Voto non proporzionale nelle s.r.l.

Federico Cornaggia
29 Giugno 2015

La Massima in epigrafe (13 maggio 2014) si orienta nel senso della derogabilità del principio di proporzionalità tra diritto di voto e valore della partecipazione sancito dall'art. 2479, comma 5, c.c. in s.r.l.

Massima 138 del Consiglio Notarile di Milano

La Massima in epigrafe (13 maggio 2014) si orienta nel senso della derogabilità del principio di proporzionalità tra diritto di voto e valore della partecipazione sancito dall'art. 2479, comma 5, c.c. in s.r.l.

La Commissione Società, dunque, interviene nell'ampio dottrinale circa la liceità di clausole statutarie di s.r.l. che consentono ai soci di esprimere il proprio voto in modo più (o meno) che proporzionale rispetto alla partecipazione al capitale.

In particolare, rilevandosi che:

• dopo la Riforma del diritto societario, anche laddove il legislatore non preveda l'esplicita possibilità di discostarsi dalla disciplina legale, l'inderogabilità delle previsioni codicistiche in s.r.l. deve essere valutata caso per caso e non assunta quale principio generale;

• la legge delega a monte della suddetta Riforma (in particolare l'art. 3, comma 1, lett. b) , L. 3 ottobre 2001, n. 366) imponeva la previsione di ampia autonomia statutaria circa il "contenuto della partecipazione";

• lo stesso art. 2468, comma 3, c.c. prevede la possibilità di attribuire a singoli soci "particolari diritti riguardanti l'amministrazione " (si pensi alla nomina di cariche sociali), di fatto derogando al principio di proporzionalità in ambito gestorio (in quanto in tale materia il voto dei soci non titolari di particolari diritti risulta in concreto limitato);

• un'interpretazione sistematica consente di leggere la suddetta previsione legale quale possibilità di incidere, in generale, sui " diritti concernenti i poteri nella società" (si ricordi che lo stesso Consiglio Notarile di Milano ha aderito all'interpretazione non tassativa dell'art. 2468, comma 3, c.c. circa il contenuto dei diritti particolari: Massima 39 – 19 novembre 2004)

Si afferma la liceità di clausole statutarie che attribuiscono un voto non proporzionale alla partecipazione.

Tale previsione potrà realizzarsi mediante: (i) clausole generali applicabili a tutti i soci (es. voto capitario, tetto massimo di voto, voto a scalare, etc.) e, pertanto, la loro introduzione, modifica o soppressione deve avvenire con la maggioranza di cui all'art. 2479-bis, comma 3, c.c., ovvero (ii) attribuzione di diritti particolari a singoli soci comportanti maggiorazioni o limitazioni al diritto di voto (e la loro introduzione o modificazione deve adegurasi al disposto dell'art. 2468, comma 4, c.c.).

Nella motivazione la Massima si orienta nel senso di ritenere non vincolante il limite (ritenuto di cartattere eccezionale e non applicabile a fattispecie non azionarie) di cui all'art. 2351, comma 2, ult. periodo, c.c. in tema di s.p.a. (almeno la metà delle azioni devono essere a voto pieno), così come il divieto di voto plurimo (vigente per la s.p.a. all'epoca di pubblicazione della Massima).

Nondimeno, in senso difforme circa la derogabilità del principio di cui all'art. 2479, comma 5, c.c. si veda la Massima I.B.7 (settembre 2004) del Comitato Triveneto dei Notai, nella quale non si ritengono lecite le limitazioni al diritto di voto in s.r.l.

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