.UU., 14 ottobre 2013, n. 23218 in materia affine a quella oggetto delle presenti considerazione e, precisamente, in tema di termini per la convocazione di assemblea di società a responsabilità limitata), la stessa giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che l'integrazione del diritto, per estensione o per analogia, attiene al rapporto tra le norme e i fatti, piuttosto che al rapporto tra modelli normativi con la conseguenza che il problema dell'applicabilità di una disciplina dettata per un particolare tipo societario ad altra società non può dunque essere risolto con un riferimento ad astratti modelli di società: al contrario, occorre valutare in concreto la conformazione effettiva di ciascuna specifica compagine sociale e verificare in concreto se una determinata società esprima un assetto dei rapporti sociali idoneo a giustificarne l'applicazione (in questo senso, Cass., 7 luglio 2015, n. 14056, in materia di applicazione analogica del regime della postergazione dei finanziamenti soci di cui all'art. 2467 c.c. alla società per azioni: in questo portale, con nota di Papini, Postergazione del finanziamento dei soci e s.p.a. “chiuse”).

In definitiva, ammessa, sul piano sistematico, la possibilità di fare ricorso al procedimento analogico, occorre pur sempre che l'interprete risolva il dubbio se, nel caso sottoposto alla sua attenzione, esista una vera e propria lacuna e non già una ipotesi di mera assenza di norma nel quale ultimo caso egli è tenuto ad individuare la disciplina “inespressa” all'interno dello stesso tipo societario di cui si tratta.

Una premessa. La convocazione da parte degli amministratori

Come già evidenziato, l'art. 2479-bis c.c. non indica i soggetti legittimati a convocare l'assemblea.

Ovviamente, non può revocarsi in dubbio la legittimazione dell'organo amministrativo in quanto la convocazione costituisce un potere immanente nella stessa funzione gestoria. Si può, però, discutere se, in caso di amministrazione affidata a più persone e sempre in difetto di previsione statutaria apposita, la legittimazione spetti ai singoli amministratori ovvero agli amministratori congiuntamente e come frutto di una deliberazione collegiale.

Il primo orientamento si fonda sulla base della lettera della norma di cui all'art. 2479 c.c. ove la facoltà di sollecitare la decisione dei soci su un determinato argomento viene espressamente riconosciuta a «uno o più amministratori» (così, G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, in Il codice civile commentato, fondato da P. Schlesinger e continuato da F.D. Busnelli, Milano, 2010, 1315; P.M. Sanfilippo, Art. 2479-bis, in Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, Delle società. Dell'azienda. Della concorrenza, a cura di D. Santosuosso, Milano, 2015, 803, che precisa che il potere di convocazione può essere esercitato dal singolo amministratore nonostante l'inerzia o il diverso avviso della maggioranza degli altri amministratori; A. Mirone, Le decisioni dei soci nella s.r.l.: profili procedimentali, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, 3, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, Torino, 2007, 490; in giurisprudenza, Trib. Milano, 12 marzo 2007, in Soc., 2008, 1149; Trib. Milano, 18 gennaio 2007; Trib. Milano, 14 gennaio 2005).

L'orientamento che, invece, riserva all'organo amministrativo nel suo complesso il potere di convocare l'assemblea si fonda sul rilievo che l'art. 2487, comma 2, c.c. - dettato in tema di scioglimento e liquidazione delle società di capitali e quindi applicabile anche alla società a responsabilità limitata - attribuisce a ciascun amministratore, in caso d'inerzia del consiglio, il mero potere d'invocare l'intervento vicario del tribunale. Una lettura sistematica della norma, secondo una simile impostazione, porterebbe ad escludere la legittimazione del singolo amministratore a convocare l'assemblea (in questo senso C. Pecoraro, Richiesta di convocazione dell'assemblea e tutela dei soci nella s.r.l., in Giur. comm., 2006, II, 646; Trib. Latina, 22 giugno 2004, in un caso, però, in cui l'atto costitutivo demandava il potere di convocazione all'«organo amministrativo»; Trib. Milano, 30 marzo 2009; Trib. Milano, 19 dicembre 2008).

La partecipazione dei soci al procedimento di convocazione dell'assemblea. L'applicazione analogica alla società a responsabilità limitata dell'art. 2367 c.c.

Chiarita la legittimazione degli amministratori, la dottrina e la giurisprudenza si sono interrogate sulla possibilità di partecipazione dei soci alla fase di avvio del procedimento di convocazione dell'assemblea.

Alla ricerca di meccanismi che consentano di offrire, a fronte dell'ostruzionismo degli amministratori - in particolare ove essi siano espressione del socio maggioritario - una tutela al socio di minoranza, il pensiero è subito corso subito alla possibile applicazione (analogica) dell'art. 2367 c.c. Il mancato richiamo o la mancata ripetizione della disciplina di cui all'art. 2367 c.c. costituirebbe, in questa prospettiva, una vera e propria lacuna che giustificherebbe l'applicazione analogica della norma (in questo senso, C. Pecoraro, Richiesta di convocazione dell'assemblea e tutela dei soci nella s.r.l., cit., 647; M. Cian, Le decisioni assembleari, cit., 61; in giurisprudenza, App. Napoli, 20 maggio 2005; Trib. Brescia, 8 marzo 2005, in Giur. comm., 2006, II, 328 con nota adesiva di F. Di Girolamo, Brevi osservazioni sull'applicabilità dell'art. 2367 c.c. alle società a responsabilità limitata; Trib. Verona, 20 luglio 2004).

In senso contrario, si è però osservato – e la sentenza in commento lo conferma – che la disciplina della convocazione dell'assemblea non presenta alcuna lacuna normativa da colmare attraverso il ricorso al procedimento analogico, in quanto il legislatore ha inteso, sul punto, predisporre una disciplina autonoma ed autosufficiente costruita sulla base del principio della centralità del socio e della partecipazione di questi ai processi decisionali. D'altra parte, come già osservato, le Sezioni Unite avevano dubitato della possibilità di fare ricorso, in tema di procedimento di convocazione dell'assemblea di società a responsabilità limitata, al procedimento analogico, reso impraticabile sia dalla diversità tipologica esistente tra le società sia (e soprattutto) dal rilievo che, nella disciplina legale della convocazione di assemblea della società a responsabilità limitata, non è invero riscontrabile alcuna lacuna normativa eventualmente da colmare con il metodo analogico (così, Cass., SS.UU., 14 ottobre 2013, n. 23218, cit.).

D'altra parte, l'impossibilità di fare ricorso all'applicazione analogica dell'art. 2367 c.c. è stata argomentata anche sulla base del carattere eccezionale della norma (in giurisprudenza, App. Lecce, 23 giugno 2005, in Foro it., 2006, I, 1549; Trib. Roma, 30 novembre 2004, in Vita not., 2005, 1, 314).

Sotto un ultimo profilo, è stato osservato che predicare l'applicabilità analogica dell'art. 2367 c.c. alla società a responsabilità limitata comporterebbe l'applicabilità, a questo tipo di società, di una disciplina più gravosa e penalizzante per il singolo socio rispetto alla disciplina della società azionaria. Infatti, integrando la disciplina con l'applicazione dell'art. 2367 c.c. si finirebbe per ammettere un significativo innalzamento della soglia soggettiva, dal momento che sarebbero legittimati a ricorrere al tribunale i soci titolari di un terzo del capitale sociale e non già quelli titolari di un decimo come avviene per le società per azioni (N. Iezzi, Ritualità di convocazione, invalidità delle decisioni ed altre vicende “assembleari” nella S.r.l., nota a Trib. Milano, 27 giugno 2014, in Giur. comm., 2016, 175, 180, la quale osserva che si tratterebbe di un risultato paradossale, dal momento che l'esigenza di una interpretazione analogica sorge dalla necessità di sanare una sperequazione).

La apparente lacuna contenuta nell'art. 2479-bis c.c. può essere colmata attraverso una autointegrazione delle norme che disciplinano questa fase del procedimento assembleare all'interno della società a responsabilità limitata. E tale autointegrazione passa attraverso la valorizzazione del ruolo centrale assunto dai soci all'interno di tale tipo societario a seguito della riforma del diritto societario, valorizzazione che si evidenzia tanto dalla possibilità, prevista dal precedente art. 2479 c.c. in favore dei soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale, di sottoporre all'approvazione dei soci taluni argomenti quanto dai penetranti poteri di controllo di cui godono i soci in tale modello societario.

In questo senso si è orientata la giurisprudenza di merito secondo la quale non sussiste, nella società a responsabilità limitata, la possibilità di convocare l'assemblea con provvedimento del tribunale e su richiesta della minoranza, essendo stato soppresso ogni richiamo alla corrispondente disciplina in materia di società azionaria né potendosi ricorrere all'analogia in mancanza di un vuoto normativo (Trib. Milano, 10 novembre 2014, in www.giurisprudenzadelleimprese.it; Trib. Milano, 7 maggio 2012, che ha ritenuto l'art. 2367 estraneo al sistema della società a responsabilità limitata, sottolineando che il suo richiamo «finirebbe per svalutare l'abrogazione del precedente art. 2486 c.c.»; Trib. Novara, 21 aprile 2009, in Giur. comm., 2010, 861 con nota di E. Timpano, Un nuovo dilemma per la S.r.l.: convocazione dell'assemblea ope iudicis o ad opera di una minoranza qualificata di soci?; App. Lecce, 23 giugno 2005).

La convocazione dell'assemblea da parte del socio titolare di un terzo del capitale sociale

Esclusa l'applicabilità analogica dell'art. 2367 c.c. alle società a responsabilità limitata e considerato che tale esclusione potrebbe condurre ad una paralisi della vita societaria ove la richiesta di convocazione da parte di una determinata aliquota del capitale sociale (si pensi al caso delle società pariteticamente partecipate) incontrasse l'inerzia ostruzionistica dell'amministratore, la S.C. è andata alla ricerca di un «meccanismo alternativo» - fondato sull'autointegrazione della disciplina del tipo societario - che possa rappresentare un giusto contemperamento degli interessi. E tale meccanismo viene ad essere correttamente individuato nel riconoscere il potere di convocare l'assemblea al socio che sia titolare di un terzo del capitale sociale.

La soluzione della giurisprudenza di legittimità scioglie così, in maniera condivisibile, i problemi interpretativi causati dal silenzio del codice, problemi interpretativi che, in passato, avevano dato vita a tre distinti orientamenti. Rimasta isolata la tesi più restrittiva che attribuiva la possibilità di convocare l'assemblea esclusivamente all'organo gestorio (in questo senso, G. Guizzi, Le decisioni dei soci: profili tipologici, in Riv. dir. comm., 2004, 1009 ss.), secondo altro orientamento dottrinario (in questo senso, R. Rordorf, Decisioni dei soci di s.r.l.: competenza e modi del decidere, in Soc., 2006, 1204, così, anche N. Salanitro, Profili sistematici della società a responsabilità limitata, cit., 78), la legittimazione a convocare l'assemblea spetterebbe a ciascun socio, indipendentemente dalla sua partecipazione al capitale della società. Non osterebbe, infatti, ad una simile conclusione il richiamo contenuto nel primo comma dell'art. 2479 c.c. che attribuisce soltanto ai soci titolari di almeno un terzo del capitale sociale il potere di provocare decisioni su materie non indicate nell'atto costitutivo, poiché tale disposizione sarebbe volta più a definire l'ambito di competenza dell'organo decidente che non ad individuare a chi competa dare impulso al procedimento di decisione.

In senso contrario, si è però osservato che il legislatore, quando ha inteso attribuire un particolare potere individuale al singolo socio, lo ha fatto in modo espresso con la conseguenza che il silenzio in punto di legittimazione a convocare l'assemblea appare significativo (così, P.M. Sanfilippo, Art. 2479 bis, cit., 802, che cita gli esempi degli artt. 2373, 2476, commi 2, 3 e 6, 2479, comma 5, 2479-ter e 2481-bis).

Scartata anche l'idea di una legittimazione «diffusa» ad intraprendere l'iniziativa per la convocazione, non resta che ricercare la soluzione nel primo comma dell'art. 2479 e, quindi, nell'attribuzione della legittimazione al socio titolare di un terzo del capitale sociale. D'altra parte, come evidenziato dalla dottrina già prima della sentenza in commento, la soluzione individuata costituisce il felice compromesso tra la centralità del socio nella società a responsabilità limitata e la perdurante, anche dopo la riforma, riconduzione di tale tipo di società all'alveo delle società capitalistiche ove sono maggiormente avvertite le esigenze di funzionalità dell'organizzazione corporativa (P.M. Sanfilippo, Art. 2479-bis, cit., 802).

E il richiamo all'art. 2479 c.c. è idoneo a sciogliere anche un ulteriore dubbio: la norma è, infatti, chiara nel prevedere che i soci titolari di un terzo del capitale sociale possano «sottoporre» l'argomento alla decisione dei soci e non solo «richiedere» che ciò avvenga (così, A. Mirone, Le decisioni dei soci nella s.r.l.: profili procedimentali, cit., 494). Infatti, se tale potere di sottoposizione diretta è previsto per la materie non rimesse dalla legge o dall'atto costitutivo alla competenza dei soci, esso deve essere riconosciuto a fortiori per queste ultime, sicché è corretto ritenere che, pur con formulazione tecnicamente discutibile, la legge abbia inteso proprio stabilire una regola generale di legittimazione attiva per le decisioni dei soci. In altre parole, l'attribuzione, di cui all'art. 2479 c.c., ai soci di società a responsabilità limitata, rappresentanti un terzo del capitale sociale, di sottoporre argomenti alla discussione dell'assemblea dei soci, comporta altresì, per via estensiva, il potere di convocazione diretta dell'assemblea su quegli stessi argomenti (A. Mirone, Le decisioni dei soci nella s.r.l.: profili procedimentali, cit., 494; Trib. Milano, 27 giugno 2014, in Giur. comm., 2016, 175 con nota di N. Iezzi, Ritualità di convocazione, invalidità delle decisioni ed altre vicende “assembleari” nella S.r.l., cit.; Trib. Milano, 12 marzo 2013, in Soc., 2013, 791; Trib. Milano, 27 giugno 2014, in Foro it., 2014, I, 3315; Trib. Novara, 21 aprile 2009, in Giur. comm., 2010, II, 861).

Occorre ora domandarsi se l'autonomia statutaria possa escludere in radice la legittimazione dei soci e concentrare il potere di convocazione dell'assemblea nelle mani degli amministratori così accentuando il profilo capitalistico della società. Mentre una parte della dottrina è su posizioni favorevoli (in particolare, P.M. Sanfilippo, Art. 2479-bis, cit., 806), la giurisprudenza di merito ha precisato che il potere dei soci qualificati di convocare l'assemblea sussiste anche nel caso in cui lo statuto ne demanda la convocazione al solo organo gestorio, tenuto conto che la disposizione di cui all'art. 2479, comma 1, c.c. costituisce regola di garanzia inderogabile, e che il rinvio ivi previsto all'atto costitutivo per la disciplina dei “modi di convocazione dell'assemblea” appare piuttosto riferibile alle sole modalità di convocazione in senso stretto, in quanto destinate ad assicurare la tempestiva comunicazione degli argomenti da trattare (mezzo di comunicazione, termini, ecc.), come denotato dalla disciplina contenuta nella seconda parte dello stesso primo comma, che regola appunto tali strette modalità per l'ipotesi di silenzio dell'atto costitutivo (Trib. Milano, 10 novembre 2014, in www.giurisprudenzadelleimprese.it che richiama, in termini, Trib. Milano 11 novembre 2013).

L'orientamento della giurisprudenza di merito appare meritevole di seguito anche in ragione della esclusione della possibilità, per il socio di minoranza, di ricorrere al tribunale perché disponga la convocazione: infatti, ove lo statuto riservasse il potere di convocazione dell'assemblea all'organo gestorio, il socio di minoranza qualificata non avrebbe alcuno strumento di tutela a fronte dell'inerzia o dell'ostruzionismo dell'amministratore (spesso di diretta espressione del socio di maggioranza).

I limiti all'esercizio del potere dei soci di convocare l'assemblea

Se i soci titolari di un terzo del capitale sociale sono, dunque, legittimati a procedere alla convocazione diretta dell'assemblea, tale legittimazione non può, tuttavia, dirsi esente da limiti.

Anche in tale direzione, seppure con formula assai stringata, la sentenza in commento traccia la via. Infatti, la Suprema Corte ha cura di specificare che il riconoscimento del potere di convocazione dell'assemblea da parte del socio titolare di un terzo del capitale sociale si riferisce al «caso di inerzia dell'organo di gestione». Conseguentemente, il potere del socio (o dei soci) non è un potere libero, ma condizionato che trova il proprio presupposto legittimante nella inerzia degli amministratori.

Nella giurisprudenza di merito, si è talvolta evidenziato che il potere del socio di convocare in via diretta l'assemblea, in quanto connaturato allo stesso status di socio, sarebbe concorrente e sussidiario a quello dell'organo amministrativo (Trib. Milano, 10 novembre 2014, in www.giurisprudenzadelleimprese.it; Trib. Milano, 12 marzo 2013, cit.). La conclusione non sembra del tutto esatta ove per potere concorrente si intenda che il suo esercizio possa effettivamente prescindere tanto da una preventiva richiesta avanzata dal socio legittimato all'amministratore quanto dall'effettivo comportamento omissivo di quest'ultimo. Al contrario, ciò che legittima il socio ad attivare il proprio potere (connaturato, questo sì, al suo status) di procedere direttamente alla convocazione dell'assemblea è, comunque, l'inerzia dell'amministratore e la valutazione dell'inerzia presuppone, a sua volta, che il socio abbia sollecitato l'esercizio del relativo compito all'organo gestorio.

D'altra parte, appare del tutto evidente come immaginare l'effettiva concorrenza dei poteri tra soci ed amministratori porterebbe alla paralisi della vita societaria in quanto aprirebbe la strada alla possibilità di svolgimento di assemblee sostanzialmente “parallele” con grave nocumento per l'ordinato svolgersi dei processi decisionali della società.

La conclusione, accolta dalla sentenza in commento che restringe l'operatività del potere del socio subordinandone l'esercizio alla inerzia dell'organo gestorio, è, dunque, da condividere dovendosi certamente escludere che il socio possa avvalersi del potere in argomento in contrasto con la legittima attività dell'amministratore. Per converso, una volta che il socio abbia convocato, a seguito del comportamento omissivo dell'organo gestorio, l'assemblea, gli amministratori non potranno procedere a revocare la convocazione medesima.

Ciò merita, però, una ulteriore precisazione. Al caso di inerzia dell'amministratore deve equipararsi l'ipotesi di uso non confacente agli interessi della società e del socio richiedente. In particolare, ove, a fronte della richiesta del socio, l'amministratore abbia sì convocato l'assemblea, ma ad una data significativamente lontana nel tempo e ciò non risulti razionalmente spiegabile con le esigenze della società, deve ritenersi che sia legittima la convocazione diretta da parte del socio ad una data più ravvicinata. Parimenti, si può immaginare un intervento diretto del socio titolare di almeno un terzo del capitale sociale sull'ordine del giorno, qualora l'amministratore non abbia inserito uno o più argomenti indicati nella legittima richiesta del socio.

Un ulteriore limite al potere del socio deve essere rinvenuto nell'ultimo comma dell'art. 2475 c.c. che demanda «in ogni caso» alla competenza dell'organo amministrativo la redazione del bilancio e dei progetti di fusione o scissione. In tali casi, infatti, la convocazione diretta dell'assemblea da parte del socio appare razionalmente inconciliabile con la riserva, in capo agli amministratori, della proposta sulla quale l'assemblea dovrebbe deliberare con la conseguenza che la convocazione da parte del socio non sarebbe comunque idonea a porre rimedio all'inerzia dell'amministratore in punto (non già di convocazione dell'assemblea, ma) di predisposizione della proposta.

Conclusioni

Alla luce di quanto esposto, le soluzioni prospettate dalla Suprema corte appaiono pienamente condivisibili in quanto esse costituiscono il portato della nuova concezione della società a responsabilità limitata come tipo distinto dalla società azionaria dalla quale, pur condividendone l'impronta capitalistica, se ne distingue per la più marcata rilevanza dell'aspetto personalistico. In tale tipo societario, dunque, deve essere riconosciuta ai soci titolari di una determinata aliquota del capitale sociale la possibilità di partecipare, in modo attivo, ai processi decisionali della società e, in caso di inerzia degli amministratori, di procedere direttamente, fissando altresì il relativo ordine del giorno, alla convocazione dell'assemblea.

Guida all'approfondimento

M. Cian, Le decisioni assembleari, in Trattato delle società a responsabilità limitata, a cura di C. Ibba e G. Marasà, vol. IV, Le decisioni dei soci. Le modificazioni dell'atto costitutivo, Padova, 2009;

A. Mirone, Le decisioni dei soci nella s.r.l.: profili procedimentali, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, 3, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, Torino, 2007;

G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, in Il codice civile commentato, fondato da P. Schlesinger e continuato da F.D. Busnelli, Milano, 2010;

P.M. Sanfilippo, Art. 2479 bis, in Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, Delle società. Dell'azienda. Della concorrenza, a cura di D. Santosuosso, Milano, 2015;

E. Timpano, Un nuovo dilemma per la S.r.l.: convocazione dell'assemblea ope iudicis o ad opera di una minoranza qualificata di soci? Nota a Trib. Novara, 21 aprile 2009, in Giur. comm., 2010, 861;

N. Iezzi, Ritualità di convocazione, invalidità delle decisioni ed altre vicende “assembleari” nella S.r.l., nota a Trib. Milano, 27 giugno 2014, in Giur. comm., 2016, 175;

R. Rordorf, Decisioni dei soci di s.r.l.: competenza e modi del decidere, in Soc., 2006, 1204.

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