Omesso versamento Iva: stretta UE sul doppio binario sanzionatorio

La Redazione
13 Settembre 2017

L'applicazione della sanzione penale nei reati tributari, con particolare riferimento all'omesso versamento Iva, dopo che per la medesima condotta al contribuente sia già stata irrogata una sanzione amministrativa può risultare in contrasto con il principio del ne bis in idem, se la sanzione amministrativa, a prescindere dalla qualificazione normativa, in realtà abbia carattere penale.

L'applicazione della sanzione penale nei reati tributari, con particolare riferimento all'omesso versamento Iva, dopo che per la medesima condotta al contribuente sia già stata irrogata una sanzione amministrativa può risultare in contrasto con il principio del ne bis in idem, se la sanzione amministrativa, a prescindere dalla qualificazione normativa, in realtà abbia carattere penale.

Si è espresso in questo senso l'Avvocato Generale nelle sue conclusioni, depositate il 12 settembre, nella causa C-524/15.

Il caso. La vicenda ha origine in Italia, dove il titolare di un'impresa individuale veniva condannato al pagamento di una sanzione amministrativa relativa all'omesso versamento Iva per un periodo di imposta. Dopo la conclusione del procedimento amministrativo sanzionatorio, veniva instaurato anche un procedimento penale, per il reato di cui all'art. 10-ter D.Lgs. n. 74/2000. Nell'ambito di tale procedimento, il Tribunale sottoponeva alla Corte di Giustizia UE la seguente questione pregiudiziale: “se la previsione dell'art. 50 [della Carta], interpretato alla luce dell'art. 4 [del] protocollo n. 7 della [CEDU] e della relativa giurisprudenza della Corte [EDU], osti alla possibilità di celebrare un procedimento penale avente ad oggetto un fatto (omesso versamento IVA) per cui il soggetto imputato abbia riportato sanzione amministrativa irrevocabile”.

Il dibattito sul ne bis in idem. Le conclusioni dell'Avvocato Generale UE riaprono il discorso sul doppio binario sanzionatorio nei reati tributari. Il precedente comunitario è rappresentato dalla sentenza Grande Stevens (Corte Cedu, 4 marzo 2014) che, in materia di market abuse, ha affermato che l'art. 4, par. 1, Protocollo n. 7 della Convenzione EDU vieta la duplicazione di giudizi penali e amministrativi e il cumulo delle relative sanzioni per il medesimo fatto, equiparando di fatto il provvedimento sanzionatorio definitivo al giudicato penale. Successivamente, tanto in ambito nazionale quanto in ambito comunitario, la giurisprudenza ha definito i confini del principio del ne bis in idem: la stessa Corte EDU, ad esempio, nella sentenza 15 novembre 2016, cause 24130/2011 e 29758/2011 (in questo portale, con nota di Nocera, La CEDU detta le linee applicative del ne bis in idem), ha precisato che a determinate condizioni è possibile procedere a un cumulo di sanzioni se i due procedimenti, penale e amministrativo, perseguono scopi complementari in concreto, punendo differenti aspetti dell'illecito ed è assicurato il rispetto del criterio di proporzionalità della sanzione complessivamente inflitta, dovendo il giudice penale tener conto, in sede di determinazione della pena, della sanzione già irrogata nel procedimento amministrativo, e viceversa.

La Corte di Giustizia UE si è allineata a questo principio (sentenza C-217/15) e così pure la Cassazione (Cass. Pen., n. 35156/2017: si veda la news, in questo portale)

Nel caso in esame, l'Avvocato Generale approfondisce però due aspetti, uno relativo all'identità dei fatti sui quali vertono i procedimenti e l'altro sulla duplicità di procedimenti sanzionatori. Quanto al primo profilo, la giurisprudenza della Corte di giustizia (e della Corte EDU) sottolinea che per valutare l'identità dei fatti non si deve tenere conto della loro qualificazione giuridica: ciò che conta è l'idem factum, e non l'idem crimen. Ebbene, nel caso di omesso versamento, il fatto materiale sembra essere lo stesso.

Quanto al secondo profilo, si è detto che l'art. 50 della Carta è incompatibile con il doppio binario se la sentenza tributaria/amministrativa ha in realtà carattere penale, nonostante la sua eventuale qualificazione da parte del diritto interno come sanzione meramente amministrativa. Occorre dunque accertare questo aspetto.

Le conclusioni dell'Avvocato Generale. L'Avvocato Generale formula, dunque, le seguenti conclusioni:“L'articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea:

- richiede per la sua applicazione la sussistenza dell'identità dei fatti materiali che, a prescindere dalla loro qualificazione giuridica, costituiscono la base per l'adozione delle sanzioni tributarie e di quelle penali;

-risulta violato qualora venga promosso un procedimento penale o inflitta una pena di tale natura a una persona già punita, in via definitiva, per lo stesso fatto con una sanzione tributaria quando quest'ultima, nonostante la sua denominazione, in realtà abbia carattere penale. Il giudice nazionale verificherà tale circostanza applicando i seguenti criteri: la qualificazione giuridica dell'illecito secondo il diritto interno; la sua natura, che deve essere valutata tenendo conto dell'obiettivo della norma, dei suoi destinatari e del bene giuridico da essa tutelato, nonché la natura e il grado di severità della sanzione”.

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