L’arbitrato societario secondo Assonime

La Redazione
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19 Ottobre 2015

La tematica della giustizia per le imprese è da sempre seguita con attenzione da Assonime che approfondisce i problemi e le prospettive applicative dell'arbitrato societario con la pubblicazione del Quaderno di studi n. 9 che raccoglie alcuni contributi presentati ad un seminario tenutosi a Roma nel novembre 2013.

La tematica della giustizia per le imprese è da sempre seguita con attenzione da Assonime che approfondisce i problemi e le prospettive applicative dell'arbitrato societario con la pubblicazione del Quaderno di studi n. 9 che raccoglie alcuni contributi presentati ad un seminario tenutosi a Roma nel novembre 2013. Settanta pagine dedicate alle “riflessioni in materia di arbitrato societariosi legge in prefazione - che colgono un aspetto peculiare della vita dell'impresa, quello delle relazioni – e delle controversie – endosocietarie”.

Tra i quesiti affrontati e risolti da Valentina Allotti nel documento “Arbitrato e Società - Problemi e prospettive dell'arbitrato societario” redatto per l'Associazione fra le società italiane per azioni, spicca quello relativo alle cautele da adottare nella redazione della clausola compromissoria, nonché il tema delle controversie compromettibili in arbitri, con particolare riferimento all'azione di responsabilità da direzione e coordinamento nei confronti della capogruppo ex art. 2497 c.c, le relative modalità di esercizio ed i limiti, anche in una prospettiva transnazionale con il confronto tra esperienza straniera e italiana.

In riferimento agli aspetti formali della clausola compromissoria statutaria, il documento sottolinea come essa, sia in caso di inclusione nell'atto costitutivo che di inserimento in atto distinto (quale ad esempio lo statuto o il regolamento sociale), condivide la natura – e dunque la necessità di conformarsi alle regole di forma e pubblicità – dell'atto costitutivo, di cui è parte integrante.

Per quanto riguarda, invece, la possibilità di aprire l'arbitrato all'azione di responsabilità da direzione e coordinamento assumono rilevanza due parametri: quello della disponibilità del diritto oggetto della controversia e quello della riferibilità della controversia al rapporto sociale (art. 34, d.lgs. n. 5/2003).

Sotto il primo aspetto, secondo l'autrice del testo, non ci sono ostacoli: l'art. 2497 c.c. risponde alla ratio di tutelare l'interesse del socio alla redditività e al valore della partecipazione sociale, interesse che potrebbe subire un danno a causa della violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale che la società capogruppo deve rispettare nell'esercizio dell'attività di direzione e coordinamento; da qui il diritto ad agire nei confronti della capogruppo per il risarcimento del danno subito. Dunque, siamo sicuramente di fronte a un diritto patrimoniale, per sua natura disponibile.

Sotto il secondo aspetto, la soluzione è meno scontata e dipende dalla considerazione dell'attività di direzione e coordinamento: se come un fattore “esterno” alla società eterodiretta oppure come un fattore “interno”, che ne “permea le regole organizzative e di funzionamento” e che, in definitiva, ne caratterizza lo stesso rapporto sociale. Come si legge nel documento, la questione “appare strettamente connessa a quella relativa alla definizione della natura, contrattuale o extracontrattuale, della responsabilità da direzione e coordinamento”. Nel primo caso, “appare difficile negare la riconducibilità della controversia al rapporto sociale e quindi la sua deferibilità in arbitrato”, mentre nel secondo si deve propendere per l'esclusione della riconducibilità alla clausola arbitrale.