Ne bis in idem in materia di abusi di mercato: inammissibili le Q.L.C.

La Redazione
17 Maggio 2016

Il principio del ne bis in idem ha carattere processuale e non sostanziale, ciò significa che agli Stati è permesso di punire il medesimo fatto a più titoli e con diverse sanzioni ma ciò deve avvenire in un unico procedimento ovvero attraverso più procedimenti fra loro coordinati, nel rispetto della condizione che non si proceda per uno di essi quando è divenuta definitiva la pronuncia relativa all'altro.

Il principio del ne bis in idem ha carattere processuale e non sostanziale, ciò significa che agli Stati è permesso di punire il medesimo fatto a più titoli e con diverse sanzioni ma ciò deve avvenire in un unico procedimento ovvero attraverso più procedimenti fra loro coordinati, nel rispetto della condizione che non si proceda per uno di essi quando è divenuta definitiva la pronuncia relativa all'altro.

Questo è principio ricordato dalla Corte costituzionale, nella sentenza 102 del 12 maggio 2016 con la quale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate con due differenti ordinanze dalla Corte di cassazione (nn. 38 e 52 del 2015) e riunite nel medesimo giudizio.

Tali ordinanze, riguardanti il settore degli abusi di mercato, hanno posto questioni relative al rispetto del ne bis in idemcome interpretato dalla Corte Edu, in casi di c.d. doppio binario sanzionatorio, cioè in casi nei quali la legislazione nazionale prevede un doppio livello di tutela, penale e amministrativo, richiamando l'ormai nota pronuncia della Corte Edu Grande Stevens c. Italia.

Con la l. 62/2005, attuativa della direttiva 2003/6/Ce sono stati introdotti, agli artt. 187-bis e 187-ter d.lgs. 58/1998, due illeciti amministrativi la cui fattispecie è descritta in modo sovrapponibile ai corrispettivi delitti di cui agli artt. 184 e 185del medesimo decreto. La sovrapposizione dell'ambito applicativo di ciascun delitto con il corrispondente illecito amministrativo è contemplata dallo stesso legislatore, come risulta dalla clausola di apertura dei suddetti articoli, salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, che in questo modo, stabilisce da un punto di vista sostanziale, il cumulo dei due tipi di sanzioni.

Nello specifico le questioni avevano ad oggetto:

  • l'art. 187-bis, comma 1, d.lgs. 58/1998 nella parte in cui prevede “Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato” anziché “Salvo che il fatto costituisca reato”;
  • l'art. 649 c.p.p. nella parte in cui non prevede “l'applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio al caso in cui l'imputato sia stato giudicato, con provvedimento irrevocabile, per il medesimo fatto nell'ambito di un procedimento amministrativo per l'applicazione di una sanzione alla quale debba riconoscersi natura penale ai sensi della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali e dei relativi protocolli” (questione posta in via subordinata rispetto alla precedente);
  • l'art. 187-ter, comma 1, d.lgs. 58/1998 nella parte in cui prevede la comminatoria congiunta della sanzione penale prevista dall'art. 185 e della sanzione amministrativa prevista per l'illecito di cui all'art. 187-ter.

A parere dei giudici rimettenti occorre verificare se l'obbligatorietà delle sanzioni amministrative nel sistema degli illeciti di market abuse sia confliggente con il sistema del c.d. divieto del ne bis in idem, allorché venga preliminarmente emessa una sanzione penale e se, eventualmente, quest'ultima, a prescindere dalla sua afflittività e proporzionalità, in relazione al fatto commesso, sia preclusiva alla comminatoria della sanzione amministrativa, o se ne debba solamente tenere conto al fine della successiva comminatoria della sanzione amministrativa, ciò anche alla luce della direttiva 2003/6/Ce, che impone agli Stati membri di prevedere sanzioni amministrative effettive, proporzionate e dissuasive e del sistema previsto dagli artt. 187-duodocies e 187-terdecies del d.lgs. 58/1998 che impongono di non sospendere i procedimenti amministrativi per abusi di mercato pur in pendenza del procedimento penale per i medesimi fatti, stabilendo poi, che la esazione della pena pecuniaria eventualmente inflitta in sede penale sia limitata alla parte eccedente quella riscossa dall'autorità amministrativa.

Per i giudici delle leggi, però, nessuna delle tre questioni può dichiararsi ammissibile.

L'art. 187-bis, quand'anche venisse caducato, non avrebbe comunque alcuna rilevanza nel giudizio a quo, avendo avuto la sanzione amministrativa già applicazione definitiva: non solo non consentirebbe di evitare la lamentata violazione del ne bis in idem, ma semmai contribuirebbe al suo verificarsi, dato che l'autorità procedente dovrebbe comunque proseguire il giudizio penale.

La questione posta in via subordinata, relativamente all'art. 649 c.p.p. invece, se accolta ( come tra l'altro evidenziato dallo stesso rimettente) causerebbe una certa incertezza della risposta sanzionatoria, in base alla circostanza aleatoria del procedimento definito più celermente.

Infine, la questione sull'art. 187-ter è posta in maniera dubitativa e perplessa.

Fonte: IlPenalista

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