Il sindaco inerte concorre nella bancarotta causata dagli amministratori

La Redazione
21 Dicembre 2015

L'inerzia del sindaco di fronte agli atti illeciti compiuti dagli amministratori configura un contributo causale al configurarsi del reato di bancarotta.

L'inerzia del sindaco di fronte agli atti illeciti compiuti dagli amministratori configura un contributo causale al configurarsi del reato di bancarotta. È quanto affermato nella sentenza depositata il 16 dicembre dai giudici della quinta Sezione della Cassazione penale i quali hanno confermato la condanna, nei confronti del sindaco e presidente del collegio sindacale di due s.r.l., per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale in concorso con gli amministratori delle stesse.

I giudici di legittimità hanno così analizzato gli elementi per la configurazione del concorso del sindaco nella fattispecie delittuosa commessa dagli amministratori.

La responsabilità di tipo contrattuale che il sindaco ha nei confronti della società non può essere trasferita automaticamente nella responsabilità penale dove vige il principio della personalità, occorre pertanto che sia dimostrato il suo contributo giuridicamente rilevante, sotto il profilo causale: la condotta del soggetto deve aver determinato o quantomeno favorito, consapevolmente (essendo la bancarotta un reato a punito a titolo dolo), la commissione dei fatti di bancarotta commessi dall'amministratore.

Per la configurazione di tale nesso causale non è necessario alcun accordo tra il sindaco e il soggetto che amministra la società in quanto l'omissione dei suoi doveri, di cui all'art. 2043 c.c. entra a pieno titolo nelle modalità esecutive di un reato. Il suo contributo causale alla bancarotta è consistito nel rimanere inerte di fronte a quelle aggressioni, che non vi sarebbero state o non sarebbero perseguite, se egli si fosse attivato nella maniera richiesta dalla natura della carica della carica che ricopriva.

Fonte: ilpenalista.it

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