Astensioni e derogabilità dei quorum assembleari nelle s.p.a.

Federico Cornaggia
29 Aprile 2015

Con la Riforma del diritto societario il legislatore (art. 2368, comma 3, c.c.) ha previsto che le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto e quelle per le quali il voto non è esercitato a seguito della dichiarazione del titolare di astenersi per conflitto di interesse (c.d. astensione legale) non sono computate ai fini del quorum deliberativo.

Massima 133 del Consiglio Notarile di Milano

Con la Riforma del diritto societario il legislatore (art. 2368, comma 3, c.c.) ha previsto che le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto e quelle per le quali il voto non è esercitato a seguito della dichiarazione del titolare di astenersi per conflitto di interesse (c.d. astensione legale) non sono computate ai fini del quorum deliberativo. In altre parole, neutralizzandosi l'effetto dell'astensione per conflitto di interesse ai fini del calcolo della maggioranza richiesta per l'approvazione della delibera, si (eccezionalmente) consente di abbassare la maggioranza richiesta per l‘approvazione della delibera.

Al di fuori di tale ipotesi, è affermazione largamente condivisa che il quorum deliberativo possa essere modificato solo in aumento (artt. 2368, comma 1 e 2369, comma 4, c.c.).

Al contrario, la dottrina maggioritaria, rilevandone l'effettivo impatto sul procedimento decisionale, ritiene che le azioni per le quali è stata esercitata l'astensione c.d. volontaria (cioè per cause diverse dal conflitto di interesse) vadano computate nel calcolo del quorum deliberativo; ai titolari di voto relativo a tali azioni, infatti, la legge accorda (i) il diritto di recesso e (ii) il diritto di impugnativa.

Nondimeno il Consiglio Notarile di Milano (17 settembre 2013), con riferimento alla c.d. astensione volontaria in assemblea ordinaria, ritiene legittima una differente disciplina statutaria.

Si reputa pertanto legittima una clausola statutaria che regoli diversamente, incidendo indirettamente sul quorum deliberativo, il computo delle azioni per le quali è stato esercitato il diritto di astensione per cause diverse dal conflitto di interesse.

Sarebbe possibile dunque prevedere:

  • l'esclusione dal computo del quorum deliberativodegli astenuti c.d. volontari nell'assemblea ordinaria in convocazioni successive alla prima (o, ove ammissibile, in unica convocazione): in tale ipotesi infatti il legislatore prevede che l'assemblea deliberi “qualunque sia la parte di capitale rappresentata” (art. 2369, comma 3, c.c.) senza dunque alcun riferimento ad un quorum costitutivo o deliberativo;
  • che la maggioranza si formi al netto delle astensioni volontarie anche nel caso di assemblea ordinaria in prima convocazione. Tale affermazione viene giustificata in base al fatto che (i) l'astensione volontaria costituisce una naturale accettazione della proposta che riceverà le maggiori adesioni di coloro che votano, (ii) la previsione di un quorum costitutivo in prima convocazione (art. 2368, comma 1, c.c.) non impone che il quorum deliberativo della stessa (maggioranza assoluta) costituisca una soglia di consenso direttamente parametrata al capitale sociale e (iii) il quorum costitutivo mira solo a tutelare il diritto del socio a che non vengano assunte decisioni in sua assenza da parte di maggioranze esigue: tale esigenza non pare attuale nel caso di socio astenuto (il quale è comunque presente).

In tema di s.r.l. si veda la Massima 134 dello stesso Consiglio Notarile di Milano.

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