Irregolarità contabili della precedente gestione societaria? Può risponderne il nuovo amministratore, non la società di revisione

La Redazione
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08 Maggio 2015

È soggetto all'azione sociale di responsabilità, promossa dal curatore fallimentare, l'amministratore che abbia omesso di ripristinare la corretta amministrazione della società, anche se le irregolarità contabili sono ascrivibili al precedente c.d.a.

È soggetto all'azione sociale di responsabilità, promossa dal curatore fallimentare, l'amministratore che abbia omesso di ripristinare la corretta amministrazione della società, anche se le irregolarità contabili sono ascrivibili al precedente c.d.a.

Lo ha affermato la Cassazione, con la sentenza n. 9193 depositata il 7 maggio.

La vicenda. L'amministratore di una società fallita, sottoposto ad azione di responsabilità del curatore, ex art. 146 l. fall., conveniva in giudizio la società di revisione, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni cagionati per aver certificato i bilanci e la situazione patrimoniale societaria con negligenza. La domanda risarcitoria veniva rigettata, in primo e secondo grado, e l'amministratore proponeva ricorso per cassazione.

I fatti contestati, il ruolo della società di revisione e la responsabilità dell'amministratore. Nel rigettare il ricorso, la S.C. conferma la ricostruzione operata dai giudici di merito, secondo i quali la responsabilità dell'amministratore, avente natura extracontrattuale, deriva dal suo dovere di agire con la necessaria diligenza e nel rispetto degli obblighi previsti dalla legge e dallo statuto. L'amministratore lamenta di aver subito un danno dalla falsa rappresentazione economico-patrimoniale della società, generata dalla condotta negligente della società di revisione, senza la quale non avrebbe accettato l'incarico. Ma, osserva la Cassazione, l'assoggettamento all'azione di responsabilità non trae origine dalla mera assunzione della carica di amministratore, ma dall'inosservanza degli obblighi dalla stessa scaturenti.

In particolare, i danni cagionati dalla falsità del bilancio sono riconducibili in primo luogo alla condotta degli amministratori, quali organi tenuti alla correttazza della gestione e alla conservazione della situazione patrimoniale della società, e quindi dei sindaci, che hanno concorso a formare tale situazione di falsità.

L'attività di revisione, infatti, attiene ad una fase successiva alla formazione del bilancio, e gli amministratori non sono esonerati dal dovere di perizia in merito a tali attività. Ciò è sufficiente ad escludere il nesso causale tra la condotta negligente della società di revisione e il pregiudizio lamentato dall'amministratore.

La necessaria verifica delle attività dei precedenti organi sociali. Né vale ad escludere la responsabilità del ricorrente il fatto che le irregolarità contabili contestate fossero imputabili ai precedenti amministratori: per pacifica giurisprudenza, infatti, l'amministratore che succeda ad altri nella gestione di una società affetta da gravi irregolarità e non adotti i provvedimenti necessari per ripristinare la corretta amministrazione, resta responsabile per le proprie omissioni (e non già per le condotte illecite dei precedenti amministratori). Egli, infatti, in virtù dell'incarico che ricopre, è tenuto ad adempiere ai propri doveri di vigilanza e diligenza.

Pertanto nel caso di specie, anche se i bilanci avevano ottenuto un giudizio positivo della società di revisione, l'amministratore resta responsabile per non aver verificato con la dovuta diligenza la correttezza dei dati, pur essendo “perfettamente in grado di rendersi conto di eventuali irregolarità, anche se ascrivibili alla precedente amministrazione”.