La vendita di quote sociali e il pactum fiduciae

Fabio Signorelli
25 Gennaio 2016

Caratteristica del negozio fiduciario è quella di realizzare una interposizione reale di persona, per effetto della quale l'interposto acquista la titolarità del bene, pur essendo tenuto ad osservare un comportamento convenuto con il fiduciante e a ritrasferire il bene a quest'ultimo o a terzi alla scadenza di un certo termine o al verificarsi di una certa situazione.
Massima

Caratteristica del negozio fiduciario è proprio quella di realizzare – mediante un collegamento di due negozi, l'uno di carattere esterno, efficace versi i terzi, e l'altro di carattere interno ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del primo negozio – una interposizione reale di persona, per effetto della quale l'interposto acquista, diversamente che nel caso d'interposizione fittizia o simulata, la titolarità del bene, pur essendo, in virtù di un rapporto interno con l'interponente, tenuto ad osservare un certo comportamento, convenuto con il fiduciante, e a ritrasferire il bene a quest'ultimo o a terzi, alla scadenza di un certo termine o al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario.

Il caso

Un padre vendeva ad uno dei propri figli (per semplicità lo chiameremo con il suo vero nome: Marco) una parte delle quote della società di famiglia facendosi, tuttavia, rilasciare una procura irrevocabile a vendere le quote medesime a se stesso o a terzi. In virtù di tale procura il padre, quale procuratore del figlio Marco, cedeva le predette quote agli altri suoi figli ai quali, nel frattempo, aveva alienato le quote residue. Marco, prima che l'operazione di (ri)trasferimento si perfezionasse, revocava la procura, opponendosi all'operazione di cessione delle quote agli altri fratelli e chiedeva al Tribunale che venisse dichiarata la nullità della vendita sia per mancanza di causa sia per mancanza di potere rappresentativo in capo al padre al quale, come detto, era stata revocata la procura.

Il Tribunale accoglieva le richieste di Marco e dichiarava l'inefficacia del (ri)trasferimento delle quote.

Radicato l'appello, la Corte territoriale era, invece, di diverso avviso e, condividendo la ricostruzione della complessa vicenda quale negozio fiduciario strumentale all'attuazione di un pactum fiduciae, accoglieva il gravame, contro il quale veniva proposto ricorso per Cassazione che, tuttavia, confermava integralmente la sentenza d'appello.

La questione

I termini della questione sono abbastanza semplici perché la sua soluzione è direttamente connessa alla ricostruzione sistematica della vicenda fattuale.

In concreto, si contrappongono due visioni dei fatti diametralmente opposte. Secondo Marco si sarebbe trattato, secondo una visione che si potrebbe definire “atomistica”, di una semplice vendita di quote con relativo pagamento del prezzo; nessun negozio fiduciario sarebbe mai stato né pattuito né, anche solo, semplicemente, voluto, e la revoca della procura a vendere avrebbe tolto in capo al padre ogni potere rappresentativo, con la conseguenza che la successiva (ri)vendita effettuata da quest'ultimo agli altri figli in assenza di procura (perché revocata) avrebbe reso inefficace l'atto di vendita.

Invece, secondo la ricostruzione del padre, che si potrebbe definire “unitaria”, la vendita, da una parte, e la procura irrevocabile anche nell'interesse del mandatario, dall'altra, in un contesto familiare diretto a facilitare il passaggio generazionale dei poteri e della governance societaria dai genitori ai figli, mantenendo, tuttavia, il potere di controllo ed intervento saldamente in mano ai genitori attraverso il meccanismo della procura irrevocabile, si sarebbe dovuta interpretare come negozio fiduciario concretizzatosi attraverso un contratto di mandato attraverso il quale i figli avevano acquistato effettivamente la titolarità delle quote ma si erano obbligati a ritrasferirle ai genitori o a terzi dagli stessi indicati.

La soluzione giuridica

La Corte di Cassazione innanzitutto ritiene che la ricostruzione dell'intera vicenda e la sua interpretazione in diritto fatta dalla Corte d'appello sia sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici. Ribadisce, pertanto, il suo consolidato orientamento in tema di negozio fiduciario, come espresso nella massima che precede (Cass. 10 maggio 2010, n. 11314, in Foro .it. Mass., 2010, 478; Cass. 2 aprile 2009, n. 8024, in Foro it., 2010, I, 551; Cass. 6 maggio 2005, n. 9402, in Foro it. Mass., 2005, 689).

In particolare, sottolinea che il rilascio della procura irrevocabile anche nell'interesse del mandatario o di terzi costituisse l'elemento qualificante del negozio fiduciario al fine d'impedire che il ripensamento o la resipiscenza del mandante (il figlio Marco) potesse vanificare l'architettura societaria disegnata dai genitori nell'interesse collettivo della famiglia. Coesistono, sempre secondo la Suprema Corte, due negozi giuridici, collegati tra loro, il secondo dei quali (la procura irrevocabile) è diretto a modificare il risultato del primo (la vendita delle quote), stabilizzando, in tal modo, nel caso di specie, l'assetto societario. Ed infatti il concetto di fiducia è impiegato nel linguaggio giuridico per indicare diversi fenomeni, tra i quali:

  1. una particolare specie di proprietà, definita come proprietà fiduciaria e caratterizzata dalla peculiarità che le facoltà di godere e di disporre di un determinato bene sono attribuite al proprietario non per soddisfare un interesse proprio ma un interesse altrui;
  2. una particolare specie contrattuale, definita come contratto (o negozio) fiduciario, in forza della quale la proprietà di un bene viene trasferita da un soggetto ad un altro con il patto, il cosiddetto pactum fiduciae, che il secondo se ne serva per un dato fine, raggiunto il quale, deve trasferire il bene al primo (F. Galgano, Trattato di diritto civile, vol. II, Padova, 2015, 533).

La ratio o, meglio, la causa concreta della complessa vicenda non risiede nei singoli negozi ma li sublima, dovendosi valorizzare il nesso teleologico tra di essi (Cass. 17 maggio 2010, n. 11974, in Foro it. Mass., 2010, 502) in relazione diretta al risultato finale che le parti volevano conseguire attraverso un meccanismo del tutto lecito e, dunque, meritevole di tutela da parte dell'ordinamento giuridico. Tale risultato finale ben poteva essere dimostrato in ogni modo trattandosi di vendita di beni mobili quali sono le quote di una società a responsabilità limitata e, dunque, anche mediante presunzioni gravi, precise e concordanti, come nel caso di specie.

La Corte di Cassazione era talmente convinta della bontà della ricostruzione sistematica operata dal giudice di secondo grado da offrire uno scudo interpretativo alla parte motivazionale della sentenza della Corte d'appello laddove, probabilmente, quest'ultima plus dixit quam voluit, spingendosi ad evocare “descrittivamente” la tutela reale degli obblighi assunti con l'impegno di irrevocabilità della procura, apparentemente trascurando il carattere meramente obbligatorio del pactum fiduciae insito nel mandato diretto a modificare il risultato finale del negozio esterno mediante l'obbligo del fiduciario (il figlio Marco) di ritrasferire al fiduciante (il padre) le quote sociali che avevano formato oggetto della originaria compravendita.

Se è pur vero che la procura, estrinsecazione del mandato, è, per sua natura, revocabile sul presupposto che essa è sempre autonoma rispetto al rapporto gestorio sottostante, tuttavia, non va dimenticato che una corretta interpretazione dell'art. 1723, comma 2, c.c. (Il mandato conferito anche nell'interesse del mandatario o di terzi non si estingue per revoca da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito o ricorra una giusta causa di revoca; non si estingue per la morte o per la sopravvenuta incapacità del mandante) impone di giungere alla conclusione che tale eccezione al principio di revocabilità del mandato si giustifica a tutela delle ragioni del mandatario che, altrimenti, si troverebbe esposto all'arbitrio del mandante.

La irrevocabilità del mandato in rem propriam, per quello che qui interessa, soffre di diversi limiti e non può essere invocata accampando un generico interesse del mandatario di natura patrimoniale né con l'interesse a mantenere l'incarico al fine di conseguire il compenso né, infine, con l'interesse occasionalmente connesso e concorrente con l'attuazione del negozio gestorio, al di fuori di ogni previsione contrattuale. Piuttosto, è stato ribadito che il punto qualificante del mandato conferito anche nell'interesse mandatario e, come tale irrevocabile, consiste nella concomitanza del conferimento con un diverso rapporto che intercorre tra il mandante e il mandatario o un terzo, concomitanza tale da imprimere al conferimento il carattere di un atto obbligatorio, essenziale per la realizzazione dell'utilità specifica della combinazione negoziale di cui il mandato sia componente. In tale ipotesi, il mandato è diretto al soddisfacimento di un interesse del mandatario o del terzo che è diverso da quello strettamente limitato all'esecuzione del mandato (ex multis: Cass. 4 dicembre 2000, n. 15436, in Foro it. Rep., 2000, Mandato [4070] , n. 8).

In sintesi, si tratterà, in concreto, di un mandato in rem propriam, tutte le volte che i contraenti abbiano stabilito un nesso funzionale fra l'esecuzione del mandato e il soddisfacimento dell'interesse del mandatario (F. Alcaro, Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, sub art. 1725, Torino, 2011, 416 ss.).

Conclusioni

Le conclusioni meritano solo qualche chiosa.

Il complessivo disegno evocato dal padre fiduciante nonché mandatario ha evidenziato una (complessa) operazione societaria attuata mediante un negozio fiduciario incardinato sulla vendita di quote sociali da padre a figlio, che, in virtù di un mandato in rem propriam conferito dal figlio a favore del padre, sarebbero potute tornare nel possesso del fiduciante quando fosse stato necessario nell'interesse collettivo della famiglia per stabilizzare i rapporti tra soci.

I negozi così teleologicamente collegati erano meritevoli di tutela in virtù della procura irrevocabile che avrebbe reso inefficace qualsiasi tentativo del mandante di sottarsi ai suoi obblighi di ritrasferimento delle quote.

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