Banche: l’aumento di capitale può essere imposto

La Redazione
09 Novembre 2016

In una situazione di grave perturbamento economico e del sistema finanziario, uno Stato membro può adottare un provvedimento ingiuntivo avente come effetto un aumento di capitale di una Banca, senza il consenso dell'assemblea: ciò non contrasta con il diritto dell'Unione europea, secondo la Corte di Giustizia, che si è pronunciata nella causa C-41/15, con sentenza depositata lo scorso 8 novembre.

In una situazione di grave perturbamento economico e del sistema finanziario, uno Stato membro può adottare un provvedimento ingiuntivo avente come effetto un aumento di capitale di una Banca, senza il consenso dell'assemblea: ciò non contrasta con il diritto dell'Unione europea, secondo la Corte di Giustizia, che si è pronunciata nella causa C-41/15, con sentenza depositata lo scorso 8 novembre.

La crisi irlandese. La vicenda ha origine in Irlanda, nel contesto di crisi economica che ha portato, nel 2010, il Governo ad adottare misure emergenziali nei confronti di alcune banche nazionali: un programma di aggiustamento finanziario che prevedeva la ricapitalizzazione. Un istituto, però, si opponeva all'aumento di capitale, con voto contrario dell'assemblea. Il Ministero irlandese otteneva un'ingiunzione dal Tribunale e procedeva alla ricapitalizzazione: i giudici avevano ritenuto, infatti, che la Banca non avrebbe potuto aumentare il proprio capitale minimo dell'importo richiesto e che la mancata ricapitalizzazione avrebbe potuto portare a un'insolvenza con gravi conseguenze in punto di instabilità economica del Paese.

La fattispecie veniva, infine, sottoposta alla Corte di Giustizia dell'UE, chiamata a pronunciarsi su questioni pregiudiziali e all'impatto del diritto comunitario su tale vicenda.

Il bilanciamento di interessi tra tutela degli azionisti e situazione di perturbamento finanziario. Secondo l'assemblea e gli azionisti della Banca, la misura adottata dal Governo sarebbe incompatibile con il diritto dell'Unione, in quanto la ricapitalizzazione è avvenuta senza l'accordo dell'assemblea generale dell'ente.

La Corte di Giustizia rileva che l'art. 8 della Direttiva 77/91/CEE “vieta che le azioni vengano emesse per un importo inferiore al loro valore nominale o, in mancanza di questo, per un importo inferiore al loro valore contabile. L'articolo 25 di detta direttiva stabilisce che, in linea di principio, qualsiasi aumento del capitale di una società deve essere deciso dall'assemblea generale di quest'ultima. L'articolo 29 della medesima direttiva dispone, in sostanza, che, nel caso di un siffatto aumento di capitale, le azioni devono essere offerte in opzione agli azionisti esistenti”.

Tuttavia, l'ordinanza ingiuntiva emessa de qua costituisce una misura eccezionale preordinata ad evitare, mediante aumento di capitale, l'insolvenza della società e le gravi ripercussioni che ciò potrebbe avere sulla stabilità finanziaria dello Stato membro e, di riflesso, sull'Unione.

In una situazione di grave perturbamento dell'economia e del sistema finanziario di uno Stato membro, insomma, la protezione che la Direttiva riserva agli azionisti e ai creditori di una società, deve essere bilanciata con interessi di carattere generale.

Il diritto dell'UE e la decisione. In conclusione, il diritto dell'UE (artt. 8, par. 1, nonché artt. 25 e 29 della seconda Direttiva 77/91/CEE, non osta ad una misura, come l'ordinanza ingiuntiva controversa nel procedimento principale, adottata in una situazione di grave perturbamento dell'economia e del sistema finanziario di uno Stato membro che minacci la stabilità finanziaria dell'Unione, e avente come effetto un aumento del capitale di una società per azioni, senza il consenso dell'assemblea generale di quest'ultima, mediante l'emissione di nuove azioni per un importo inferiore al loro valore nominale e senza un diritto di opzione a favore degli azionisti esistenti.

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