La divulgazione della raccomandazione in materia di investimenti

Francesco Rubino
09 Settembre 2016

Costituisce informazione privilegiata, ai sensi dell'art. 181 T.U.F., l'informazione di carattere preciso circa l'imminente pubblicazione, da parte di un'autorevole azienda di servizi finanziari, di una raccomandazione in materia di investimenti (initial coverage) relativa a società quotata sul mercato azionario, trattandosi di notizia idonea ad influire sui prezzi dei titoli.
Massima

Costituisce informazione privilegiata, ai sensi dell'art. 181 T.U.F., l'informazione di carattere preciso circa l'imminente pubblicazione, da parte di un'autorevole azienda di servizi finanziari, di una raccomandazione in materia di investimenti (initial coverage) relativa a società quotata sul mercato azionario, trattandosi di notizia idonea ad influire sui prezzi dei titoli.

Il caso

D.E., un responsabile gestore di back up presso la Antonveneta ABN AMRO SGR era stato ritenuto dalla CONSOB responsabile dell'illecito di cui all'art. 187-bis, comma 4, T.U.F., per avere effettuato l'acquisto di un pacchetto di azioni di Banca Italease utilizzando l'informazione (da lui conosciuta o conoscibile come) privilegiata, trasmessa da un salesperson della filiale di Citigroup) ad altro responsabile di linee di gestione patrimoniale di ABN AMRO, e da quest'ultimo girata a soggetto terzo, relativa all'imminente pubblicazione da parte di Citigroup di una ricerca (initiation of coverage) dell' analista finanziario sulla Banca Italease, contenente una raccomandazione buy e un target price significativamente superiore al prezzo di mercato. Tale informazione, secondo la ricostruzione effettuata dalla CONSOB, avrebbe consentito di prevedere un rialzo dei prezzi dei titoli Italease e di lucrare sulla differenza tra il prezzo di acquisto e quello della successiva rivendita. Per tale ragione a D.E. era stata inflitta la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 250.000,00 (oltre alla sanzione amministrativa accessoria prevista dall'art. 187-quater, comma 1, D.Lgs. n. 58 del 1998).

Questi, dunque, aveva presentato opposizione ex art. 187-septies D.Lgs. n. 58 del 1998; tuttavia la Corte d'Appello aveva condiviso le considerazioni svolte nella delibera della CONSOB (n. 16987/09), rigettando pertanto la predetta opposizione.

Avverso tale sentenza, il D.E. è ricorso in Cassazione contro la CONSOB lamentando l'erronea attribuzione da parte della Corte Territoriale dello status di informazione privilegiata alla notizia riguardante la futura pubblicazione di uno studio, ritenendo tale fatto non idoneo ad alterare i prezzi di mercato.

Le questioni giuridiche

L'abuso di informazione privilegiata

Il quadro normativo - La disciplina dell'abuso d'informazione privilegiata nasce con la L. n. 157/91 orientandosi inizialmente intorno al divieto assoluto di operare nel momento in cui si entra in possesso di un'informazione privilegiata (c.d “disclose or abstain rule”). Tale regola di condotta viene superata con il D.Lgs n. 58/98 (T.U.F.), che ha modellato un sistema incentrato sullo sfruttamento dell'informazione, che ha consentito di superare la presunzione legale di uso illecito della notizia da parte del suo possessore.

Il recepimento della Direttiva Comunitaria 2003/6/CE sul market abuse (L. n. 62 del 18 aprile 2005 – Legge comunitaria 2004) ha fornito un importante contributo alla disciplina dell'abuso di informazioni privilegiate, ridefinendo i confini della fattispecie con l'inserimento degli artt. 181 e 184 T.U.F. Da ultimo, i più recenti interventi normativi Regolamento UE n. 596/2014 c.d. “MAR”, e la nuova Direttiva (in fase di recepimento da parte degli Stati membri) 2014/57/UE c.d, “MAD II” prevedono interventi dispositivi in tema di definizioni dei reati relativi agli abusi di mercato. In particolare, la nuova Direttiva 2014/57/UE in materia penale si orienta verso un irrobustimento della sanzione penale rispetto a quella amministrativa, ritenuta non sempre idonea a garantire il rispetto delle norme volte a contrastare gli abusi di mercato. A questo proposito, si veda il Considerando (5): “L'adozione di sanzioni amministrative da parte degli Stati membri si è rivelata finora insufficiente a garantire il rispetto delle norme intese a prevenire gli abusi di mercato”.

L'interesse tutelato – La natura ed il ruolo dell'informazione privilegiata ha inciso profondamente nel dibattito, soprattutto in ambito penalistico, sull'interesse tutelato dalla disciplina dell'abuso di informazioni privilegiate. È argomento diffuso (anche in ragione di quanto emerge dalla Direttiva 2003/06/CE) che la reazione sanzionatoria, sia amministrativa che penale, possa dirsi giustificata in quanto posta a tutela del mercato, inteso come contesto pubblico di interesse collettivo(S. GIAVAZZI, L'abuso di informazioni privilegiate, in Diritto penale delle società, 2016, 645). Vi sono stati anche autorevoli tentativi di sostenere una visione della tutela normativa che esaltasse il ruolo dell'informazione societaria, incentrata sulla par condicio informativa (c.d. market egalitarianism) o sulla trasparenza dell'informazione societaria.

La tesi favorevole alla tutela della trasparenza dell'informazione societaria sembra tuttavia ridurre l'ampiezza della categoria delle informazioni privilegiate, sulla base dell'erroneo convincimento della perfetta coincidenza tra la disciplina dell'abuso delle informazioni privilegiate e quella degli obblighi d'informazione al mercato a carico degli emittenti. Vi sono diversi esempi contrastanti (p.e. insider temporanei) cui è estesa la sanzione pur non avendo un obbligo di disclosure verso il mercato. Tale prospettiva condurrebbe, secondo taluni autori, ad una visione utopistica, se non dannosa, di una eliminazione di qualunque disparità di accesso al mercato che, al contrario, si ritiene non solo fisiologica, ma talvolta assolutamente legittima, perché basata su abilità personali e specifiche o su ricerche ed analisi degli operatori del mercato (così, S. GIAVAZZI, op. cit. 645).

Va notato, d'altra parte, che anche in ossequio ad un determinato orientamento della Corte di Giustizia UE (tra cui: CGUE, Sez. III, 23.12.2009, Causa C-45/08) si rinvengono nel pacchetto di riforma sopra richiamato numerosi elementi che deporrebbero per il ritorno al c.d, market egalitarianism quale principio che ne fonda la tutela. Nel Regolamento UE n. 596/2014 (MAR) si afferma infatti che “La caratteristica essenziale dell'abuso di informazioni privilegiate consiste nell'ottenere indebitamente, mediante informazioni privilegiate, un vantaggio a scapito di terzi che non sono a conoscenza di tali informazioni, mettendo così a repentaglio l'integrità dei mercati finanziari e la fiducia degli investitori” ricercando in tal modo la garanzia di una parità informativa (Considerando 34) “La questione di sapere se una persona abbia violato il divieto di abuso di informazioni privilegiate […] dovrebbe essere analizzata alla luce delle finalità del presente regolamento […] che gli investitori siano posti su un piano di parità e tutelati dall'abuso di informazioni privilegiate”.

È opportuno rilevare altresì che la MAD II propone gli elementi di profitto, impatto sul mercato e danno come elementi che qualificano l'abuso d'informazioni privilegiate come grave e quindi meritevole di censura penale (cfr. Considerando 11: “Ai fini della presente direttiva, l'abuso di informazioni privilegiate e la comunicazione illecita di informazioni privilegiate dovrebbero essere considerati gravi in casi come quelli in cui è di livello elevato l'impatto sull'integrità del mercato, il profitto effettivo o potenziale ovvero la perdita evitata, la misura del danno cagionato al mercato ovvero il valore complessivo degli strumenti finanziari negoziati […]”).

Vi è quindi un marcato orientamento volto a predisporre un modello di graduazione della pena, al cui vertice più alto si individua la (sola) sanzione penale come risposta adeguata (sembra seguire la prospettiva di graduazione della risposta sanzionatoria anche la legge di recepimento al cui art. 11, comma 1 lett. i) ed m) L. n. 114/2014 - Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione Europea).

l'informazione privilegiata: generi, requisiti ed individuazione

I generi di informazioni privilegiate – Elemento cardine dell'illecito abuso, le informazioni privilegiate possono dividersi in due categorie:

a) le corporate information, relative all'emittente da cui promanano le informazioni privilegiate (per quanto concerne le corporate information si rimanda, a titolo esemplificativo, all'elenco fornito dal CESR (Committee of European Securities regulators), Market Abuse Directivelevel 3 – second set of CESR guidance and information on the common operation of the Directive to the market);

b) le market information (in favore dell'inclusione delle market information all'interno del novero delle informazioni privilegiate depone la Direttiva 2003/06/CE ed il doc. CESR richiamato supra) riferibili al mercato od agli strumenti finanziari (E Amati, Abusi di mercato e sistema penale, in Itinerari di diritto penale, cit., 82, T. Padovani, Leggi penali complementari, 2003, 2532). Si tratta, per queste ultime, di notizie che hanno origine fuori dall'emittente e che hanno ad oggetto fatti o eventi di natura economica o finanziaria e che possono produrre effetti – anche indiretti – sugli emittenti o, in generale, su uno o più strumenti finanziari (così, S. GIAVAZZI, op. cit. 656).

Un'ulteriore distinzione, certamente utile per la difficile individuazione della soglia dell'abuso, è rappresentata dalle hard, soft e very soft information, a seconda che le informazioni riguardino, rispettivamente, eventi già realizzati, previsioni che possono ragionevolmente realizzarsi o semplici probabilità (cfr., a questo proposito, S. SEMINARA, La tutela penale del mercato finanziario, in AA.VV., Manuale di diritto penale dell'impresa, Bologna, 2000, 627). Sono solitamente ricomprese in questa ultima categoria i c.d. rumor secondo cui a norma della comunicazione Consob DME/6027054 del 28.3.2006 non presentano un obbligo di disclosure sulla base dell'idoneità ex ante della notizia ad influenzare sensibilmente il prezzo dei titoli, bensì a seguito di un'alterazione del prezzo da valutarsi ex post.

I requisiti dell'informazione privilegiata – La nozione di informazione privilegiata è contenuta all'interno dell'art. 181 T.U.F., il quale offre una definizione dettagliata dei singoli requisiti che devono ricorrere affinché un'informazione possa essere qualificata come privilegiata: un carattere preciso, non ancora offerta alla pubblica conoscenza e price sensitivity, ossia idonea ad influire in modo sensibile sui prezzi degli strumenti finanziari cui si riferisce.

Tale definizione rimane sostanzialmente inalterata nel MAR (cui il MAD II rimanda) eccezion fatta per l'estensione dell'oggetto su cui la notizia può ricadere e per la formulazione della price sensitivity, che abbandona il concetto di “alterazione sensibile” per approdare a quello di “effetto significativo sul prezzo degli strumenti finanziari”. Quanto all'oggetto, il MAR (art. 7 lett. b) specifica che “in relazione agli strumenti derivati su merci, un'informazione avente un carattere preciso, che non è stata comunicata al pubblico, concernente, direttamente o indirettamente, uno o più di tali strumenti derivati o concernente direttamente il contratto a pronti su merci collegato, e che, se comunicata al pubblico, potrebbe avere un effetto significativo sui prezzi di tali strumenti derivati o sui contratti a pronti su merci collegati e qualora si tratti di un'informazione che si possa ragionevolmente attendere sia comunicata o che debba essere obbligatoriamente comunicata conformemente alle disposizioni legislative o regolamentari dell'Unione o nazionali, alle regole di mercato, ai contratti, alle prassi o alle consuetudini, convenzionali sui pertinenti mercati degli strumenti derivati su merci o a pronti”.

Per quanto più d'interesse in questa sede, l'informazione può anche non basarsi – come più generalmente avviene – su fatti o circostanze storiche, ma su previsioni e valutazioni quali studi, ricerche, analisi o statistiche di settore. In via di principio tali circostanze non dovrebbero essere motivo di censura in quanto frutto elementi valutativi che traggono origine da analisi o previsioni soggettive concernenti l'andamento di uno strumento finanziario o un settore del mercato regolamentato. Non pare legittima, infatti, la sanzione motivata da una superiore capacità di valutazione che consente di (meglio) prevedere l'andamento di uno strumento finanziario quando, nondimeno, i dati tratti per l'indagine siano già noti al mercato(Direttiva 2003/06, Considerando 31, secondo cui “Non si dovrebbero considerare informazioni privilegiate le ricerche e le valutazioni elaborate a partire da dati di dominio pubblico e, pertanto, qualsiasi operazione effettuata in base a tale tipo di ricerca o valutazione non dovrebbe essere considerata di per sé utilizzazione di informazioni privilegiate ai sensi della presente direttiva”).

Se le valutazioni, al contrario, attengono a fatti/circostanze ignoti al pubblico sembra più immediato poterle considerare insider information. Tale prospettiva emerge sia da autorevoli considerazioni della dottrina (Sgubbi, Il problema del risparmio come oggetto di tutela penale, in Foro it., 2004, V, 138) che dall'elenco esemplificativo delle market information elaborato dal CESR (Committee of European Securities regulators), Market Abuse Directive – level 3 – second set of CESR guidance and information on the common operation of the Directive to the market, il quale inserisce le ricerche, le raccomandazioni e le valutazioni sul valore di strumenti finanziari in via di pubblicazione (cfr., inoltre, Comunicazione DME Consob, cit. punti 53 ss.). A questo proposito, si evidenzia che il MAR, nel ribadire il principio secondo cui “Non dovrebbero essere considerate informazioni privilegiate le ricerche e le valutazioni basate su dati di dominio pubblico e il semplice fatto che un'operazione sia effettuata in base a tale tipo di ricerca o valutazione non dovrebbe pertanto essere considerata un'utilizzazione di informazioni privilegiate” illustra, d'altra parte che “Tuttavia, ad esempio, quando il mercato si aspetta che, di regola, l'informazione sia pubblicata o distribuita e quando tale pubblicazione contribuisce alla formazione del prezzo di strumenti finanziari o l'informazione fornisce opinioni di un commentatore o di un'istituzione di mercato riconosciuti, che possono influire sui prezzi di strumenti finanziari collegati, le informazioni possono costituire informazioni privilegiate. Pertanto, per determinare se negozierebbero sulla base di informazioni privilegiate, i partecipanti al mercato devono considerare in quale misura l'informazione sia non pubblica e quale potrebbe essere l'effetto sugli strumenti finanziari di compravendite effettuate sulla base di tale informazione prima che essa sia resa pubblica o comunicata” (considerando 28).

Dunque, nessuna determinazione della notizia può condurre “in via automatica” a considerare le informazioni come privilegiate e, se utilizzate indebitamente, come abuso. Rimane dirimente l'analisi e la valutazione del caso concreto da parte dell'operatore giuridico, che deve individuare la sussistenza dei caratteri dell'informazione ricostruendo, in particolar modo, l'apprensione e la divulgazione della stessa oltre che, come detto, la sua idoneità a condurre un effetto significativo sul prezzo sul valore di mercato.

Osservazioni

Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, perché possa configurarsi l'abuso di informazioni privilegiate (c.d. insider trading) di cui all'art. 187-bis T.U.F., è fondamentale quale presupposto indefettibile della condotta il possesso dell'informazione, con riferimento alla quale l'agente deve conoscere “in ragione della sua qualità di membro di organi di amministrazione, direzione o controllo dell'emittente, della partecipazione al capitale dell'emittente, ovvero dell'esercizio di un'attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio” (c.d. insider primario) o poter conoscere “in base ad ordinaria diligenza” (c.d. insider secondario) la sua connotazione privilegiata e la sua potenzialità modificativa, in termini sensibili, del prezzo dello strumento finanziario, a nulla rilevando le modalità di acquisizione di detta informazione (Cass. Pen., n. 8588/2010).

Sul piano giuridico, dunque, l'indagine dell'interprete sembra riguardare non tanto il contenuto dell'informazione posseduta dall'autore dell'illecito, quanto la rilevanza della divulgazione della medesima, misurabile con riferimento alle conseguenze verificatesi o prevedibili della sua propalazione nel mercato azionario. La “rilevanza” dell'informazione privilegiata è da intendersi nel senso del requisito americano della materiality, secondo il quale «ad un insider è vietato l'utilizzo di informazioni non pubbliche se “rilevanti” vale a dire se esiste una sostanziale probabilità che l'investitore medio consideri il fatto omesso come importante per la sua decisione di investimento» (così: G. Ferrarini, La nuova disciplina europea degli abusi di mercato, in Riv. soc., 2004, 43 ss., cfr. E Amati, Abusi di mercato e sistema penale, in Itinerari di diritto penale, cit., 102).

Per la configurazione del reato di abuso di informazioni privilegiate è sufficiente la ragionevole probabilità che l'evento o il complesso di circostanze oggetto dell'informazione si verifichino. La realizzazione concreta del contenuto dell'informazione è, invece, necessaria, secondo l'art. 66 del Regolamento Emittenti (RE), per «gli obblighi di comunicazione previsti dall'art. 114, comma 1, del Testo Unico [che] sono ottemperati quando, al verificarsi di un complesso di circostanze o di un evento, sebbene non ancora formalizzati, il pubblico sia stato informato senza indugio».

In questi termini si è recentemente espressa la Suprema Corte, nella sentenza in commento, con la quale ha analizzato i contorni del concetto di informazione privilegiata definito dall'art. 181 T.U.F. La questione specifica sottoposta al vaglio della Corte riguardava la denuncia della violazione della predetta norma con riferimento alla messa in circolazione tramite sms (“Finalmente ci siamo lo studio su Banca Italease sta per uscire con un target price di circa 40 euro”) da parte di un soggetto autorevole interno a un'azienda di servizi finanziari di una notizia riguardante l'imminente pubblicazione di uno studio su una società quotata sul mercato azionario.

La Suprema Corte ha ritenuto “rilevante agli effetti dell'art. 181 T.U.F.” la suddetta comunicazione, qualificandola come “privilegiata” in quanto “notizia idonea ad influire sui prezzi dei titoli”. La ricerca in questione, infatti, non costituiva una “continuation of coverage”, ma una “initiation of coverage”, ossia uno studio di analisi iniziale, nuovo, fondato su dati non accessibili al pubblico e, pertanto, capaci di “attirare maggiormente gli investitori”, influenzandone le scelte, e, quindi, di alterare i prezzi dei titoli di mercato.

Nessun rilievo viene dato dalla Corte di Cassazione alla circostanza, evidenziata dalla difesa, per cui il messaggio sopra riportato non trasmetteva informazioni relative “al contenuto, all'autore ed alle metodiche dello studio di cui preannunciava la diffusione”, ma solo la comunicazione della futura pubblicazione.

Ciò che assumeva rilevanza per i destinatari dell'informazione era il dato dell'autorevole ricerca in imminente uscita. Quest'ultimo era, infatti, di per sé price sensitive, ossia sufficiente e idoneo a provocare conseguenze sull'andamento dei prezzi degli strumenti finanziari. Secondo la Corte di giustizia: «Conformemente alla finalità della direttiva 2003/6/Ce [l'] idoneità ad incidere sensibilmente sui prezzi deve valutarsi, a priori, alla luce del contenuto dell'informazione di cui trattasi e del contesto nel quale essa s'inserisce. Per determinare se un'informazione sia privilegiata non è quindi necessario esaminare se la sua divulgazione abbia effettivamente influito in modo sensibile sul prezzo degli strumenti finanziari cui essa si riferisce» (Spector Photo Group NV e Chris Van Raemdonck c. Commissie voor het Bank-, Financie- en Assurantiewezen, 23/12/2009).

La ricerca in materia di investimenti quale informazione privilegiata

La diffusione al pubblico di studi e statistiche concernenti emittenti strumenti finanziari è una materia regolamentata da Consob, tortuosamente, in quanto oggetto di successive stratificazioni di prassi e regolamentazioni non sempre allineati e logicamente coordinati, di origine anglosassone (cd. best practice delle banche d' affari), nazionale (TUF e regolamenti Consob a partire dalla delibera Consob n. 11971 del 1999) e comunitari (MIFID) (per maggiori dettagli: M. Zanchi, Attività di studi e ricerca, in Strumenti Finanziari e Regole MIFID. Compliance, Autorità di Vigilanza e Conflitti di interesse, Milano, 2009, 107-117)

La regolamentazione è diventata negli anni via via più stringente e quantitativamente significativa (per tutti: L. Pellegrino, La ricerca in materia di investimenti, in DirittoBancario.it, 2015), con la definizione di regole organizzative (erezione di barriere allo scambio di informazioni –cd. chinese walls, tra differenti tipologie di soggetti interessati ed anche all' interno delle banche d' affari e delle maisons indipendenti produttrici di ricerche, regole di tempistica di deposito presso le società di gestione del mercato e di messa a disposizione del pubblico, regole di disciplina di conflitti di interesse potenziali tra redattori ed usufruttuari delle ricerche). Nel tempo al termine abitudinario di “studi e ricerche” si è sostituto inoltre il termine “raccomandazioni”, proprio nel senso volitivo di attività di ricerca intesa a raccomandare (in senso positivo, negativo o neutro) titoli di emittenti quotati, e proprio per questo necessitante di presidi, regole organizzative e tempistiche obbligatorie, onde non alterare le necessarie simmetrie informative di mercato e regolamentare nel contempo indipendenza e professionalità degli analisti finanziari autori delle ricerche. Emerge quindi chiaramente dal quadro complessivo il carattere di “informazione fortemente regolamentata”, anticamera naturale dell' “informazione privilegiata”, che caratterizza l' attività di produzione delle raccomandazioni.

Conclusioni

Alla luce delle considerazioni svolte, la Suprema Corte ha, pertanto, ritenuto del tutto condivisibile l'interpretazione data dalla Corte d'Appello di Milano, secondo la quale rientra nel concetto di informazione privilegiata, ai sensi dell'art. 181 T.U.F., l'informazione di carattere preciso circa l'imminente pubblicazione, da parte di un'autorevole azienda di servizi finanziari, di uno studio di analisi iniziale relativo a società quotata sul mercato azionario, trattandosi di notizia idonea ad influire sui prezzi dei titoli.

Ci pare di poter leggere in filigrana da parte della Suprema Corte anche l'attribuzione di un carattere fortemente performativoalla pubblicazione stessa di un initial coverage da parte di una grande banca internazionale (in sintesi il fatto stesso di attribuire una valutazione da parte di una maison di prestigio costituisce di per sé stesso una determinante di valutazione medesima o parte di essa) e pertanto la conoscenza e/o la divulgazione della stessa al di fuori dei canali, delle regole e delle tempistiche regolamentate costituisce un inaccettabile distorsione del mercato e del suo corretto funzionamento.

La Suprema Corte ha certamente contribuito a chiarire la rilevanza della questione specifica sottoposta al suo vaglio ai fini dell'inquadramento della medesima nell'ambito dell'abuso di mercato. La determinazione di un significato univoco e ossequioso dei principi di tassatività e determinatezza – imprescindibili in materia penale – da attribuire alla nozione di informazione privilegiata è una strada che certamente gli interventi normativi comunitari più recenti contribuiscono a percorrere con più sicurezza (soprattutto per l'operatore giuridico al quale se ne demanda il giudizio) superando quel deficit di determinatezza che parte della dottrina aveva considerato difficilmente colmabile (E. Amati, Abusi di mercato e sistema penale, in Itinerari di diritto penale, cit. 106).

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