Ancora sul falso in bilancio
17 Maggio 2016
Con la sentenza n. 20256/16, la V Sezione Penale della S.C. torna sul tema della rilevanza penale del c.d. falso valutativo conformandosi a quanto affermato dall'informativa provvisoria n. 7 che ha anticipato la soluzione interpretativa accolta dalle Sezioni Unite, in attesa del deposito delle motivazioni (vedi la news Conferma delle Sezioni Unite: falso valutativo punibile in questo portale).
Il caso. La sentenza in oggetto origina dal provvedimento con cui la Corte d'appello di Milano riformava solo in parte la pronuncia di primo grado che aveva ritenuto responsabile del reato di false comunicazioni sociali ex art. 2622 c.c. il liquidatore di una s.r.l. L'imputato propone ricorso innanzi alla Corte di Cassazione deducendo l'intervenuta prescrizione del reato, nonché l'assenza dell'elemento soggettivo del reato e la sussistenza di vizi motivazionali in ordine all'elemento oggettivo.
Il “nuovo” falso in bilancio. Il Collegio, pur ritenendo fondato il motivo con cui viene eccepita l'intervenuta prescrizione del reato, ritiene di dover verificare se il fatto contestato sia previsto dalla legge come reato a seguito delle modifiche apportate alla fattispecie dalla L. n. 69/2015. La novella normativa ha infatti ridisegnato il reato delle false comunicazioni sociali configurando due autonomi titoli di reato disciplinati dagli artt. 2621 e 2622 c.c., riferiti rispettivamente ai fatti verificatisi in società non quotate e quotate. La struttura fondamentale delle due fattispecie è comunque identica e configura un reato di pericolo concreto che prescinde dalla causazione di un danno a soci o creditori, come invece previsto dal testo previgente. Altra importante modifica apportata dall'intervento legislativo del 2015 e relativa alla tipizzazione delle condotte penalmente rilevanti, è l'eliminazione del riferimento alle valutazioni, circostanza che ha suscitato non pochi dubbi e perplessità sulla valenza “abrogativa” del nuovo testo.
Il falso valutativo resta punibile. Il contrasto giurisprudenziale venutosi a creare (Cass. Pen. n. 9186/2016; Cass. Pen. n. 6916/2016; Cass. Pen. n. 890/2016; Cass. Pen. n. 33774/2015) è stato risolto dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza del 31 marzo scorso (di cui si attendono le motivazioni) con la quale è stato riconosciuto un rapporto di continuità normativa con la fattispecie previgente. Come si legge nell'informazione provvisoria diffusa dalla S.C., la nuova disposizione normativa deve infatti essere interpretata nel senso di non escludere la rilevanza penale del falso c.d. “valutativo” laddove, in presenza di criteri predeterminati dalla legge o di criteri tecnici generalmente accettati, l'agente se ne discosti consapevolmente senza darne adeguata motivazione giustificativa, in modo concretamente idoneo da indurre in errore i destinatari di tale comunicazione. Nel caso di specie nessun dubbio sussiste dunque sulla riconducibilità della condotta contestata, avente ad oggetto la mancata esposizione in bilancio di poste attive e passive effettivamente esistenti, alla fattispecie penale. In conclusione, la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata per l'intervenuta prescrizione del reato, rigettando il ricorso per quanto riguarda gli effetti civili. |