Crisi bancaria: il direttore generale deve risarcire i danni per mala gestio
23 Novembre 2015
La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 23630/2015, ha ribadito l'autonomia della funzione e la conseguente autonomia di responsabilità del ruolo direzionale rispetto al ruolo degli amministratori.
Il caso. Una società di credito cooperativo veniva posta in amministrazione straordinaria, da parte del Ministero. Uno dei creditori conveniva in giudizio gli amministratori affinché fossero condannati a risarcire i danni per le attività di distrazione del patrimonio sociale e di mala gestio della società. La questione veniva definita transattivamente tra le parti, con esclusione del direttore generale che non sottoscriveva alcun accordo. Il commissario liquidatore proseguiva, dunque, il giudizio nei confronti di quest'ultimo. Alla parte convenuta veniva contestato il fatto di aver chiesto affidamenti e concesso dilazioni (non onorate) in assenza delle dovute autorizzazioni sociali. Il direttore si difendeva dichiarando di aver eseguito solo le delibere del consiglio d'amministrazione. Il Tribunale condannava parte convenuta al risarcimento dei danni. Tale decisione veniva confermata anche in sede d'appello, con la precisazione che parte convenuta aveva svolto il ruolo di direttore e come tale aveva o avrebbe dovuto sovraintendere e gestire tanto le richieste di affidamento quanto la concessione di dilazioni. Il direttore generale ha proposto ricorso in Cassazione.
La funzione del direttore generale. L'art. 2396 c.c., nella formulazione ratione temporis applicabile, statuisce che le disposizioni che regolano le responsabilità degli amministratori si applicano anche ai direttori generali nominati dall'assemblea o per disposizione dello statuto, in relazione ai compiti loro affidati. Detta previsione normativa si applica anche alla figura del direttore generale. La figura del direttore generale non è individuata - per contenuti e mansioni - da alcuna norma ma, spiega la giurisprudenza, sussiste ogni volta che l'istituzione di tale figura, anche in assenza di rapporto di lavoro dipendente, discenda da delibera assembleare, da statuto o da nomina da parte del c.d.a. Chiarisce la Cassazione che, mancando una descrizione formale del contenuto del ruolo, si deve desumere il ruolo apicale dall'atto formale della sua investitura. Quindi, appare in primo luogo corretta l'attribuzione di responsabilità a carico di parte convenuta, atteso che la Corte d'appello aveva correttamente individuato l'atto di nomina del direttore generale proveniente dal c.d.a. e previsto da statuto. Nel caso di specie, il direttore generale ha, poi, fondato la sua difesa sull'assunto di essersi limitato a dare concreta attuazione alle direttive degli amministratori e che a loro, al più, doveva essere attribuita ogni eventuale responsabilità. Sostenendo, inoltre, che l'intervenuta transazione con gli amministratori copriva gli atti da lui compiuti.
L'autonoma responsabilità del direttore generale. I Giudici di legittimità hanno respinto tali argomentazioni osservando che la norma civilistica, applicabile al caso di specie, statuisce il diritto-dovere del direttore generale di dissentire dalle direttive degli amministratori, nonchè il diritto-dovere del direttore generale di valutare la legittimità degli atti e, ove occorra, rifiutare l'esecuzione degli stessi. Dunque, tra direttore generale e amministratori non sussiste alcun obbligo di obbedienza. In conclusione, la Suprema Corte, ha respinto il ricorso del direttore generale e confermato la sentenza impugnata. |