Ho avuto incarico per l'attestazione di un concordato in continuità. Durante il periodo interinale gli amministratori hanno utilizzato la liquidità derivante dai crediti alla data di presentazione della domanda di concordato con riserva (quindi la liquidità concordataria) per finanziare il capitale circolante della continuità aziendale (fornitori, dipendenti, etc...) che sono stati pagati senza autorizzazioni del Tribunale. E' possibile tutto questo in quanto mi si dice che c'è un vuoto normativo sulla gestione del periodo interinale?
La continuità comporta un fabbisogno finanziario che deve essere colmato con le risorse proprie dell'impresa. Il ricorso a nuovi finanziamenti è al più una soluzione ponte, che comporta comunque la destinazione di risorse dell'impresa al relativo rimborso. Salvo il caso (invero, remoto) in cui la continuazione della attività produca, sin dal momento del deposito del ricorso per l'ammissione alla procedura, Margini Operativi Lordi positivi, è fisiologico che la continuità assorba risorse dell'impresa esistenti all'apertura del concorso.
Non vi è, peraltro, norma che imponga la segregazione delle risorse iniziali della procedura (ovverosia quelle rivenienti dall'incasso dei crediti e dal realizzo delle rimanenze) e che impedisca di destinarle, almeno in parte, al pagamento dei debiti della continuità, a condizione, ovviamente, che tali debiti siano sorti per effetto di atti legalmente compiuti dal debitore successivamente alla presentazione del ricorso prenotativo (cfr. coord. disp. artt. 111 e 161 comma 7, l. fall.).
Non vi è dubbio, infatti, che l'impiego di tali risorse non lede la par condicio creditorum, presidiata dal divieto (in carenza dei requisiti di cui all'art. 182-quinquies, comma 5, l. fall.) di eseguire pagamenti di creditori concorsuali.
D'altronde, il pagamento di crediti prededucibili, sorti per effetto di atti legalmente compiuti nel corso della procedura, non comporta comunque, anche nel caso di impiego di risorse sorte anteriormente al concordato prenotativo, una lesione della par condicio dei creditori concorsuali e ciò anche nell'ipotesi in cui la continuità “bruci” risorse sottraendole ai creditori anteriori.
Per atti legalmente compiuti ci si deve riferire agli atti di ordinaria amministrazione, mentre quelli eccedenti l'ordinaria amministrazione si considerano legalmente compiuti solo se preventivamente autorizzati dal Tribunale ai sensi dell'art. 161, comma 7.
La tutela dei creditori concorsuali non risiede pertanto nella segregazione delle risorse esistenti al momento del concorso, ma piuttosto negli specifici rimedi previsti dal disposto del comma 8 dell'art. 161 e dell'u.c. dell'art. 186-bis, come di seguito brevemente indicato.
Nella fase che va dall'ammissione al concordato all'omologa, il commissario giudiziale è più specificamente chiamato ad esercitare un ruolo di monitoraggio sull'andamento dell'impresa e sul piano, anche per consentire al Tribunale di revocare l'ammissione alla procedura laddove l'esercizio dell'attività d'impresa cessi o risulti manifestamente dannosa per i creditori (186-bis u.c.).
E, in particolare, nella fase del concordato in bianco, ove il commissario ravvisi una situazione di manifesta impossibilità di redazione di un piano o della proposta, deve darne notizia al Tribunale perché questi possa abbreviare, ai sensi dell'art. 161, comma 8, l. fall, il termine fissato col decreto di cui al comma 6 della medesima norma. In presenza di una manifesta impercorribilità di qualsivoglia soluzione concordataria, si apre anche la prospettazione di una censura in termini di abuso del diritto (segnatamente, dell'impiego del concordato prenotativo). In ogni caso si ritiene che già dal deposito della domanda del prenotativo può essere aperto un procedimento di cui all'art. 173.