Cooperative: solo lo statuto può imporre nuovi conferimenti

La Redazione
19 Maggio 2017

Nelle società cooperative il potere di imporre ai soci versamenti in denaro ulteriori rispetto all'iniziale conferimento deve essere stabilito da una clausola statutaria e non può essere demandato all'assemblea o agli organi gestori.

Nelle società cooperative il potere di imporre ai soci versamenti in denaro ulteriori rispetto all'iniziale conferimento deve essere stabilito da una clausola statutaria e non può essere demandato all'assemblea o agli organi gestori.

Lo ha ribadito la Cassazione, nella sentenza n. 12374 del 17 maggio scorso.

Il caso. I soci di una cooperativa si rivolgevano al Tribunale per ottenere la nullità o l'inefficacia della delibera assembleare con cui era stato disposto, modificando lo statuto, il versamento di somme ulteriori rispetto ai conferimenti iniziali. La domanda veniva rigettata, in primo e secondo grado, e i soci, esclusi dalla compagine sociale, proponevano ricorso per cassazione.

L'obbligo di nuovi versamenti passa dalla previsione statutaria. La S.C. conferma le conclusioni del giudice del merito, il quale ha correttamente evidenziato come un'apposita clausola statutaria, quale quella introdotta nello statuto della cooperativa resistente con la delibera oggetto di controversia, possa contemplare l'imposizione di versamenti in denaro ulteriori, per l'espletamento delle attività della cooperativa.

In tema di cooperative, infatti, non può essere demandato all'assemblea, né agli organi gestori, il potere di imporre al socio versamenti in denaro ulteriori rispetto all'iniziale conferimenti, salvo che talepotere non sia stabilito da una clausola statutaria per il perseguimento dello scopo sociale, o per l'espletamento delle attività della cooperativa (così: Cass. n. 3942/1998 e, da ultimo, Cass. n. 21903/2013).

L'impugnazione della delibera invalida. Sotto il profilo formale, le prestazioni accessorie, ove non previste dallo statuto, devono essere introdotte con delibera assembleare all'unanimità; tuttavia, una delibera assunta a maggioranza assoluta, anziché all'unanimità, non può considerarsi inesistente, né nulla, bensì soggetta a impugnazione ex art. 2377 c.c.: le delibere invalide, escluse quelle nulle per impossibilità o illiceità dell'oggetto, non sono soggette alle norme generali in tema di nullità del contratto, ma devono essere impugnate, a pena di decadenza, entro tre mesi dalla loro data o dall'iscrizione nel registro delle imprese.

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