Diritto di prelazione nella s.p.a. e sequestro giudiziario della partecipazione sociale

Marco Nicolai
19 Ottobre 2015

Il patto di prelazione inserito nello statuto di una società di capitali, avente ad oggetto l'acquisto delle azioni, ha efficacia reale poiché è preordinato a garantire un particolare assetto proprietario e, in caso di violazione, è opponibile anche al terzo acquirente rifiutando di riconoscere quale socio l'acquirente della partecipazione.
Massima

Il patto di prelazione inserito nello statuto di una società di capitali, avente ad oggetto l'acquisto delle azioni, ha efficacia reale poiché è preordinato a garantire un particolare assetto proprietario e, in caso di violazione, è opponibile anche al terzo acquirente.

L'opponibilità del patto di prelazione ha efficacia erga omnes e può essere fatta valere dalla società rifiutando di riconoscere quale socio l'acquirente della partecipazione e dal socio pretermesso che ha manifestato l'intenzione di acquistare, alle stesse condizioni concordate fra il socio alienante e il terzo acquirente, la partecipazione alienata.

Il socio pretermesso, salvo espressa previsione statutaria, non ha diritto di riscattare la partecipazione sociale oggetto di cessione non preceduta da denuntiatio.

Il sequestro giudiziario, presupponendo una controversia sulla proprietà o sul possesso di beni mobili o immobili o altre universalità di beni, non può essere autorizzato in caso di violazione del diritto di prelazione nella cessione di partecipazione sociale azionaria.

Il caso

E.H. LLC partecipa, unitamente a G.C. e A.C., al capitale di C. & Co. S.p.A. che ha quale oggetto sociale l'esercizio di attività sartoriale. Lo statuto di quest'ultima società limita la circolazione delle azioni prevedendo la prelazione in favore dei soci.

G.C. e A.C. conferiscono la loro partecipazione nel capitale sociale di C. e C. s.r.l. Tuttavia, omettono la denuntiatio a favore di E.H. LLC. Pertanto, quest'ultima società promuove ricorso per sequestro giudiziario ante causam che non viene però concesso dall'autorità giudiziaria. Allo stesso modo, ma sulla base di argomentazioni non del tutto coincidenti, il Collegio Giudicante respinge il reclamo interposto da E.H. LLC avverso il diniego del provvedimento cautelare.

Le questioni giuridiche

Il Tribunale di Milano, dapprima quale Giudice monocratico ex art. 669-ter, c.p.c., e poi in composizione collegiale ex art. 669-terdecies, c.p.c., ha esaminato tre questioni giuridiche.

La prima relativa all'operatività del diritto di prelazione riconosciuto dallo statuto della s.p.a. nella specifica ipotesi in cui, omessa la denuntiatio (sulla cui struttura cfr. Trib. Milano, 24 aprile 2013; Trib. Busto Arsizio, 9 marzo 2012, in Soc., 2012, 580) – come nel caso di specie – la partecipazione azionaria sia conferita da alcuni soci in una s.r.l.

La seconda, strettamente connessa alla precedente, ha avuto a oggetto l'analisi delle conseguenze derivanti dall'alienazione effettuata in violazione del patto di prelazione.

Infine, la terza questione ha riguardato la possibilità del Tribunale di concedere il sequestro giudiziario di cui all'art. 670, c.p.c.

Le suddette questioni sono state affrontate sia dal Giudice monocratico, sia da quello collegiale in sede di reclamo. Pertanto, si darà conto delle opinioni concordi e di quelle divergenti espresse nel provvedimento annotato.

Le soluzioni del Tribunale di Milano

La clausola statutaria della s.p.a. prevede che «in caso di trasferimento tra vivi, (le azioni) possono essere cedute, previa comunicazione scritta ai soci ai quali, a parità di condizioni, è riservato il diritto di prelazione nell'acquisto». Il Tribunale di Milano, successivamente alla succinta disamina di alcune fattispecie di prelazione (sul punto, in luogo di molti, e per riferimenti bibliografici, G.F. Campobasso, Diritto commerciale 2. Diritto delle società, a cura di M. Campobasso, Milano, 20148, seconda ristampa, 240 s.), ha ritenuto che, a causa della sintetica e poco perspicua formulazione, la previsione statutaria trovi applicazione nei «casi in cui il trasferimento avvenga in vista di danaro o comunque di prestazione fungibile […] ». Il Giudicante ha poi precisato che il conferimento in società, costituendo una prestazione infungibile, non può essere offerta dal socio pretermesso.

Per quanto attiene agli effetti della prelazione, non c'è concordia di opinioni fra Giudice monocratico e Collegio Giudicante. E infatti, secondo il primo, la clausola statutaria che attribuisce il diritto di preferenza produce effetti meramente obbligatori; mentre ad avviso del secondo – in conformità al condivisibile orientamento maggioritario – essa ha efficacia reale (da ultimo, Cass. 23 luglio 2012, n. 12797, in Giust. civ., 2013, I, 122, nonché – citata dal Collegio giudicante in sede di reclamo – Trib. Milano, 17 dicembre 2012; in dottrina, senza pretesa di esaustività, anche per riferimenti bibliografici, G.F. Campobasso, Diritto commerciale 2. Diritto delle società, cit., 241, in particolare nota 101). Il contrasto emerso si ricompone là dove, sulla scorta dell'orientamento prevalente (per riferimenti bibliografici, G.F. Campobasso, Diritto commerciale 2. Diritto delle società, cit., 241, in particolare nota 101), entrambi i giudici escludono l'esistenza di un diritto di riscatto in capo al socio pretermesso (cfr., ex pluribus, Trib. Milano, 17 dicembre 2012, cit.).

Infine, la possibilità di autorizzare il sequestro giudiziario, sia pur con argomentazioni difformi, è negata sia dal Giudice collegiale, sia da quello monocratico. Quest'ultimo, non condivisibilmente, sostiene che «la prelazione è da parte di dottrina e giurisprudenza ritenuta una clausola di natura meramente obbligatoria, con il che non si giustificherebbe il sequestro giudiziario, perché al più vi potrebbe essere il risarcimento, non il retratto delle azioni al socio che esercita la prelazione».

È invece appagante quanto statuito dal Collegio giudicante secondo il quale «non essendo configurabile un diritto di riscatto […] neppure è configurabile una specifica controversia tra la socia reclamante e la (nuova) socia reclamata quanto alla proprietà o al possesso di tali azioni».

Il diritto di prelazione: sintesi degli aspetti controversi e degli orientamenti esistenti

La clausola statutaria attributiva del diritto di prelazione impone, a colui il quale intenda alienare la partecipazione azionaria, di offrirla preventivamente agli altri soci preferendoli, a parità di condizioni, ai terzi acquirenti (cfr., anche per riferimenti giurisprudenziali, Cottino, Diritto societario, a cura di O. Cagnasso, Padova, 20112, 315).

Ciò posto, dottrina e giurisprudenza (come è anche emerso sopra, cfr. paragrafo precedente) non hanno opinioni comuni e posizioni condivise con riferimento a differenti aspetti. E infatti, l'estensione dell'operatività della clausola di prelazione a vicende traslative diverse dalla compravendita è controversa. A questo riguardo, esiste una tesi permissiva e una restrittiva (per i termini del dibattito, di recente, A. Tucci, Limiti alla circolazione delle azioni, in Liber amicorum G.F. Campobasso, I, Milano, 2006, 639 ss., al quale si rinvia anche per riferimenti bibliografici).

In merito all'efficacia della clausola di prelazione, esiste invece un orientamento consolidato. Tuttavia, il Giudice monocratico ha richiamato – errando – la posizione, autorevole ma ormai minoritaria, secondo la quale la clausola di prelazione ha efficacia meramente obbligatoria. Per tale ragione, in sede di reclamo, il Collegio Giudicante, conformandosi al pensiero oggi decisamente prevalente, ha riformato il provvedimento e, in modo condivisibile, ha riconosciuto effetti reali alla clausola di prelazione statutaria (per utili riferimenti bibliografici, senza pretesa di essere esaustivo, G.F. Campobasso, Diritto commerciale 2. Diritto delle società, cit., 241 s., nota 101; in giurisprudenza, di recente, Trib. Napoli, 03 dicembre 2013, in Società, 2015, 50, con nota di Abete).

L'inosservanza del patto di preferenza determina, secondo l'orientamento dominante e preferibile, l'inefficacia del trasferimento non solo nei confronti dei soci beneficiari della prelazione ma anche della società (esclude l'opponibilità della violazione da parte della società G. Ferri, Le società, in Trattato Vassalli, X. 3., Torino, 19873, 505 s.). Non vi è però concordia di opinioni fra dottrina e giurisprudenza in ordine alle conseguenze derivanti nel caso di alienazione delle azioni. Ciò poiché esiste, da un lato, un'opinione che riconosce ai prelazionari il diritto di riscatto nei confronti del terzo acquirente e, dall'altro lato, coloro i quali, condivisibilmente, lo negano (per utili riferimenti bibliografici G.F. Campobasso, Diritto commerciale 2. Diritto delle società, cit., 242, nota 101, il quale aderisce all'opzione interpretativa affermativa; per i termini del relativo dibattito, fra gli altri, Angelici, La circolazione della partecipazione azionaria, in Trattato Colombo – Portale, 2*, 1991, 194 ss.).

Conclusioni

Il problema dell'operatività del diritto di prelazione va risolto sul piano dell'interpretazione. Tuttavia, diversamente da quanto ha affermato il Giudice monocratico, occorre non tanto ricostruire la volontà dei soci quanto analizzare il precetto statutario, spesso espresso – come nel caso in esame – in termini ambigui (sul punto, passim, M. Cian, Clausola statutaria di prelazione e conferimento di azioni in società interamente posseduta, in Banca borsa e titoli di credito, 2004, I, 696 ss., ove ampi riferimenti bibliografici). A questo riguardo, non sempre persuasivamente, la giurisprudenza ha interpretato le clausole statutarie in modo restrittivo nel convincimento – manifestato anche dal Tribunale di Milano, esplicitamente dal Giudice monocratico (cfr. supra, Le soluzioni del Tribunale di Milano) – che la prelazione non può operare quando la prestazione attesa dal socio alienante è infungibile (con specifico riferimento all'ipotesi del conferimento in società, oltre all'ordinanza commentata, Trib. Milano, 6 febbraio 2002 e Trib. Milano, 9 marzo 2002, in Giur. it., 2002, 1120; con nota di Tosetti).

La locuzione «trasferimento tra vivi», prevista nella clausola statutaria di C. & Co. S.p.a. (cfr., supra, Le soluzioni del Tribunale di Milano), avrebbe meritato un'interpretazione estensiva e non riduttiva, quest'ultima motivata dal riferimento, nella medesima clausola, alla preferenza «a parità di condizioni» (sull'interpretazione delle clausole di prelazione statutaria amplius, M. Cian, Clausola statutaria di prelazione e conferimento di azioni in società interamente posseduta, cit., 708 s.).

La soluzione prospettata si giustifica, per un verso, dando rilievo alla finalità della clausola di prelazione, che consiste nel mantenere inalterata la compagine sociale (cfr. la massima n. 1 del provvedimento annotato), nonché, conseguentemente, in una logica di contemperamento degli interessi, valorizzando la prevalenza di quello sociale rispetto a quello del singolo socio che intende alienare la partecipazione (in questo senso, in motivazione, Cass., 7 novembre 2002, n. 15605, in Guida al dir., 2002, fasc. 49, 64, secondo la quale non «può affermarsi che le clausole di prelazione siano poste solo in funzione di un interesse dei soci, essendo invece innegabile che, in quanto dirette ad assicurare l'omogeneità della compagine sociale, tali clausole siano destinate ad operare (anche) nell'interesse comune dei soci e, quindi, di un interesse che trascende quello, individuale, di ciascuno di essi»).

Per altro verso, qualora i soci avessero inteso limitare la portata del diritto di prelazione avrebbero utilizzato, nella redazione della previsione statutaria, una terminologia difforme rispetto alla generica espressione «trasferimento tra vivi». In questo senso, se il precetto statutario avesse fatto riferimento al trasferimento«a titolo oneroso», come nel caso della disciplina della locazione di immobili urbani, all'art. 38, legge 27 luglio 1978, n. 392, non vi sarebbero stati dubbi soprattutto ove si consideri che la giurisprudenza è conforme nel ritenere che «qualora un locatore conferisca in proprietà ad una società l'immobile urbano locato non sussistono i diritti di prelazione e di riscatto previsti dagli artt. 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392 in favore del conduttore dell'immobile medesimo, atteso che in tal caso non è configurabile un “trasferimento a titolo oneroso” ai sensi del primo comma dell'art. 38 della legge citata, né è possibile che il titolare del diritto di prelazione possa offrire al locatore venditore la medesima controprestazione e le medesime condizioni, in quanto il conferimento in società è correlato alla qualità di socio» (cfr. Cass., 29 settembre 2005, n. 19160, in Vita Notar., 2006, 1, 295; Cass., 18 settembre 2008, n. 23856, in Mass. Giur. It., 2008). Nel caso di specie, poi, la determinazione del corrispettivo dell'acquisto si sarebbe potuta ricavare dal valore delle azioni indicato quale conferimento nella s.r.l.

In conclusione, benché sia incensurabile non concedere il sequestro giudiziario ante causam per le ragioni evidenziate (supra, Le soluzioni del Tribunale di Milano), appaiono fuorvianti, nella fattispecie concreta, le ulteriori argomentazioni addotte dal Giudice monocratico e dal Collegio Giudicante per suffragare la decisione.

In particolare, quella sull'assenza di un sostanziale mutamento della compagine sociale della s.p.a. in quanto i due ex soci di quest'ultima, dopo il conferimento, sono titolari delle quote della s.r.l. e quella sulla circostanza che questi ultimi non hanno manifestato l'intenzione di cederle, nemmeno in sede di reclamo. In realtà, la s.r.l. costituisce un soggetto giuridico distinto rispetto ai due originari soci, persone fisiche (e cioè G.C. e A.C.), della s.p.a. con un consequenziale, indiscutibile, cambiamento della titolarità della partecipazione in quest'ultima società.

Inoltre, sebbene i quotisti non abbiano manifestato l'intenzione di cederle, sarebbero comunque nella condizione di farlo e la clausola statutaria della s.p.a. non potrebbe di certo essere opposta dai soci beneficiari della prelazione ivi prevista agli acquirenti delle quote della s.r.l.

Maggiore considerazione avrebbe probabilmente meritato il comportamento del socio beneficiario della prelazione (i.e., E.H. LLC) in quanto in sede di reclamo è stato dedotto che, successivamente al conferimento delle azioni nella s.r.l., il medesimo non solo non ha lamentato la violazione del patto ma ha anche partecipato a varie assemblee insieme alla nuova socia (i.e., C. e C. S.r.l.) [per un caso simile, citato anche dal provvedimento annotato, cfr. Cass. 23 luglio 2012, n. 12797, cit.].

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