Fallimento e procedure esecutive pendenti sul patrimonio del debitore

Alberto Molgora
25 Febbraio 2016

Cosa accade se alla data del fallimento risultano in essere azioni esecutive individuali sui beni componenti il patrimonio mobiliare ed immobiliare del fallito? Che tipo di valutazioni è tenuto a compiere l'ufficio fallimentare nell'interesse della massa?

Cosa accade se alla data del fallimento risultano in essere azioni esecutive individuali sui beni componenti il patrimonio mobiliare ed immobiliare del fallito? Che tipo di valutazioni è tenuto a compiere l'ufficio fallimentare nell'interesse della massa?

LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO – L'art. 51 l. fall. dispone che, una volta intervenuto il fallimento del debitore, i creditori non possono iniziare né proseguire azioni giudiziali individuali sui beni ricompresi nel patrimonio del fallito.

In tale contesto, l'art. 107, comma 6, l. fall. prevede che, se alla data di fallimento sono pendenti procedure esecutive, la curatela può subentrarvi ed in tale caso si applicano le disposizioni del codice di procedura civile. Qualora il curatore non intenda esercitare una simile facoltà, il Giudice dell'esecuzione – su istanza del curatore medesimo – dichiara l'improcedibilità dell'esecuzione.

In deroga alle disposizioni del citato art. 51 l. fall., talune tipologie di creditori – tipicamente quelli fondiari –possono comunque proseguire l'azione esecutiva sui beni ipotecati anche successivamente alla dichiarazione di fallimento del debitore. Si tratta, beninteso, di una sorta di privilegio “processuale”, posto che, giusto il disposto dell'ultimo comma dell'art. 52 l. fall., anche su tali soggetti incombe l'onere di presentare domanda di insinuazione al passivo e solamente nei limiti del “quantum” spettante a ciascun creditore concorrente all'esito del piano di riparto in sede fallimentare il creditore fondiario potrà trattenere definitivamente le somme provvisoriamente percepite nel corso della procedura esecutiva.

In presenza di azioni esecutive fondiarie che il creditore intende proseguire anche in costanza di fallimento, la curatela ha comunque la facoltà di intervenire in giudizio secondo quanto stabilito dall'art. 41, comma 2, del T.U.L.B..

LE VALUTAZIONI DI OPPORTUNITA' – Laddove al cospetto di procedure esecutive individuali pendenti sul patrimonio del fallito, l'ufficio fallimentare è tenuto ad effettuare una serie di considerazioni nell'ottica delle più proficue e celeri possibilità di realizzo dei beni appartenenti al compendio fallimentare a beneficio della massa.

In particolare, la curatela opterà, di regola, peril subentro nell'azione esecutiva pendente quanto più lo stato di avanzamento della stessa risulti considerevole, come avviene, ad esempio, quando sussistono già la perizia del bene e la relativa ordinanza di vendita.

Diversamente, qualora la procedura risulti ancora nelle fasi primordiali, oppure la curatela disponga di offerte private superiori rispetto al valore di perizia, potrebbe risultare più conveniente rinunciare all'esecuzione pendente e procedere con la liquidazione del bene in ambito fallimentare, anche perché, di regola, maggiormente celere.

Parimenti, la curatela potrebbe avere interesse a non coltivare l'azione esecutiva pendente allorquando il soggetto procedente sia il creditore rispetto al quale il fallito è solo terzo datore di ipoteca, il cui credito risulta superiore rispetto al presumibile valore di realizzo del bene, oppure perché non risulta necessario vendere alcun bene atteso che ci si prospetta di chiudere il fallimento per concordato con assuntore.

In ipotesi di azioni esecutive adite dal creditore fondiario, il curatore potrebbe ritenere utile intervenire nella procedura al fine di tutelare quei soggetti, esclusi dal procedimento di esecuzione individuale, che vantano un credito prededucibile di grado anteriore rispetto a quello del fondiario, piuttosto che per far compartecipare anche tale creditore al sostenimento di quota parte delle spese della procedura.

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