Scioglimento ex art. 169-bis l.fall. dei contratti bancari
02 Luglio 2015
È possibile sciogliere ai sensi dell'art. 169-bis l.fall. i contratti bancari in cui la banca ha già interamente eseguito la propria prestazione?
Il primo comma dell'art. 169-bis l.fall. è stato modificato in seguito al d.l. n. 83/2015, a tenore del quale, per le istanze di scioglimento depositate successivamente al 27 giugno 2015, “Il debitore con il ricorso di cui all'art. 161 o successivamente può chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato con decreto motivato sentito l'altro contraente assunte, ove occorra, sommarie informazioni lo autorizzi a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso. Su richiesta del debitore può essere autorizzata la sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta. Lo scioglimento o la sospensione del contratto hanno effetto dalla comunicazione del provvedimento autorizzativo all'altro contraente”. La novella, tuttavia, ha mutato altresì la rubrica della stessa norma la quale ora recita “Contratti pendenti” in luogo della precedente “Contratti in corso di esecuzione” la quale, differendo dalla rubrica dell'art. 72 l.fall. in materia di procedura fallimentare poteva far ipotizzare un diverso perimetro applicativo tra la disciplina in ambito concordatario e quella in ambito fallimentare. Tale modifica è di particolare momento per le ipotesi, assai frequenti nella prassi, in cui la facoltà di scioglimento o di sospensione riconosciuta al debitore ha ad oggetto rapporti bancari in cui l'istituto di credito si presta all'anticipazione dei crediti vantati dal cliente. Infatti, la giurisprudenza più recente - riconoscendo l'equiparazione ora espressamente affermata dal legislatore della riforma - ha rilevato che “Posto che la nozione di "contratti in corso di esecuzione" di cui all'articolo 169 bis l.fall. tende a coincidere con quella di "contratti pendenti" di cui all'articolo 72 l.fall., va esclusa la applicabilità di questa disciplina, con particolare riferimento a quella dettata per il concordato preventivo, alle ipotesi in cui gli effetti del contratto si sono già tutti verificati ad eccezione della prestazione di uno dei contraenti e comunque a quelle situazioni ove residua unicamente un debito o un credito a carico di una delle parti” (cfr. Appello Venezia, 26 novembre 2014). Analogamente, in due recenti provvedimenti il Tribunale di Milano ha osservato che “La nozione di contratti pendenti nel concordato preventivo di cui all'articolo 169 bis l.fall. è sovrapponibile a quella dei contratti pendenti nel fallimento di cui all'articolo 72 l.fall. Pertanto, un contratto può essere considerato pendente nel concordato se sarebbe pendente anche nel fallimento e quindi solo se si tratta di un contratto a prestazioni corrispettive in cui le prestazioni siano ineseguite da entrambe le parti. Se, diversamente, il contratto è stato eseguito da una sola delle parti, lo stesso avrà generato un debito concorsuale oppure un credito della massa dei creditori. […] Non potranno, inoltre, considerarsi pendenti i contratti a prestazioni unilaterali in cui una delle parti abbia già eseguito la propria prestazione e dal contratto residuino solo crediti o debiti, come nei casi del contratto di mutuo e di finanziamento” (così, Trib. Milano, 11 settembre 2014; nello stesso senso, Trib. Milano 28 maggio 2014). Di conseguenza, è assolutamente irrilevante la mancata riproduzione nell'art. 169-bis l.fall. dell'ultima parte dell'art. 72 l.fall., là dove la norma esclude la facoltà di scelta del curatore nei contratti ad effetti reali ove sia già avvenuto il trasferimento del diritto. Infatti, tale disposizione stabilisce un criterio che deve considerarsi implicito nel sistema (si veda sul punto, ex multis, Bozza, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, in Il Fall., 2013, pag. 1121). Infatti, il rapporto, regolato in conto corrente, dove la banca si presta all'anticipazione dei crediti vantati dal cliente si configura come un negozio reale dove la prestazione fondamentale in capo all'istituto di credito - consistente nell'erogazione del denaro in favore del cliente - perfeziona il contratto. Una volta effettuata tale prestazione, non rimane altro che la controprestazione di restituzione a mezzo mandato all'incasso in rem propriam. Infatti, ciò cui mira l'istanza della ricorrente è proprio evitare l'effetto compensativo derivante dall'esecuzione del mandato all'incasso da parte della banca. Pertanto, con l'avvenuto trasferimento della proprietà o di altro diritto reale alla controparte il contratto ad effetti reali non è più un rapporto non eseguito o non completamente eseguito da entrambe le parti. Secondo quanto stabilito dalla riferita giurisprudenza il contratto di cui si chiede lo scioglimento, in quanto negozio reale, cessa dunque di essere un rapporto pendente giacché, una volta che l'istituto di credito ha erogato il denaro al cliente, il contratto è stato già eseguito da una delle parti. Di conseguenza, il rapporto, regolato in conto corrente, dove la banca si presta all'anticipazione dei crediti vantati dal cliente si qualifica come un contratto bilaterale a livello genetico, ma sostanzialmente unilaterale nella fase funzionale del sinallagma, in cui eventuali obblighi accessori della banca (di rendiconto o di diligenza) non incidono sulla struttura fondamentale - ovvero sulla causa concreta - del rapporto. Facendo applicazione di tali principi la giurisprudenza ha quindi recentemente affermato che “La disciplina che attribuisce al proponente la facoltà di ottenere lo scioglimento o la sospensione dei contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo non è applicabile a quei rapporti bancari, quali le linee di fido per smobilizzo crediti, ove la banca ha già interamente eseguito la propria prestazione ed ineseguita è soltanto la prestazione a carico del debitore, la quale trova esecuzione con il patto di compensazione o il mandato all'incasso conferito alla banca” (cfr. Appello Venezia, 26 novembre 2014). Ancora, è stato riconosciuto che “Nell'ambito del rapporto, regolato in conto corrente, dove la banca si presta all'anticipazione dei crediti vantati dal cliente, l'unica prestazione che può dirsi ineseguita dopo l'anticipazione di credito è quella che concerne il pagamento da parte del debitore, la quale si attua mediante l'esecuzione del mandato all'incasso conferito alla banca” (cfr. Appello Venezia, 23 dicembre 2014). Analogamente, un ulteriore provvedimento ha ritenuto di “dover escludere dalla applicazione della norma [di cui all'art. 169-bis l.fall.] tutti i contratti di anticipazione bancaria” (in tal senso, Trib. Vicenza, 25 giugno 2013). Invero, in tale tipologia di rapporto “non vi sono due reciproche prestazioni da sospendere, in equilibrio sinallagmatico funzionale, ma una sola, come nel mutuo, ciò che pone la fattispecie al di fuori del campo di applicazione della norma di cui all'art. 169 - bis l.fall., che si riferisce (nel testo) ai contratti in corso di esecuzione, che sono, con la miglior dottrina, gli stessi rapporti pendenti di cui all'art. 72 l.fall., cioè i contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti, di modo tale che il sacrificio che è imposto in forza di legge alla controparte in bonis trovi riscontro (in equilibrio sinallagmatico funzionale) nella reciproca sospensione della controprestazione” (così, Trib. Vicenza, 25 giugno 2013). In conclusione, la struttura causale dei rapporti bancari di anticipazione e la stessa ratio della norma - che, con un chiaro favor per il debitore in concordato, gli attribuisce la facoltà di far venir meno un rapporto contrattuale per il prosieguo del rapporto, in modo da liberarlo dall'esecuzione della prestazione divenuta superflua o eccessivamente onerosa a fronte della rinuncia alla prestazione a suo favore - induce a ritenere che la disciplina di cui all'art. 169-bis l.fall. possa trovare applicazione solamente con riferimento ai negozi a prestazioni corrispettive in cui le prestazioni siano ineseguite da entrambe le parti. In caso contrario, si assegnerebbe all'imprenditore in concordato un beneficio indiscriminato e privo di ragionevolezza, soprattutto avuto riguardo all'interesse di una controparte che ha già adempiuto agli obblighi derivanti dal rapporto contrattuale. Infatti, qualora si ritenesse valido il postulato - che non trova alcun espresso riscontro normativo - in base al quale l'opportunità dello scioglimento debba essere valutata in forza della “migliore soddisfazione dei creditori nel loro complesso”, nell'ipotesi in cui solo la parte in bonis abbia eseguito la prestazione, il contratto dovrebbe essere sempre e comunque sciolto: in tal modo si eviterebbe sì l'esecuzione della controprestazione, con un sicuro vantaggio per il complesso dei creditori, ma, si agirebbe in assoluto spregio all'interesse dei creditori della parte in bonis, nonché della controparte che ha in buona fede dato esecuzione al contratto pendente. Del resto, la riforma di cui al d.l. n. 83/2015 ha dimostrato di tenere in considerazione l'interesse del creditore - ossia del contraente in bonis - esigendo l'instaurazione del contraddittorio, dato che l'autorizzazione allo scioglimento è idonea ad incidere sul diritto soggettivo del contraente in modo tendenzialmente irreversibile. |