Fallimento di s.n.c., dei soci e soddisfazione dei creditori particolari

23 Settembre 2015

Fallimento di una s.n.c. e dei soci. Viene liquidato l'attivo sociale ad eccezione di un'autovettura ed al recupero di un credito in forza di sentenza passata in giudicato. L'attivo conseguito consente il pagamento dei creditori sociali nonché dei debiti e spese in prededuzione. Ricorre l'ipotesi del n. 2 dell'art. 118 l. fall.? I creditori particolari dei soci possono trovare soddisfazione con l'attivo conseguito dal fallimento di ogni singolo socio o è escluso un qualsivoglia riparto in loro favore conseguente alla chiusura del fallimento sociale? Il residuo attivo conseguito dal fallimento di ogni socio (trattenute stipendi, acquisizioni conti e depositi) andrebbe quindi restituito ai singoli soci?

Fallimento di una s.n.c. e dei soci. Viene liquidato l'attivo sociale ad eccezione di un'autovettura ed al recupero di un credito in forza di sentenza passata in giudicato. L'attivo conseguito consente il pagamento dei creditori sociali nonché dei debiti e spese in prededuzione. Ricorre l'ipotesi del n. 2 dell'art. 118 l. fall.? I creditori particolari dei soci possono trovare soddisfazione con l'attivo conseguito dal fallimento di ogni singolo socio o è escluso un qualsivoglia riparto in loro favore conseguente alla chiusura del fallimento sociale? Il residuo attivo conseguito dal fallimento di ogni socio (trattenute stipendi, acquisizioni conti e depositi) andrebbe quindi restituito ai singoli soci?

RIFERIMENTI NORMATIVI - L'art. 118 l. fall., rubricato “Casi di chiusura”, enuncia che “Salvo quanto disposto nella sezione seguente per il caso di concordato, la procedura di fallimento si chiude:
1) se nel termine stabilito nella sentenza dichiarativa di fallimento non sono state proposte domande di ammissione al passivo;
2) quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione;
3) quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo;
4) quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura. Tale circostanza può essere accertata con la relazione o con i successivi rapporti riepilogativi di cui all'art. 33 (…).”.
L'art. 148 l. fall., rubricato “Fallimento della società e dei soci” dispone che “Nei casi previsti dall'articolo 147, il tribunale nomina, sia per il fallimento della società, sia per quello dei soci un solo giudice delegato e un solo curatore, pur rimanendo distinte le diverse procedure. Possono essere nominati più comitati dei creditori.
Il patrimonio della società e quello dei singoli soci sono tenuti distinti.
Il credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della società si intende dichiarato per l'intero e con il medesimo eventuale privilegio generale anche nel fallimento dei singoli soci. Il creditore sociale ha diritto di partecipare a tutte le ripartizioni fino all'integrale pagamento, salvo il regresso fra i fallimenti dei soci per la parte pagata in più della quota rispettiva.
I creditori particolari partecipano soltanto al fallimento dei soci loro debitori.
Ciascun creditore può contestare i crediti dei creditori con i quali si trova in concorso”.

OSSERVAZIONI - Il primo quesito concerne, in sostanza, la possibilità di applicare la disciplina di cui all'art. 118, n. 2, l. fall. ad un fallimento che ha integralmente soddisfatto i creditori sociali, i debiti in prededuzione e le spese della procedura.
Occorre, anzitutto, esaminare la disciplina giuridica applicabile al caso di specie e, in particolare, il riferito art. 118 l. fall.
La norma in esame chiarisce che la procedura fallimentare si chiude quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungano l'intero ammontare dei crediti ammessi e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione.
Nel caso di specie, i debiti sociali sono stati integralmente soddisfatti, così come le spese di procedura, pertanto non si ravvedono motivi che possano impedire la chiusura del fallimento della società, ex art. 118 n. 2 l. fall., con la sola precisazione che il pagamento dei creditori deve essere stato effettivo, non essendo sufficiente il mero deposito delle somme.
Quanto al secondo quesito, ovvero alla possibilità che la chiusura del fallimento sociale precluda il soddisfacimento dei creditori particolari dei soci, è il caso di spendere qualche parola di più.
Giusta il disposto di cui all'art. 147 l. fall., al fallimento della società di persone consegue, per estensione, anche il fallimento dei singoli soci; pertanto, a seguito della declaratoria di fallimento di una società in nome collettivo, si determina, per estensione, quello dei singoli soci.
In tale contesto, i creditori sociali potranno soddisfarsi sia sull'attivo della s.n.c., che su quello dei singoli soci, che rispondono illimitatamente delle obbligazioni sociali.
Pertanto, nel caso in cui il fallimento della società principale venga dichiarato chiuso, nulla vieta al creditore personale del socio di insinuarsi ancora nel fallimento del socio stesso, se già non lo abbia fatto. Anzi, pare aprirsi un certo spazio per argomentare che tale via sia l'unica strada giuridicamente perseguibile dal creditore particolare, che, da un lato, non può insinuarsi nel passivo sociale – poiché destinato al soddisfacimento delle sole obbligazioni sociali –, dall'altro lato, non può nemmeno insinuarsi nel patrimonio degli altri soci, poiché questi rispondono solo delle proprie obbligazioni e di quelle sociali, non anche di quelle contratte, personalmente, dal resto della compagine societaria.
Detto principio trova chiara enunciazione nell'art. 148 l. fall. che, distinguendo i patrimoni della s.n.c. e dei soci, prevede che “i creditori particolari partecipano soltanto al fallimento dei soci loro debitori”.
Da ultimo, con riguardo all'attivo residuo della procedura fallimentare, la giurisprudenza pacificamente ritiene che lo stesso debba essere ridistribuito tra i soci, a un singolo socio, se si tratti di residuo relativo solo al suo fallimento, o tra tutti, se si tratti di residuo finale della società, ma sempre che di residuo attivo in senso tecnico si tratti, ossia di quel surplus che resta dopo aver pagato per intero i creditori. Nel caso di specie deve però considerarsi che il quesito sembra riferire l'ipotesi in cui vi sia un residuo attivo all'eventualità che potesse rispondersi positivamente alla seconda alternativa posta dalla precedente domanda (che fosse escluso, cioè, un qualsivoglia riparto in favore dei creditori particolari dei soci conseguente alla chiusura del fallimento sociale). Ma la risposta che qui abbiamo dato è invece negativa, e quindi non è ipotizzabile che vi sia questo tipo non ortodosso di residuo attivo.