Una corposa riforma del sistema bancario e finanziario italiano dopo la legge di delegazione comunitaria 2015

Mario Cavallaro
26 Agosto 2015

La legge 9 luglio 2015 n. 114, entrata in vigore il 15 agosto scorso, si presenta di particolare rilievo e consistenza: l'impianto è, mai come quest'anno, se unitariamente considerato, soprattutto di una solida e consistente revisione del sistema bancario e del governo e controllo dei mezzi finanziari nel nostro paese.
Una corposa riforma del sistema bancario e finanziario italiano

Nella consueta forma di zibaldone con cui le leggi di attuazione delle norme comunitarie appaiono al giurista italiano, la legge 9 luglio 2015 n. 114, entrata in vigore, ebbene sì, il 15 agosto scorso, si presenta di particolare rilievo e consistenza.

Non manca la norma coloristica (e magari pure importante per gli operatori del settore) sul miele (art. 17, criterio direttivo per l'attuazione della Direttiva 2014/63/Ue), ma l'impianto è, mai come quest'anno, se unitariamente considerato, sopratutto di una solida e consistente revisione del sistema bancario e del governo e controllo dei mezzi finanziari nel nostro paese.

Riforma delle azioni collettive e del "Tribunale delle imprese"

Precedono le norme chiave, a cui faremo appresso più dettagliato riferimento, quelle non meno importanti, e passate finora pressoché sotto silenzio, sulla ulteriore riforma del sistema delle azioni collettive [art. 2 n. 1, lettere a), b) e c)] e sopratutto sull'ennesima interpolazione alla competenza giurisdizionale, in quanto il c.d. "tribunale delle imprese" sarà circoscritto solo ad alcuni uffici giudiziari che saranno individuati dalla legislazione delegata in relazione "al bacino di utenza e alla proporzionata distribuzione sul territorio nazionale", criteri vaghi e generici che già furono oggetto di critiche al momento dell'entrata in vigore della L. 24 marzo 2012 n. 27, che si assestò su una regionalizzazione sostanziale della competenza e che si concretizzeranno in una ulteriore riduzione oggettiva dell'accesso alla tutela giurisdizionale, essendo anche la difficoltà della distanza territoriale un ostacolo che si frappone, per gli operatori che non siano particolarmente solidi e dotati di grande organizzazione, all'esercizio concreto di tutela dei propri diritti.

La riforma dei controlli del sistema bancario e finanziario - Il bail-in

Venendo all'oggetto più significativo della legge di delegazione comunitaria 2015, nel quadro di norme tutte di sicuro rilievo, dall'art. 4 che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche di vigilanza prudenziale degli enti creditizi, all'art. 5 che postula l'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, all'art. 7 sul sistema di garanzia dei depositi, spicca su tutti l'art. 8, che si propone l'attuazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2014/59/UE del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimenti, a modifica di un ampio e significativo pacchetto di previgente disposizioni europee.

Il legislatore delegato italiano deve procedere a tappe forzate, secondo il consueto schema della legislazione delegata richiamato dagli artt. 31 e 32 della legge quadro europea n. 234 del 24.12.2012, di adozione del decreto legislativo, sottoposizione del medesimo alle commissioni parlamentari e successiva approvazione definitiva, tenendo conto che la direttiva europea, probabilmente anche "autoapplicabile" ed oggetto di procedure di infrazione severe ove violata, prescrive che la nuova disciplina entri in vigore il primo gennaio 2016.

Piove sul bagnato delle crisi bancarie

Il problema non è procedurale, ma di sostanza, in quanto la legge di delegazione prescrive che per la risoluzione delle crisi di impresa bancaria si applichi l'ormai famoso - ma poco noto nel merito - bail-in, cioè l'insieme di regole di derivazione comunitaria secondo cui è tendenzialmente inibito un generico intervento pubblico per il salvataggio delle imprese bancarie e di credito, dovendosi richiamare la responsabilità degli azionisti con precedenza assoluta su ogni altro interventore.

Già questo suscita profonde perplessità nella sua rapida attuazione al mondo creditizio italiano, contraddistinto da un azionariato spesso assai fragile, come quello di molte Fondazioni bancarie e quello delle Popolari, che ha richiesto un recente intervento normativo che rendesse più corposo l'azionariato.

Ancor più difficile appare rendere "coerente con la forma cooperativa", che - ricordiamolo - nel nostro ordinamento è quella tipica delle BCC, con i principi del bail-in, non potendosi ipotizzare che al socio della banca cooperativa in crisi venga richiesto un concorso diverso e maggiore di quello della usualmente modesta partecipazione capitaria sociale.

C'è, è vero, da sfatare anche qualche leggenda metropolitana che tende a presentare atecnicamente uno degli aspetti più delicati del bail-in come semplicisticamente un prestito forzoso degli azionisti, degli obbligazionisti o infine dei correntisti, che nel nostro ordinamento viene ancora ricordato con il raccapriccio e l'effetto psicologico ablatorio che seguì alla pratica esperienza messa in campo nel 1992 dal governo Amato.

Bail-in, una definizione elementare

Premesso che la crisi bancaria da cui scaturisce il bail-in deve essere grave ed irreversibile, in realtà si tratta sul piano tecnico della riduzione forzosa del valore delle azioni e del debito della banca in crisi e/o della possibilità, a determinate condizioni, di convertirlo in capitale.

Ciò interessa per primi gli azionisti, poi gli obbligazionisti, i creditori non assistiti da garanzie ed infine i correntisti "non protetti" per i depositi sopra i 100 mila euro e da ultimo i depositi a garanzia di operazioni Bei.

Per i correntisti con depositi sotto i centomila euro nulla è mutato quanto alla garanzia statale di esigibilità e liquidabilità del credito in caso di default bancario (anzi, il fondo di garanzia ora è europeo).

Va ricordato che i correntisti sono del resto in caso di crisi bancaria anche secondo le leggi vigenti a tutti gli effetti dei creditori, tanto che la norma dovrà prevedere anche le possibili compensazioni fra debiti e crediti.

In attesa dell'ultimo tassello

Ovviamente c'è poco da stare allegri, visto che le nuove regole si caleranno su un sistema che, nonostante l'enfasi con cui veniva presentato come sano rispetto alle banche europee ed americane, si è rivelato fortemente appesantito dalla crisi del credito, quasi tutto concentrato nel settore a sua volta in crisi drammatica e forse irreversibile dell'edilizia, dalla mancanza di fiducia delle famiglie nei consumi, dalle difficoltà di accedere ai finanziamenti e dalla scarsa consistenza, fatte salve commendevoli ma rare eccezioni, di un capitalismo bancario privato vero.

C'è poi da risolvere il nodo drammatico della soluzione - entro il termine di inizio delle nuove regole, per le quali non si prevede al momento alcuna fase transitoria - delle crisi bancarie già aperte, alcune delle quali assai significative, come solo ad esempio Banca Marche e Banca Etruria, con la propensione già manifestatasi da parte di Bankitalia, che rimarrà il soggetto vigilante, ad utilizzare lo strumento della L.C.A. assai più diffusamente che in passato, come ampiamente documenta la relazione annuale del governatore di Bankitalia Visco, che sul tema fece un preciso richiamo.

La norma di delegazione prevede anche un totale riordino del sistema sanzionatorio amministrativo, negli ultimi tempi in numerosi casi assai più utilizzato, e con maggior asprezza, del recente passato.

Fragile appare, ma sul punto sarà necessaria un'analisi precisa e specifica, il sistema impugnatorio e dei rimedi giurisdizionali, già ora non un modello costituzionalmente orientato.

Un quadro, dunque, tutt'altro che consolatorio, che dovrà nel giro di qualche mese dotarsi dell'ultimo, indispensabile tassello legislativo, per poi passare ad una nuova fase auspicabilmente di sviluppo, ma in terre incognite, del sistema bancario.

È pur vero che quello attuale, basato non infrequentemente su uno pseudo capitalismo molto legato ai territori ed alla politica, con una governance poco o punto professionale, non può reggere in alcun modo alla sfida della concentrazione internazionale dei sistemi del credito.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario