Il foro per l'inibitoria cautelare di atti di concorrenza sleale ai sensi del Reg. UE 1215/2012
26 Agosto 2015
Massima
Sussiste la giurisdizione del giudice italiano a emettere provvedimento cautelare d'urgenza ex art. 700 c.p.c. nei confronti di un'impresa con sede legale in Austria, ai sensi dell'art. 7, n. 2 Reg. UE 1215/2012, in applicazione del forum delicti, e comunque ai sensi dell'art. 35 dello stesso Regolamento, al fine di inibire condotte concorrenzialmente illecite e confusorie ex art. 2598, nn. 1, 2 e 3 c.c. poste in essere nel territorio dello Stato italiano dall'impresa straniera. Il caso
Una società austriaca, intimata da una concorrente italiana a cessare la commercializzazione anche via internet dei suoi prodotti con segno distintivo in imitazione a quello di quest'ultima, promuove in Austria un'azione giudiziale ordinaria di accertamento negativo relativamente a fatti illeciti avvenuti in territorio austriaco, notificando l'atto di citazione alla convenuta italiana cinque mesi dopo. Un mese prima della notifica, la società italiana, da parte sua, con ricorso depositato presso il Tribunale di Bolzano, chiede in via cautelare d'urgenza ex art. 700 c.p.c. di inibire la prosecuzione delle condotte illecite e confusorie ex art. 2598, nn. 1, 2 e 3 c.c. poste in essere a suo danno dalla resistente austriaca in territorio italiano. In conseguenza, la parte straniera eccepisce preliminarmente: i) la carenza di giurisdizione del giudice italiano, affermando per contro la competenza giurisdizionale del giudice austriaco in virtù dell'art. 4 Reg. UE 1215/2012; ii) la litispendenza internazionale in favore dell'autorità austriaca precedentemente adita con azione di accertamento negativo; iii) l'incompetenza territoriale del Tribunale di Bolzano. Con l'ordinanza in epigrafe il giudice rigetta tutte le eccezioni e, riscontrando nella specie fumus boni iuris e periculum in mora, inibisce alla società austriaca la commercializzazione e la promozione dei prodotti della stessa costituenti imitazione dei prodotti, delle confezioni e degli strumenti di comunicazione della ricorrente italiana. La questione giuridica
Alla luce del quadro fattuale delineato e delle eccezioni sollevate, la questione giuridica in primis risolta dal giudice adito, fatta qui oggetto di esame, attiene all'individuazione del titolo in base al quale radicare la competenza giurisdizionale dell'autorità italiana a pronunciarsi in via cautelare per l'inibitoria di atti di concorrenza sleale nei confronti di un'impresa avente sede legale in un diverso Stato dell'Unione europea. La soluzione
In caso di controversie in materia civile e commerciale di carattere transfrontaliero, il Reg. UE 1215/2012 – che ha abrogato il Reg. CE 44/2001, con applicazione dal 10 gennaio 2015 – detta norme sulla competenza basate sul criterio generale del foro del domicilio del convenuto ai sensi dell'art. 4, par. 1 (vecchio art. 2, par. 1), completato dalla previsione di fori alternativi in virtù dello stretto collegamento tra l'autorità giurisdizionale e la controversia, così che il convenuto, in talune ipotesi, possa essere citato davanti ai giudici di un Paese diverso da quello del suo domicilio, come nel caso della competenza speciale individuata dall'art. 7, n. 2 (vecchio art. 5, n. 3). Pertanto, un soggetto con sede in uno Stato membro può essere convenuto in un altro Stato membro “in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti all'autorità giurisdizionale del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto o può avvenire”. Sussunti allora, nel caso in esame, gli asseriti atti di concorrenza sleale nelle fattispecie di condotte illecite e confusorie di cui all'art. 2598, nn. 1, 2 e 3 c.c. da ricondursi nell'alveo degli “illeciti civili” ai sensi del predetto art. 7, n. 2, il Tribunale di Bolzano fonda in conseguenza la propria giurisdizione individuando l'Italia come lo Stato membro in cui si è verificato o si potrebbe verificare l'eventusdamni, sulla base di circostanze giudicate incontrovertibili. Emerge infatti incontestata dagli atti di causa la presenza in Italia di due rivenditori della società austrica, idonea a manifestare nel territorio nazionale, in particolare a Merano, il pericolo dell'evento dannoso scaturente dalla condotta illecita. Inoltre, l'offerta effettuata via internet dalla concorrente straniera dei propri prodotti nella Provincia dell'Alto Adige viene rappresentata come concreta predisposizione di una piattaforma commerciale in grado di produrre una concorrenza sleale o, perlomeno, con potenzialità lesive riferite al contesto italiano, risultando a riguardo irrilevante il fatto che l'offerta sia pubblicizzata quasi esclusivamente in lingua tedesca e in minima parte in lingua inglese, sulla base della considerazione che nella suddetta provincia l'uso della lingua tedesca è preminente e l'italiano medio dispone comunque di conoscenze di base della lingua inglese tanto da consentirgli l'acquisto di prodotti tramite web. Dunque, secondo il giudice adito, le evidenziate circostanze sono da leggersi come fattori di collegamento con il territorio nazionale, tali da fondare la giurisdizione dello Stato italiano,in applicazione del forum delicti ai sensi dell'art. 7, n. 2 Reg. UE 1215/2012, oltreché la propria competenza ai sensi dell'art. 20 c.p.c., posto che sia la presenza dei due rivenditori sia il tentato ingresso sul mercato di Merano sono da collocarsi nella circoscrizione del Tribunale di Bolzano. Osserva in più l'organo giudicante come, in ogni caso, al medesimo approdo si possa giungere anche per altra via e, specificatamente, in virtù dell'art. 35 Reg. UE 1215/2012 (vecchio art. 31), ai sensi del quale “i provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono essere richiesti all'autorità giurisdizionale di detto Stato membro anche se la competenza a conoscere del merito è riconosciuta all'autorità giurisdizionale di un altro Stato membro”. Si ritiene infatti che detta disposizione sia a tutti gli effetti una norma sulla giurisdizione, per quanto il criterio di collegamento non sia espresso, ma debba essere dedotto in particolare alla luce del considerando n. 33 del medesimo Regolamento, ove si precisa che “quando […] i provvedimenti provvisori, tra cui anche quelli cautelari, sono disposti da un'autorità giurisdizionale di uno Stato membro che non è competente a conoscere nel merito, la loro efficacia […] dovrebbe limitarsi al territorio dello Stato membro interessato”. Viene in tal modo offerta la possibilità di ottenere una misura cautelare immediatamente spendibile nel territorio di uno Stato membro purché sussista un nesso effettivo di collegamento tra l'oggetto del provvedimento richiesto e il territorio dello Stato cui appartiene il giudice adito. Il criterio di collegamento lasciato implicito dalla norma in esame, secondo l'interpretazione offerta nella pronuncia che si annota, ha dunque natura territoriale, attribuendo la competenza giurisdizionale al giudice del luogo in cui la misura cautelare deve essere eseguita, a prescindere dal fatto che la causa di merito sia da radicarsi, o già radicata, in uno Stato membro diverso. Tali osservazioni sono peraltro sufficienti, secondo l'autorità decidente, anche per giustificare l'infondatezza della pretesa litispendenza internazionale, a fortiori ove si consideri, nella specie, la mancata prova circa l'adozione da parte della società austriaca di tutte le misure idonee affinché l'atto introduttivo del giudizio di accertamento negativo promosso in Austria fosse notificato o comunicato alla controparte, come invece testualmente prescritto dall'art. 32, par. 1 Reg. UE 1215/2012. Osservazioni
La ricostruzione giuridica operata nell'ordinanza in commento è da condividersi, ponendosi peraltro in linea con quanto deciso in precedenti pronunce. Già infatti il Tribunale di Milano ha riconosciuto spettante al giudice italiano la giurisdizione, ai sensi dell'art. 5, n. 3 Reg. CE 44/2001, a conoscere una domanda cautelare proposta dal ricorrente italiano contro una società inglese per inibitoria di un preteso illecito extracontrattuale compiuto attraverso un sito web, nella specie per l'uso non autorizzato di una banca dati e di un segno distintivo, nonché per concorrenza sleale ex art. 2598, nn. 1 e 3 c.c., nella misura in cui il sito del resistente sia rivolto esclusivamente agli italiani e sia in diretta concorrenza con l'attività del ricorrente proprio e soltanto sullo specifico mercato italiano (Trib. Milano 16 marzo 2009, in Sez. Spec. P.I., 2010, 1, 145). E ancora, più recentemente, lo stesso foro ambrosiano ha ritenuto sussistere la giurisdizione italiana, ai sensi della medesima disposizione comunitaria, anche qui in un caso di condotte asseritamente illecite ex art. 2598, n. 3 c.c., poste in essere da imprese straniere presso soggetti aventi sede nel territorio dello Stato (Trib. Milano 16 luglio 2012, in Giur. annotata dir. industriale, 2012, 1, 1020; cfr. altresì Trib. Milano 31 gennaio 2011, in Giur. annotata dir. industriale, 2011, 1, 660. Similmente, in materia di invenzioni industriali: Trib. Genova 13 febbraio 2004, in Sez. Spec. P.I., 2004, 1, 92; contra, in materia di contraffazione e brevetto europeo: Trib. Roma 23 maggio 2007, in Sez. Spec. P.I., 2008, 1, 249, che fa invece applicazione del principio generale della competenza dell'autorità giurisdizionale del domicilio del convenuto. La formulazione della norma comunitaria, nel prevedere un foro speciale alternativo collegato al luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto o può avvenire ai fini di una corretta amministrazione della giustizia e di un'utile economia processuale (Corte giust. 25 ottobre 2011, C-509/09 eDate Advertising e 16 luglio 2009, C-189/08 Zuid-Chemie), consente infatti di ricomprendervi i più svariati casi di responsabilità extra-contrattuale, compresi appunto quelli di concorrenza sleale (Corte giust. 5 giugno 2014, C-360/12 Coty Germany). La previsione peraltro di un danno anche solo potenziale permette di inglobare pure quelle azioni preventive non necessariamente correlate al verificarsi dell'evento pregiudizievole, come l'azione inibitoria o di mero accertamento, tanto positivo quanto negativo (Corte giust. 25 ottobre 2012, C-133/11 Folien Fischer, richiamata da Cass. S.U. 10 settembre 2013, n. 20700, in Giust. civ. Mass., 2013, nonché da Cass. S.U. 10 giugno 2013, n. 14508, in Giur. it., 2014, 3, 587; contra: Cass. S.U. 19 dicembre 2003, n. 19550, con riguardo però alla precedente Convenzione di Bruxelles del 1968, facente esclusivo riferimento al “giudice del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto” e dunque, in tesi, dato per certo). Il nesso, concreto o astratto, dell'evento dannoso con il territorio nazionale in cui si verifica o è atteso rappresenta pertanto il solo titolo su cui fondare la giurisdizione ex art. 7, n. 2, con l'avvertenza però che per “evento dannoso” può intendersi tanto il luogo in cui è sorto il danno, quanto quello in cui si è verificato il fatto generatore del danno medesimo (Corte giust. 19 aprile 2012, C-523/10 Wintersteiger), per cui l'attore viene in sostanza legittimato a utilizzare alternativamente i due criteri di prossimità (Corte giust. 16 maggio 2013, C-228/11 Melzer). Chiaro è che l'applicazione della «teoria dell'azione» risulta maggiormente problematica ove l'illecito consegua all'uso di mezzi telematici. Ad esempio, in un caso di concorrenza sleale via internet è stato ritenuto che l'attore debba riferirsi al luogo di stabilimento dell'inserzionista della comunicazione sleale anche se non necessariamente l'inserzione sia partita da quel luogo (caso Wintersteiger, cit.). Meglio allora l'impiego della «teoria dell'evento», strettamente ancorata al limite territoriale che fonda la competenza giurisdizionale del giudice dello Stato in cui è maturato il danno ancorché solo virtuale, purché sia diretto, restando invece escluso quello meramente riflesso. Difatti, il foro dell'evento dannoso risulta preferito proprio in fattispecie, come quella in esame, di concorrenza sleale, pur importando per l'attore l'onere di dimostrare una qualche forma stabile di distribuzione e vendita nello Stato del giudice adito, con conseguente eventuale necessità di frammentazione della fattispecie e, dunque, delle pretese azionate. Se poi la concorrenza sleale viene integrata attraverso internet, il nesso di prossimità ricondotto propriamente all'evento, in virtù di una sottesa esigenza di prevedibilità, è da declinarsi nella «teoria della focalizzazione», a discapito della «teoria dell'accessibilità», così da radicare la competenza giurisdizionale del giudice dello Stato in cui il sito, non solo è accessibile, ma contiene anche messaggi rivolti al mercato di quel Paese, perché ad esempio in lingua conosciuta (orientamento sposato, oltre che dalla giurisprudenza interna già richiamata, anche da quella di altri Stati membri: Cour de Cassation, 7 dicembre 2010; Bundesgerichtshof, 30 settembre 2006; Tribunal de Grande Instance Paris, 11 febbraio 2003; Landgericht Frankfurt/Main, 9 novembre 2000). Correttamente dunque ha inteso il Tribunale di Bolzano nell'interpretazione dell'art. 7, n. 2 Reg. UE 1215/2012, ai fini del radicamento della propria giurisdizione. Cionondimeno, la circostanza che il giudice sia stato adito in via cautelare nella pendenza di un giudizio di merito di accertamento negativo in un altro Stato membro importa la necessità di talune precisazioni. Nonostante il titolo di giurisdizione di cui all'art. 7, n. 2 possa invocarsi per qualsiasi domanda mirante a coinvolgere la responsabilità del convenuto che non si ricolleghi alla materia contrattuale (Corte giust. 27 ottobre 1998, C-51/97 Réunion européenne e 27 settembre 1988, C-189/87 Kalfelis), compresa quindi, come visto, anche quella di natura cautelare, il Tribunale di Bolzano ha ritenuto doveroso aggiungere che, quand'anche si volesse negare la giurisdizione italiana in applicazione del forum delicti, la stessa sarebbe comunque da riconoscersi in virtù dell'art. 35 Reg. UE 1215/2012. È a dirsi a riguardo che anche nel sistema di Bruxelles I-bis la giurisdizione in materia cautelare afferisce anzitutto alla sfera di competenza del giudice di merito, permettendosi così al provvedimento pronunciato di soggiacere al regime agevolato di circolazione delle decisioni. In caso di esercizio della giurisdizione cautelare ante causam deve dunque seguire l'avvio, presso la stessa autorità giurisdizionale, del giudizio di merito, così da radicarne la competenza agli effetti della litispendenza, precludendo quindi ad ogni altro giudice di conoscere della controversia se non eccezionalmente adottando provvedimenti cautelari a titolo di foro esorbitante. Per esigenze di effettività della giustizia è infatti consentito richiedere “provvedimenti provvisori o cautelari” al giudice di uno Stato membro non competente a conoscere del merito, in applicazione della legge nazionale della giurisdizione adita. Trattandosi tuttavia di un'eccezione alla regola, il ricorso al foro esorbitante viene circoscritto sotto diversi profili, potendo anzitutto impiegarsi solo per il rilascio di provvedimenti provvisori, inidonei a produrre effetti irreversibili, di carattere strumentale rispetto alla decisione di merito, volti cioè alla conservazione di una situazione di fatto o di diritto per preservare diritti dei quali spetterà al giudice del merito accertare l'esistenza (Corte giust. 26 marzo 1992, C-261/90 Reichert (II) e 17 novembre 1998, C-391/95 Van Uden Maritime). Per tale natura, inoltre, i provvedimenti in questione non possono che sottrarsi a una circolazione extra-territoriale, richiedendosi peraltro per la loro concessione una particolare circospezione e una conoscenza approfondita delle circostanze concrete in cui gli stessi andranno a esplicare i propri effetti (Corte giust. 21 maggio 1980, C-125/79 Denilauler). Si conferma quindi il criterio esecutivo-territoriale a cui il Regolamento solo indirettamente fa cenno, limitando l'effettività delle misure adottate dal foro esorbitante all'ordinamento dello Stato membro interessato, per non interferire con il sistema uniforme di riparto della giurisdizione compromettendo la certezza del diritto. Proprio alla luce dei profili predetti emerge allora la problematicità connessa all'applicazione dell'eccezione di cui all'art. 35 ai provvedimenti anticipatori di condanna, stante la forte attenuazione del legame di strumentalità con la decisione di merito (così sicuramente, ad esempio, il référé provision francese) e, in particolare, all'inibitoria, implicante per l'intimato un obbligo di non facere, posto che a tal riguardo il criterio esecutivo-territoriale, per giustificare l'esercizio della giurisdizione esorbitante, sarebbe da relazionarsi al soggetto intimato (Trib. Bologna, 29 agosto 2007, in Giur. annotata dir. industriale, 2007, 1, 978; v. però anche: Trib. Rovereto, 6 marzo 1998, in Giur. merito, 1999, 778 che ha ritenuto sussistere giurisdizione e competenza del giudice italiano in ordine all'emissione di un provvedimento cautelare inibitorio chiesto da un soggetto italiano nei confronti di soggetti con sede in Germania e Svizzera). Da ultimo, nonostante la versione vigente del Regolamento non abbia inteso riprendere l'iniziale indicazione proposta nel progetto commissariale di rifusione circa il dovere del giudice del foro esorbitante di informarsi presso le altre giurisdizioni su tutte le circostanze pertinenti del caso, si ritiene che sia proprio la natura provvisoria e strumentale della misura dallo stesso adottata ad imporre un vincolo di coordinamento con i provvedimenti assunti dal giudice del merito, di cui si riconosce il “primato”, specie in ordine agli effetti nel tempo della misura cautelare rilasciata. Il che peraltro si pone in perfetta coerenza con il disposto di cui all'art. 669-novies, comma 4 c.p.c., ai sensi del quale il provvedimento cautelare perde efficacia (pure) nel caso in cui sia pronunciata sentenza, anche non passata in giudicato, dal giudice straniero cui è devoluta la causa di merito. Alla luce delle considerazioni suesposte appare allora evidente come l'invocazione, pur imprescindibile, dell'art. 35 Reg. UE 1215/2012 nel caso de quo si presenti come un'arma a doppio taglio, perlomeno nei termini enunciati dal giudice della cautela. Quest'ultimo, infatti, fonderebbe la propria giurisdizione a emettere provvedimento cautelare come giudice del foro esorbitante, supponendo, in tesi, la competenza a conoscere nel merito dell'autorità giurisdizionale austriaca. Tuttavia, la misura rilasciata, in specie ex art. 700 c.p.c., si qualifica come provvedimento di inibitoria di carattere anticipatorio, notoriamente caratterizzato da una strumentalità attenuata rispetto al giudizio di merito, per cui dubbi si profilerebbero con riguardo sia alla stessa possibilità di usufruire del foro esorbitante per la pronuncia dello specifico provvedimento in questione, sia alla corretta applicazione del criterio esecutivo-territoriale, ché se è vero, per un verso, che la misura sia da eseguirsi con riguardo al contesto nazionale (certamente in relazione ai rivenditori operanti sul territorio italiano), per altro verso, è altresì vero che il soggetto intimato a cessare la commercializzazione e la promozione dei propri prodotti, anche via internet, ha sede in Austria, così che, in virtù di quanto anzidetto (anche in riferimento ad atti di concorrenza sleale attraverso il web da parte dell'inserzionista della comunicazione), non sarebbe così peregrina l'ipotesi di radicamento della giurisdizione cautelare in quest'ultimo Stato, nella misura in cui nello stesso si ravvisi la competenza giurisdizionale a pronunciarsi nel merito, in modo da consentire una circolazione extra-territoriale (nella specie in Italia), altrimenti negata, del provvedimento richiesto in via cautelativa. Meglio allora sarebbe stato per il Tribunale di Bolzano invocare non già l'eccezione, bensì la regola sottesa all'art. 35, proponendosi non come foro esorbitante, bensì come giudice dotato della competenza giurisdizionale a conoscere nel merito della causa proprio e solo in virtù del titolo di giurisdizione contemplato dall'art. 7, n. 2, in aderenza alla «teoria dell'evento», qui declinata come «teoria della focalizzazione», la cui operatività, nel caso de quo, risulta inattaccabile. La suddetta disposizione consente infatti di radicare, a titolo di luogo di concretizzazione del danno, la competenza giurisdizionale a conoscere di un'azione di responsabilità fondata sulla legge nazionale e promossa contro un soggetto stabilito in un altro Stato membro al quale si addebita la commissione, in quest'ultimo, di un atto che ha causato o rischia di causare un danno nel distretto del giudice adito (caso Coty Germany cit.). Qualificarsi come giudice del merito consentirebbe quindi di emettere provvedimenti cautelari anche a carattere anticipatorio e con effetti extra-territoriali, cosicché l'inibitoria pronunciata in Italia ben potrebbe trovare esecuzione pure in Austria nei confronti dell'impresa ivi stabilita, beneficiando del regime automatico di circolazione delle decisioni (grazie oggi all'abolizione dell'exequatur). In particolare, in virtù dell'art. 7, n. 2, in base alle considerazioni inizialmente svolte, il Tribunale di Bolzano godrebbe di giurisdizione nel merito anche a conoscere della domanda di accertamento negativo promossa dalla società austriaca. È stato infatti ritenuto che se gli elementi in gioco nell'azione di accertamento negativo possono giustificare il collegamento con lo Stato in cui si è verificato il fatto generatore o in cui si è verificato o rischia di verificarsi il danno (come nella specie), il giudice di uno di questi due luoghi (quindi nel caso quello italiano) può validamente dichiararsi competente per conoscere dell'azione, a prescindere dalla circostanza che l'azione stessa sia stata proposta dalla pretesa vittima dell'illecito civile ovvero dal debitore potenziale di un'obbligazione sorta dall'illecito stesso (caso Folien Fischer cit.). Sennonché un giudizio di accertamento negativo risulta essere stato in prevenzione già instaurato in Austria, nonostante il giudice della cautela non ne ritenga fornita la prova. Se però così in effetti fosse, si potrebbe parlare di litispendenza (secondo la nozione comunitaria autonoma ed estesa motivata dall'effetto utile) solo una volta instaurato in Italia anche il giudizio di merito, anticipato da quello cautelare, ma senza effetti prenotativi, posto che il raffronto può farsi solo tra domande principali di merito, escluse dunque le richieste di provvedimenti anticipatori di natura cautelare (Corte giust. 9 novembre 2010, C-296/10 Purrucker), a fortiori se avanzate dinanzi a un foro esorbitante (Cass. S.U. 13 febbraio 1993, n. 1821, in Giust. civ. Mass., 1993, 298). Infatti, la domanda volta a far dichiarare la responsabilità del convenuto e la domanda di quest'ultimo volta a far accertare la non responsabilità del medesimo presentano la stessa causa e lo stesso oggetto (Corte giust. 16 dicembre 1994, C-406/92 Tatry), per cui, a norma dell'art. 29 Reg. UE 1215/2012, il giudice del merito (successivamente) adito in Italia dovrebbe sospendere d'ufficio il procedimento finché venga accertata la competenza del giudice austriaco adito in precedenza, per dichiarare quindi la propria incompetenza a favore di quest'ultimo. Il che potrebbe darsi ove, per ipotesi, da un lato, si ritenga di radicare la giurisdizione austriaca ai sensi dell'art. 7, n. 2, sulla base del luogo del fatto generatore dell'evento dannoso, in aderenza alla «teoria dell'azione» (ché altrimenti la giurisdizione si sarebbe dovuta radicare in Italia giusta la previsione dell'art. 4 con riguardo al foro generale del domicilio del convenuto; cfr. Cass. S.U. 10 settembre 2013, n. 20700 cit., che, in un caso speculare a quello in esame – ove la società straniera, asserita vittima di concorrenza sleale, ottiene tutela cautelare in Germania e la società italiana, asserita autrice dell'illecito, propone domanda di accertamento negativo in Italia – ha ritenuto sussistere la giurisdizione italiana declinata invece dalla corte territoriale, invocando come titolo il luogo del fatto generatore del danno). Nonché, dall'altro lato, si riscontri il requisito fissato dall'art. 32, par. 1, lett. a) dello stesso Regolamento, a norma del quale, ai fini della litispendenza, un'autorità giurisdizionale è considerata “adita” quando la domanda giudiziale (che non debba essere precedentemente notificata o comunicata) è deposita presso l'autorità stessa, “purché successivamente l'attore non abbia omesso di prendere tutte le misure che era tenuto a prendere affinché fosse effettuata la notificazione o comunicazione al convenuto”. Poiché peraltro, nel caso di specie, detto requisito è stato reputato dal giudice della cautela non rispettato (stante la notifica della citazione ben cinque mesi dopo l'avvio della causa), qualora si creassero effettivamente le condizioni di una litispendenza con l'instaurazione del giudizio di merito in Italia, il surriferito criterio della prevenzione potrebbe non funzionare ove appunto l'interessato, attore in Italia e convenuto in Austria, fondatamente eccepisse la violazione dell'art. 32, par. 1, lett. a), con conseguente consolidamento della giurisdizione italiana. Prescindendosi però da tale prospettiva, di litispendenza, nel caso in questione, non potrebbe parlarsi, a ben vedere, non solo per la (ancora) mancata instaurazione del giudizio di merito in Italia, ma anche e soprattutto perché, dalla lettura del dispositivo pare emergere per inciso che l'autorità giurisdizionale straniera sia stata adita in relazione “a fatti illeciti avvenuti sul territorio austriaco”, anche se poi detto particolare non viene affatto posto in rilievo per il rigetto dell'eccezione di litispendenza, giustificato come visto in altro modo. Allora delle due l'una: o l'azione promossa in via ordinaria all'estero ha una causa petendi diversa da quella dell'azione promossa in via cautelare in Italia, perché diversi sono i fatti asseritamente illeciti allegati, così che in tal caso la litispendenza, per definizione, non sussiste; oppure, ferma l'unitarietà dell'invocata condotta di concorrenza sleale, si è di fronte a una frammentazione della fattispecie in virtù della diversità degli ordinamenti in cui è occasionato o atteso l'evento dannoso, in stretta aderenza alla «teoria dell'evento», con necessità di regolazione della competenza. Tuttavia, essendo qui l'attivazione di più cause giustificata proprio dalla «teoria dell'evento», dovrebbe essere possibile comporre le stesse in un unico giudizio tramite la c.d. connessione attributiva (spingendosi oltre le ipotesi tipizzate di cui agli artt. 8 e 9), ove giustificata dall'esigenza di “evitare il rischio di giungere a decisioni incompatibili derivante da una trattazione separata” ai sensi dell'art. 30, par. 3 Reg. UE 1215/2012. E a tal fine sovviene il dovere di coordinamento e cooperazione tra le due autorità giurisdizionali interessate, oggi sostanzialmente positivizzato, per quel che qui rileva, dall'art. 29, par. 2 del Regolamento in questione, a norma del quale “su istanza di un'autorità giurisdizionale investita della controversia, ogni altra autorità giurisdizionale comunica senza indugio all'autorità giurisdizionale adita per prima la data in cui è stata adita”. Dovere che però, nel caso in esame, a quanto consta, non pare essere stato assolto. Minimi riferimenti bibliografici
Biagioni, La connessione attributiva di giurisdizione nel Reg. n. 44/2001, Milano, 2011; Ferrari, La Corte di giustizia e il foro dei provvedimenti cautelari inibitori in materia di proprietà industriale, in Int'l Lis, 2012, 3, 117; Fradeani, La nozione di provvedimento provvisorio e cautelare nella giurisprudenza della Corte di giustizia, in Temi Rom., 2011, 1, 15; Garavaglia, Azione di accertamento negativo e forum delicti nel Regolamento CE n. 44/2001, in Riv. dir. proc., 2013, 4-5, 1245; Lupoi, La nuova disciplina della litispendenza e della connessione tra cause nel regolamento UE n. 1215 del 2012, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, 4, 1425; Silvestri, Recasting Brussels I: il nuovo regolamento n. 1215 del 2012, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, 2, 677. |