La richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo presentata dal difensore di fiducia in assenza della precedente costituzione dell’ente
15 Settembre 2015
Massima
In tema di responsabilità da reato degli enti, è ammissibile la richiesta di riesame presentata, ai sensi dell'art. 324 c.p.p., avverso il decreto di sequestro preventivo dal difensore di fiducia nominato dal rappresentante dell'ente secondo il disposto dell'art. 96 c.p.p., ed in assenza di un previo atto formale di costituzione a norma dell'art 39 d.lgs. n. 231/2001, sempre che, precedentemente o contestualmente all'esecuzione del sequestro, non sia stata comunicata l'informazione di garanzia prevista dall'art. 57 del d.lgs. medesimo. Il caso
Adito in sede di richiesta di riesame ai sensi dell'art. 324 c.p.p. avverso il decreto del G.i.p. di sequestro preventivo finalizzato alla confisca disposto sui beni di una società indagata per l'illecito amministrativo previsto dall'art. 25, comma 2, d.lgs. n. 231/2001, il Tribunale di Ancona dichiarava inammissibile l'impugnazione, rilevando l'omessa costituzione dell'ente a norma dell'art. 39 del d.lgs. citato, essendo stata depositata, nel caso di specie, la sola procura ex art. 100 c.p.p. A seguito del ricorso per Cassazione proposto dal difensore della società indagata, la Seconda Sezione penale, cui il ricorso era stato assegnato, rilevava un contrasto nella giurisprudenza di legittimità (in parte interno ad una medesima Sezione – la Sesta penale), così determinando l'intervento delle Sezioni Unite della Corte. Le questioni
Il ricorso per Cassazione promosso dall'ente denunciava, in particolare, violazione di legge poiché ai fini della valida presentazione della richiesta di riesame ex art. 324 c.p.p., l'ente non ha alcun obbligo di costituirsi preventivamente; anzi, il potere di proporre la richiesta di riesame spetta al difensore nominato ai sensi dell'art. 96 c.p.p., senza neppure che occorra il preventivo deposito della procura ai sensi dell'art. 100 c.p.p. La tesi difensiva si basava su un primo orientamento del giudice di legittimità, secondo cui, in tema di responsabilità da reato, deve escludersi che l'esercizio dei diritti di difesa da parte dell'ente siano condizionati all'atto formale di costituzione nel procedimento a norma dell'art. 39 d.lgs. n. 231/2001 (Cass. Pen. Sez. 6, n. 43642 del 05/11/07, Quisqueyana S.p.a., rv 238322 e Sez. 6 n. 41398 del 19/06/2009, Caporello, rv 244407; Sez. 6, n. 32627, del 23/06/06, La Fiorita s.c.a.r.l., rv 235637). L'ordinanza del Tribunale del riesame di Ancona, invece, invocava la giurisprudenza della Suprema Corte di segno opposto, secondo, invece, cui l'esercizio dei diritti di difesa da parte dell'ente impone la preventiva formalizzazione della costituzione, a mente dell'art. 39 del decreto citato, atto che ha natura diversa ed autonoma rispetto alla procura conferita al difensore ai sensi dell'art. 100 c.p.p. (Cass. Pen. Sez. 6, n. 15689 del 05/02/08, ARI International s.r.l., rv 241011 e Sez. 2, n. 52748 del 09/12/2014, Vbi01, rv 261967). Alla stregua di tale contrasto interpretativo, il primo nodo giuridico da sciogliere, per le S.U., era il seguente: se, in materia di responsabilità da reato degli enti, sia ammissibile la richiesta di riesame ex art. 324 c.p.p. avverso il decreto di sequestro preventivo, proposta dal difensore di fiducia dell'ente, in assenza di un previo atto formale di costituzione a norma dell'art. 39 d.lgs. n. 231/2001. Le S.U. optano per una terza soluzione, che consente al difensore, nominato ex art. 96 c.p.p. dal rappresentante dell'ente, di presentare validamente la richiesta di riesame anche in assenza della previa costituzione ai sensi dell'art. 39 d. lgs. n. 231/2001, a condizione, tuttavia, che, precedentemente o contestualmente all'esecuzione del sequestro non sia stata comunicata l'informazione di garanzia prevista dall'art. 57 del d.lgs. n. 231/2001 medesimo. La Cassazione, peraltro, coglie l'occasione per risolvere incidenter tantum due ulteriori temi, allo stato non compiutamente analizzati dalla giurisprudenza: i) se il rappresentante legale dell'ente indagato o imputato del reato presupposto possa provvedere o meno alla nomina del difensore di fiducia dell'ente, a fronte dell'assoluto divieto di rappresentanza sancito dall'art. 39 d. lgs. n. 231/2001; ii) se sia ammissibile la richiesta di riesame ai sensi dell'art. 324 c.p.p. del decreto di sequestro preventivo presentata dal difensore dell'ente nominato dal rappresentante che sia indagato o imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo. Osservazioni
Osservano le S.U., che la tesi secondo cui non è prescritta la previa costituzione dell'ente ai fini della validità della richiesta di riesame promossa dal difensore di fiducia, si fonda anzitutto sugli artt. 34 e 35 del d.lgs. n. 231/2001 ove si prevede che, nel procedimento relativo agli illeciti amministrativi, si osservano le norme di detto decreto e le norme del codice di procedura penale in quanto compatibili e che all'ente si applicano le disposizioni processuali applicabili all'imputato, sempre in quanto compatibili. Considerato che, in base ad una consolidata lettura degli artt. 257 e 324 c.p.p., il potere di proporre riesame avverso il decreto di sequestro spetta - tra gli altri - anche al difensore, ne consegue che quest'ultimo, nominato ai sensi dell'art. 96 c.p.p., ben può proporre la richiesta di riesame senza dover essere munito di procura ai sensi dell'art. 100 c.p.p., necessaria invece ai fini della costituzione nel procedimento. In sostanza, prosegue la Corte, l'impugnazione della misura cautelare non è subordinata alla manifestazione di volontà, da parte del'ente, di partecipare al giudizio ed alla conseguente costituzione a norma dell'art. 39 d.lgs. n. 231/2001. L'orientamento opposto, rileva la Corte, preclude in radice all'ente di comparire nel procedimento se non mediante una persona fisica che lo rappresenti; tale potere di rappresentanza, peraltro, è destinato a venire meno qualora il rappresentante legale sia indagato o imputato per il reato presupposto, a causa del realizzarsi del conflitto di interessi previsto dall'art. 39, comma 1, d.lgs. n. 231/2001. La partecipazione dell'ente al procedimento (e, pertanto, già alla fase delle indagini preliminari) postula (in rapporto di autonomia tra di loro) da un lato, la presentazione della dichiarazione contemplata dal citato art. 39 ma anche, dall'altro, la nomina del difensore con conferimento di procura speciale ai sensi dell'art. 100 c.p.p., solo atto, quest'ultimo, che legittima il difensore ad attivarsi nell'interesse dell'ente. In altre parole, osserva la Corte, citando quanto affermato nella sentenza Vbi01, la mera nomina di un difensore di fiducia non dimostra la volontà dell'ente di costituirsi nel processo al fine di parteciparvi attivamente. All'estremo opposto, secondo l'orientamento in esame, vi sarebbe il caso dell'ente che non solo non si costituisca in giudizio per parteciparvi attivamente, ma non provveda nemmeno alla nomina del difensore di fiducia. Solo in tale ipotesi il difensore, designato d'ufficio, avrà le stesse prerogative previste dal codice di rito per il difensore d'ufficio della persona fisica, e potrà esercitare l'attività difensiva (ad eccezione degli atti c.d. personalissimi), compresa l'impugnazione cautelare, indipendentemente dunque dalla costituzione dell'ente nel procedimento. Pertanto, secondo tale orientamento, tertium non datur: il riesame può essere proposto solo dal difensore d'ufficio ovvero dal difensore di fiducia purchè l'ente si sia costituito nelle forme prescritte dall'art. 39 d.lgs. n. 231/2001. Le S.U., inoltre, danno conto anche dell'ulteriore arresto della sentenza Caporello, ove si è affermato il tema della improponibilità dell'appello cautelare perché promosso dal difensore di fiducia nominato dal rappresentante personalmente indagato per il reato presupposto, condizione questa che rappresenta un conflitto di interessi presunto iuris et de iure (sanzionato con il divieto di rappresentanza sancito dall'art. 39 d.lgs. n. 231/2001). Nessuno dei due orientamenti giurisprudenziali sopra richiamati, affermano le S.U. entrando in medias res, appare coerente con la disciplina del codice di rito (richiamata in quanto compatibile, come si è detto, dagli artt. 34 e 35 d.lgs. n. 231/2001) in tema di diritti difensivi dell'imputato, estesi anche alla figura dell'indagato ai sensi dell' art. 61 c.p.p. Invero, secondo le S.U., la ratio dell'art. 39 d.lgs. n. 231/2001 è quella di manifestare formalmente l'intenzione dell'ente di partecipare o meno al procedimento: nel primo caso l'ente è tenuto a seguire un iter formale inderogabile, che è quello della costituzione mediante il deposito della dichiarazione. Non vi sono, secondo la Cassazione, norme che consentano al difensore di rappresentare l'ente in assenza della presentazione di tale atto. La semplice nomina, da parte dell'ente, del difensore ai sensi dell'art. 96 c.p.p. consente a quest'ultimo di esercitare i soli atti difensivi di “reazione” ai c.d atti a sorpresa, posti in essere dal pubblico ministero e ciò sul presupposto che i ristretti tempi che caratterizzano spesso tali atti (in genere, mezzi di ricerca della prova, tra cui le perquisizioni, i sequestri etc.) non sono compatibili con il ricorso in tempo utile alla procedura prevista dall'art. 39 d.lgs. n. 231/2001 (basti pensare, ad esempio, ad enti di una certa complessità, dove tale iter comporterebbe l'attivazione di organi consiliari che richiedono tempi tecnici di qualche apprezzabilità). In tali ipotesi, conclude la Corte, la nomina del difensore, anche a prescindere dalla costituzione nel procedimento, legittima il medesimo alle ulteriori e connesse iniziative nell'interesse dell'ente quali l'attivazione di procedure di impugnazione cautelare, non meno connotate da urgenza, con esercizio di poteri che non possono essere meno ampi di quelli riconoscibili, nello stesso frangente, al difensore di ufficio che fosse designato in assenza della nomina del difensore di fiducia. Con il limite costituito dal principio desumibile dal disposto dell'art. 57 d.lgs. n. 231/2001, norma che impone che l'informazione di garanzia inviata all'ente debba contenere, tra l'altro, l'avvertimento che, per partecipare al procedimento, deve depositare la dichiarazione di cui all'art. 39, comma 2, d.lgs. n. 231/2001. Tale disposizione vale a rendere tracciabile la situazione procedimentale a partire dalla quale l'urgenza della reazione difensiva non può prevalere – restringedola – sull'area di operatività dell'art. 39, il quale torna così a presidiare con le proprie regole l'incedere della fase. In sostanza, l'informazione di garanzia allerta l'ente circa gli oneri per la partecipazione al procedimento, una sorta di messa in mora per effetto della quale non si versa più in quella condizione di imprevedibilità e di urgenza della reazione difensiva ritenuta dalla Cassazione non compatibile con i tempi della costituzione in giudizio. Peraltro le S.U. si dimostrano ben consapevoli che l'informazione di garanzia di regola non precede gli atti a sorpresa (tantomeno l'esecuzione del decreto di sequestro), potendo essere notificata, con la nomina del difensore d'ufficio, anche contestualmente al compimento dell'atto cui il difensore ha il diritto di assistere (v. art. 369-bis, comma 1, c.p.p.). In tali casi è innegabile che l'ente dovrà procedere agli adempimenti ex art. 39 d.lgs. n. 231/2001, nei ristretti tempi imposti dal codice di rito: il mancato esercizio di tale onere, conclude la Cassazione, deve essere inteso come una precisa opzione processuale, frutto di una strategia dell'ente, il cui effetto è incidere negativamente, travolgendola ex lege, anche sulla legittimazione del difensore di fiducia. In chiusura della motivazione, le S.U. affrontano il tema a latere relativo alle sorti della nomina del difensore di fiducia effettuata dal legale rappresentante indagato o imputato del reato presupposto. Al riguardo, le S.U. invocano il generale ed assoluto divieto di rappresentanza prescritto dall'art. 39 d.lgs. n. 231/2001 (basato sul conflitto di interesse presunto in capo al legale rappresentante indagato o imputato) per sancire l'inefficacia della nomina a difensore effettuata dal rappresentante dell'ente. Da tale principio, di conseguenza, si deve inoltre far derivare l'inammissibilità, per difetto di legittimazione rilevabile ai sensi dell'art. 591, comma 1, lett. a), c.p.p., della richiesta di riesame del decreto preventivo presentata dal difensore dell'ente nominato dal rappresentante che sia indagato o imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo. Conclusioni
La soluzione proposta dalle S.U. si discosta da entrambi gli orientamenti in precedenza formatisi e si caratterizza per l'intento di declinare in modo concreto i diritti di partecipazione agli atti urgenti da parte del difensore nominato ai sensi dell'art. 96 c.p.p. ed in assenza di costituzione dell'ente: in aperto contrasto con uno dei precedenti indirizzi interpretativi, le S.U. affermano che, nei casi di esecuzione di atti urgenti, sarebbe una pura astrazione la pretesa di subordinare la presenza del difensore alla preventiva costituzione dell'ente nel procedimento. In quest'ottica appare condivisibile l'individuazione della notifica dell'informazione di garanzia ex art. 369-bis c.p.p. come dies a quo rispetto al quale desumere l'intenzione o meno dell'ente di partecipare effettivamente al procedimento, nelle forme individuate dal d.lgs. n. 231/2001. Resta in una certa misura ancora aperto, sempre sul piano materiale, il difficile rapporto tra le - rapide - iniziative della difesa di reazione agli atti investigativi c.d. a sorpresa (con contestuale notifica del'informazione di garanzia) e l'esecuzione dei vari passaggi di cui si compone la costituzione dell'ente ai sensi dell'art. 39 d.lgs. n. 231/2001, articolazione questa che la stessa Cassazione ammette essere potenzialmente appesantita dalla necessità, ad esempio, di dover attivare organi collegiali per assumere le decisioni del caso. |