Brevi riflessioni sul ruolo del capitale sociale nella s.r.l.

29 Settembre 2015

Il capitale sociale riveste un ruolo determinante nella struttura organizzativa dell'attività delle società di capitali. Tuttavia, la tendenza alla sottocapitalizzazione, da un lato, ed il veloce deprezzamento del minimo legale, dall'altro, hanno fortemente messo in discussione l'istituto del capitale sociale minimo ed il principio di fissità del medesimo. L'Autore, dopo essersi soffermato sulla funzione del capitale sociale analizza, seppur brevemente, le s.r.l. aventi capitale ridotto, esempio del declino del ruolo del capitale sociale medesimo in tale tipo societario.
Premessa

Il capitale sociale riveste un ruolo centrale nel diritto delle società di capitali per le quali, come noto, il valore dello stesso deve attestarsi in un ammontare minimo - c.d. principio della fissità del capitale sociale- determinato per le s.r.l. in diecimila euro (art. 2463, comma 2, n. 4, c.c.). Per tale tipo societario, tuttavia, è possibile, sia la costituzione con un capitale inferiore al predetto minimo, pari almeno ad un euro (art. 2463, comma 4, c.c.), sia la nascita in forma semplificata con capitale di almeno un euro (art. 2463-bis, comma 2, n. 3).

Il capitale sociale (definito anche “capitale nominale”), cioè quello dichiarato al momento della costituzione della società, è, in virtù del sopra citato principio, un'entità rigida, inderogabile, salvo modifica dell'atto costitutivo deliberata dall'assemblea dei soci, soggetta, al pari delle altre variazioni del contratto sociale, al controllo di legittimità da parte del notaio che ha verbalizzato la relativa deliberazione ed all'iscrizione della stessa nel registro delle imprese (art. 2436 c.c.).

La nozione di capitale nominale si contrappone, però, a quella di capitale reale (definito anche capitale “effettivo”), intendendosi con tale espressione la frazione ideale del patrimonio sociale, rappresentata originariamente dall'ammontare dei conferimenti, per sua natura variabile, soggetta cioè a continue fluttuazioni per effetto del ciclo economico.

In termini generali, il capitale nominale coincide con il capitale reale soltanto occasionalmente, in sede di costituzione. Tale corrispondenza è destinata, tuttavia, a cessare con l'inizio dell'attività sociale e, in una certa misura, anche anteriormente, in virtù del pagamento dei debiti inerenti alla costituzione della società.

La corrispondenza, almeno tendenzialmente, tra capitale nominale e capitale reale è comunque garantita dal nostro legislatore, come si evince:

  • dalle disposizioni dedicate alla formazione del capitale sociale (art. 2465 c.c., inerente alla stima dei conferimenti diversi dal denaro);
  • dalla disciplina volta a conservare la sopra citata corrispondenza nel corso della vita sociale (art. 2466 c.c., concernente la mancata esecuzione dei conferimenti);
  • dalle disposizioni poste in essere al fine di conservare la corrispondenza tra capitale nominale e reale in tema di riduzione per perdite (art 2482-bis c.c.);
  • dalle disposizioni che impongono lo scioglimento della società quando l'alterazione della corrispondenza tra capitale nominale e reale superi la soglia “di guardia”, individuata dal legislatore nella ricorrenza congiunta della presenza di una perdita eccedente il valore del terzo del capitale sociale, tale da fare scendere lo stesso ad un valore inferiore al predetto minimo legale (art 2482-ter c.c.).
La funzione del capitale sociale

Il capitale sociale assume, quindi, “una funzione determinante nella struttura organizzativa dell'attività sociale come strumento di controllo dei mezzi ad essa destinati dai soci” (l'espressione è di G.B. Portale, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzata, in Trattato Colombo Portale, Torino, 1**, 2004, 11); ciò in funzione di salvaguardia dell'interesse dei creditori sociali e, più in generale, dei terzi, alla conservazione di quella parte del patrimonio sociale corrispondente al capitale (profilo della garanzia del credito); dell'interesse dei soci stessi alla conoscenza della situazione patrimoniale e della correlativa determinazione dell'utile; del soddisfacimento di “esigenze connesse all'organizzazione sociale, al controllo degli assetti proprietari” (così G.A.M. Trimarchi, L'aumento del capitale sociale, Milano, 2007, 7).

La salvaguardia degli interessi dei terzi è espressa nel riconoscimento del potere di opposizione a manovre di diminuzione volontaria del capitale sociale cui corrisponde l'effettiva diminuzione dei valori contabili, come accade nelle fattispecie di riduzione ex art. 2482 c.c. Nelle società di capitali, caratterizzate dalla responsabilità limitata dei soci, infatti, il capitale sociale è l'unica garanzia offerta ai creditori: in tale ottica, la funzione del capitale è quella di esprimere, in termini monetari, l'entità minima di questa garanzia.

Il capitale sociale è, altresì, il necessario punto di riferimento della partecipazione dei soci alla società, il cui soddisfacimento dei propri interessi trova nelle informazioni ricavabili dalle cautele che circondano le operazioni sul capitale un'adeguata protezione nella prospettiva del controllo dell'attività di gestione dell'impresa.

Il rilievo organizzativo, di strumento di misurazione dei diritti e dei poteri dei soci, infine, è un altro degli obiettivi perseguiti in materia, come risulta dalla disciplina del diritto a sottoscrivere l'aumento a pagamento nelle s.r.l. (art. 2481-bis c.c.); nonché dalle regole volte a disciplinare la corretta distribuzione della ricchezza che ne può derivare attraverso l'utilizzazione di riserve ed altri fondi iscritti in bilancio all'inclusione in un “regime vincolistico più astringente quale quello, appunto, del valore nominale del capitale sociale” (sempre G.A.M. Trimarchi, L'aumento del capitale sociale, cit., 7) (art. 2481-ter c.c.).

Tuttavia, la tendenza alla sottocapitalizzazione - contrastata, anche se parzialmente, attraverso una specifica disposizione in tema di finanziamento soci prevista dall'art. 2467 c.c. - da un lato, e la considerazione del veloce deprezzamento del minimo legale a causa dell'inflazione e del rilievo in virtù del quale neanche una “soglia di guardia” possa essere fissata in astratto per legge con valenza generale nel tempo e per ciascun tipo di attività, dall'altro, hanno fortemente messo in discussione l'istituto del capitale sociale minimo ed il principio di fissità del medesimo (G.B. Portale, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzata, cit., 29).

Esempio di quanto sopra è rappresentato dall'abbattimento del capitale sociale minimo per le s.r.l. - operata dall'art. 3, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla L. 24 marzo 2012, n. 27 - che ha reso possibile la costituzione con un capitale sociale di un euro attraverso la società a responsabilità limitata semplificata (s.r.l.s.), a cui ha fatto seguito l'introduzione nel nostro ordinamento della s.r.l. ordinaria a capitale ridotto, disciplinata dall'art. 9, comma 15-ter, D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito con modificazioni nella L. 9 agosto 2013, n.99 (con riferimento alle s.p.a., la riscrittura dell'art. 2327 c.c. operata dall'art. 20 D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito in L. 11 agosto 2014, n. 116, ha ridotto il capitale sociale minimo a euro cinquantamila).

La s.r.l. semplificata

La società a responsabilità limitata semplificata trova disciplina nell'art. 2463-bis c.c., aggiunto con l'art. 3 D.L. 1/2012, poi riformato con il D.L. 76/2013 con il quale:

  • è stata modificata radicalmente la disciplina delle s.r.l.s., non più limitata alla partecipazione di soci con meno di trentacinque anni e con previsione di amministratori terzi, estranei, cioè, alla compagine societaria;
  • è stata eliminata la società a responsabilità limitataa capitale ridotto”, prevista dall'art. 44 D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (c.d. “decreto crescita”), convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, tipologia societaria con capitale sociale inferiore a diecimila euro riservata a soci con età superiore a trentacinque anni, la cui introduzione aveva generato problemi di coordinamento con la disciplina della s.r.l.s.;
  • è stata consentita, infine, la costituzione di una società a responsabilità limitata ordinaria con capitale sociale inferiore a diecimila euro (a tal fine, v. infra).

La s.r.l.s. può essere considerata un sottotipo di società a responsabilità limitatala cui caratteristica principale è rappresentata dalla necessità di redigere l'atto costitutivo in conformità ad un modello standard, cioè ad un modello precostituito, la cui tipizzazione è stata affidata ad un decreto ministeriale, rectius decreto del Ministro della giustizia, emanato di concerto con il Ministro delle economia e della finanze ed il Ministro dello sviluppo economico, con costi di costituzione limitati alla sola imposta fissa di registro, in esenzione, quindi, dagli onorati notarili, dai diritti di bollo e di segreteria (sul punto, giova far presente che il testo dell'atto costitutivo standard è stato emanato sotto la vigenza del D.L. 1/2012 - anteriormente quindi, alla riforma apportata dal D.L. 99/2013 – con D.M. Giustizia 23 giugno 2012, n. 138).

L'anzidetto modello standard, le cui clausole sono inderogabili ai sensi del terzo comma dell'art. 2463-bis c.c., deve sussistere all'atto della costituzione della società e deve permanere per tutta l'esistenza della medesima. Ciò induce a considerare nulle e, come tali, non iscrivibili al registro delle imprese, eventuali clausole illegittimamente introdotte in un atto costitutivo di società a responsabilità limitata semplificata in difformità dal citato modello.

Sulla base di quanto disposto dall'art. 2463-bis, comma 5, c.c., alla s.r.l.s. si applicano le disposizioni in materia di società a responsabilità ordinaria “in quanto compatibili”. In altri termini, la società a responsabilità limitata semplificata è soggetta alla disciplina legale della s.r.l. ordinaria, ove compatibile; ma non anche, al contrario, alle disposizioni codicistiche che rinviano espressamente a diversa pattuizione dei soci, ovvero a tutte le opzioni che la legge consente nello statuto di una s.r.l. ordinaria.

Trattandosi, come chiarito, di sottotipo di s.r.l., il passaggio da s.r.l.s. a società a responsabilità limitata ordinaria non costituisce tecnicamente trasformazione, ai sensi degli artt. 2498 e seguenti c.c., ma una mera modificazione statutaria, ovviamente da adottare con formale decisione dei soci ex art. 2480 c.c.

Non sembra al contrario ammissibile l'evoluzione regressiva della s.r.l. ordinaria in società a responsabilità limitata semplificata. Sia in caso di riduzione volontaria del capitale sociale al disotto dei diecimila euro, sia in presenza di perdite che riducono il capitale della s.r.l. sotto il predetto minimo legale, ma pur sempre al disopra di un euro, infatti, l'operazione naturale è il passaggio della società a responsabilità limitata ordinaria alla s.r.l. con capitale ridotto.

La s.r.l. ordinaria con capitale ridotto

La società a responsabilità limitata ordinaria con capitale ridotto, ovvero la s.r.l. con capitale sociale inferiore al minimo legale di diecimila euro - necessariamente compreso tra uno e novemilanovecentonovantanove euro - è disciplinata dall'art. 2463, comma 4, c.c. (nel testo novellato dall'art. 9, comma 15-ter, D.L. 76/2013), secondo cui:

  • i conferimenti devono farsi esclusivamente in denaro, al pari di quanto richiesto per le s.r.l.s., non essendo pertanto ammissibile il ricorso a conferimenti in natura, di crediti, di opere o servizi;
  • i conferimenti medesimi, come previsto anche per le citate s.r.l.s. e per le s.r.l. con unico socio, devono essere interamente versati, a coloro cui è attribuita l'amministrazione della società.

L'art. 2463, comma 5, c.c., a sua volta, impone di dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio di esercizio regolarmente approvato una somma pari, almeno, al venti percento degli stessi - attraverso l'accantonamento alla riserva legale di cui all'art. 2430 c.c. - sino a quando tale riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale sociale, l'ammontare di diecimila euro. La riserva così formata può essere utilizzata soltanto per imputazione a capitale sociale e per copertura di eventuali perdite di esercizio e, in ogni caso, deve essere reintegrata nel caso in cui viene diminuita.

La ratio di quest'ultima disposizione, a ben vedere, pare doversi ricercare nel contemperare l'esigenza dei soci di potere costituire la società pur non disponendo di adeguate somme di denaro da vincolare a capitale sociale, con l'interesse dei creditori sociali di potere confidare, nel più breve tempo possibile, su mezzi propri vincolati di importo complessivamente non inferiore a diecimila euro. In tale ottica, infatti, a compensazione della minore tutela offerta ai creditori della società in fase di costituzione, il legislatore ha previsto che il capitale corrispondente al minimo legale di diecimila euro si formi in maniera progressiva attraverso gli eventuali utili futuri, imponendo che al termine di ciascun esercizio siano accantonati a riserva legale utili pari al quinto del loro ammontare (per G. Marasà, Considerazioni sulle nuove s.r.l.: semplificate, s.r.l. ordinarie e start up innovative prima e dopo la L. n. 99/2013 di conversione del D.L. n. 76/2013, cit., 1092, la disposizione in esame sarebbe compatibile con la disciplina della s.r.l.s. in considerazione del fatto che la funzione della regola in questione è di favorire la successiva patrimonializzazione delle società che beneficiano del privilegio della irresponsabilità dei soci ma che nascono sottocapitalizzate, situazione questa comune alle s.r.l. ordinaria che utilizzano la deroga consentita dall'art. 2464, comma 4, alle s.r.l. semplificate).

In termini generali, non si può non osservare che l'introduzione nel nostro ordinamento della s.r.l. ordinaria con capitale ridotto ha originato perplessità sul ruolo della società a responsabilità limitata semplificata, ponendo l'interrogativo sulla reale utilità della stessa. Infatti, se, da un lato, per entrambe le predette società è previsto un capitale sociale inferiore a diecimila euro - variabile, come chiarito, tra uno e novemilanovecentonovantanove euro - con l'obbligo di integrale versamento dei conferimenti, da effettuarsi esclusivamente in denaro, all'atto della sottoscrizione ed una limitata responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali; dall'altro, la s.r.l.s. si presenta come entità più rigida rispetto alla s.r.l. ordinaria con capitale ridotto. All'unico vantaggio rappresentato dal risparmio di costi in sede di costituzione, si contrappone la necessità di soci persone fisiche e del ricorso al modello di atto costitutivo tipizzato.

In tale ottica, quindi, la s.r.l.s. semplificata, rispetto alla s.r.l. ordinaria con capitale ridotto, si caratterizza per la assoluta mancanza di autonomia statutaria, dovuta dalla impossibilità di adottare clausole diverse da quelle imposte dal citato modello standard.

Da ultimo, quale ulteriore elemento differenziale, va evidenziato che, mentre l'accesso alla società a responsabilità limitata semplificata è consentito soltanto in fase di costituzione (al fine di facilitare l'avvio di nuove iniziative economiche); il ricorso alla s.r.l. a capitale ridotto è possibile anche durante societate, per effetto di operazioni di riduzione del capitale sociale ai sensi degli artt. 2482-bis e 2482-ter c.c. (secondo C.A. Busi, La controriforma delle s.r.l. e le operazioni straordinarie, in Società, bilancio, contratti e revisione, 2013, n. 9, 38, la srl con capitale inferiore a diecimila euro può costituire uno schema organizzativo di approdo per tutte le fattispecie di trasformazione, vista l'assenza di un divieto legislativo).

Conclusioni

Le brevi considerazioni sopra riportate inducono a riflettere sul concetto di capitale sociale nella s.r.l. (e, più in generale, delle società di capitali) e sulla opportunità di procedere ad una riforma dell'istituto del medesimo (per la radicale abolizione del capitale sociale cfr. L. Enriques, J.R. Macey, Raccolta del capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle regole europee sul capitale sociale, in Riv. soc., 2002, 78).

Un'alternativa, al riguardo, è stata individuata, da alcuni studiosi, in una diversa disciplina del patrimonio netto attraverso l'introduzione di altri criteri di valutazione - con conseguente abolizione della figura del capitale fisso - rappresentati da indici di bilancio (ratios secondo la terminologia anglosassone) volti a determinare una certa proporzione tra capitale proprio e capitale di terzi (per tutti, L. De Angelis, Dal capitale “leggero” al capitale “sottile”: si abbassa il livello di tutela dei creditori, in Le Società, 2002, 1457 e la dottrina richiamata alla nota 7).

Altri, al contrario, sulla scia di una prospettiva che ha preso campo a livello europeo, hanno rilevato la necessità di affiancare alla regola della fissità del capitale sociale un'ulteriore principio, desumibile dal sistema ed altrettanto imperativo, che impone di dotare le società di un capitale tale da essere congruo o, almeno, non manifestamente inadeguato con l'attività effettivamente svolta, al fine, principalmente, di evitare il fenomeno della sottocapitalizzazione c.d. “materiale”, che si ravvisa tutte le volte in cui il fabbisogno finanziario di una società, dotata di un capitale sproporzionato rispetto all'oggetto sociale, non risulta coperto neanche con prestiti dei soci (G.B. Portale, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzata, cit., 35 ss).

La tesi della congruità del capitale rispetto all'oggetto sociale, secondo tale dottrina, discenderebbe, infatti, dall'art. 2484, comma 1, n. 2, c.c. - che menziona tra le cause di scioglimento delle società di capitali la sopravvenuta impossibilità di conseguire l'oggetto sociale - dalla cui lettura si deve desumere “un precetto in negativo” che imponga di leggere l'art. 2463, comma 2, n. 4, c.c., nel senso che il capitale sociale, sempre con il rispetto del minimo previsto dalla legge, non può mai essere manifestamente insufficiente per l'esercizio dell'attività sociale (sempre G.B. Portale, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzate, cit., 78 ss. In senso analogo, C.A. Busi, Del minimo di capitale nella spa e di qualche altra novella, in Società, bilancio, contratti e revisione, 2014, n. 9, 31, secondo cui la possibilità e la probabilità che il capitale sociale minimo adempia alla ipotetica garanzia dei creditori non dipende dall'elevatezza della sua cifra, ma dell'adeguatezza della cifra stessa in rapporto alla reale intrapresa economica).

Guida all'approfondimento

In tema di s.r.l. semplificata si veda F. Tassinari, “Ne sexies in idem”: la ricerca del legislatore italiano di semplificare la costituzione delle srl, in Società, bilancio, contratti e revisione, 2013, n. 9, 21, per il quale la s.r.l.s. rappresenta una regola speciale per l'atto di costituzione, che in tale specifico ambito esaurisce la propria portata. Conseguentemente, una volta costituita (ovvero iscritta nel Registro delle imprese), la società a responsabilità limitata semplificata dovrà essere trattata come qualsiasi altra s.r.l., anche laddove intenda modificare un singolo elemento del proprio atto costitutivo, oppure deliberare una trasformazione, fusione o scissione.

Per un ulteriore approfondimento sul tema, si rinvia a A. Busani, C.A. Busi, La s.r.l. semplificata (s.r.l.s.) e la s.r.l. a capitale ridotto (s.r.l.c.r.), in Le Società, 2012, 1305.

Sull'atto costitutivo standardizzato della s.r.l.s. la Commissione società Consiglio Notarile di Milano, con la Massima n. 127, Limiti di ammissibilità di clausole convenzionali nella s.r.l. semplificata, 5 marzo 2013,emanata anteriormente al D.L. 76/2013, ma tuttora applicabile, ritiene che l'atto notarile con il quale viene costituita una s.r.l. semplificata può contenere, oltre a quanto espressamente previsto nel modello standard tipizzato, le clausole meramente riproduttive di norme di legge, quand'anche redatte in documento separato, eventualmente contenente anche gli elementi non contingenti e transitori dell'atto costitutivo.

Sulle possibilità di trasformazione della s.r.l.s. F.G. Nardone, A. Ruotolo, in Società a responsabilità limitata semplificata. Questioni applicative, in Consiglio Nazionale del Notariato, Notizie, 5 novembre 2012, non ritengono possibile l'involuzione di una s.r.l. ordinaria ad una società a responsabilità limitata semplificata per il fatto che la s.r.l.s. sarebbe una variante della società a responsabilità ordinaria destinata ad operare soltanto nella fase di start up dell'impresa e che non sembra, pertanto, poter rappresentare modello di approdo all'esito della trasformazione di una società già esistente. A parere di G. Marasà, Considerazioni sulle nuove s.r.l.: semplificate, s.r.l. ordinarie e start up innovative prima e dopo la L. n. 99/2013 di conversione del D.L. n. 76/2013, in Le Società, 2013, 1093, o si ritiene che l'accesso alla disciplina della s.r.l.s. sia possibile soltanto in fase di costituzione della medesima oppure, se si ritiene immotivata questa limitazione, un'interpretazione delle regole - in particolare dell'art. 2482-ter c.c. - costituzionalmente orientata dovrebbe far concludere nel senso che la possibilità di accedere alla disciplina della s.r.l.s., a seguito di riduzione del capitale per perdite, deve essere riconosciuta sia quando la società di provenienza sia una società per azioni, sia anche quando sia un s.r.l.

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