Il sequestro preventivo di conti del legale rappresentante
27 Giugno 2016
Con riferimento alla possibilità o meno di porre sotto sequestro i conti personali del legale rappresentante di una società sottoposta ad indagini, ed alla prova che quanto reperito sia proprio il profitto del reato, la Cassazione Penale, con sentenza n. 26257/16, riconferma la posizione giurisprudenziale già antecedentemente sostenuta (sent. 42966/15), dove era stato affermato che, qualora il procedimento si riferisca a reati tributari commessi dal legale rappresentante, risulta essere legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni dell'imputato, qualora sia impossibile reperire il profitto del reato e il soggetto non dia prova della concreta esistenza di beni, nella disponibilità della persone giuridica, su cui disporre la confisca diretta.
Il caso. A seguito dell'emissione, da parte del GIP del Tribunale di Trapani, di decreto che disponeva il sequestro preventivo di conti personali del legale rappresentante della società, era stato proposto riesame avverso il decreto stesso da colui che rivestiva tale posizione, indagato per non aver presentato dichiarazione annuale al fine di evadere le imposte dirette e l'IVA per un ammontare superiore a cinquantamila euro (ex. art. 5 del D. Lgs. 74/2000). Il tribunale di Trapani, interrogato sulla questione, aveva rigettato la richiesta di riesame con ordinanza. Il legale rappresentante ha proposto quindi ricorso in Cassazione avverso l'ordinanza lamentando la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., in relazione all'art. 325, n. 3, c.p.p., per mancanza assoluta di motivazione o motivazione del tutto apparente sul punto riferibile all'esistenza dell'elemento soggettivo del dolo, avendo il Giudice del riesame semplicemente riproposto gli argomenti svolti dal G.I.P. del Tribunale di Trapani senza ribattere sulle due censure mosse dalla difesa in riferimento all'impossibilità di procedere a sequestro dei suoi conti personali, e la mancanza di prova che quanto reperito fosse proprio il profitto.
Il sequestro preventivo di conti personali. La Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso: con riferimento al sequestro di conti personali del legale rappresentante di una società e in tema di prova di mancata possibilità di reperire il profitto del reato, ricorda come il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente risulti essere legittimo solo qualora o sia impossibile reperire i beni costituenti il profitto del reato, o nel caso in cui gli stessi non siano aggredibili. Ciò significa dire che il PM può richiedere al giudice il sequestro per equivalente, in sostituzione di quello diretto, solo all'esito di una valutazione della situazione patrimoniale dell'ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato. Ciò, tuttavia, non sta ad indicare che il PM ha l'obbligo di compiere specifici e ulteriori accertamenti preliminari per rinvenire il prezzo o il profitto nelle casse della società, poiché risulta essere in capo al destinatario del provvedimento cautelare l'onere di dimostrare che sussistono i presupposti per disporre il sequestro in forma diretta. Sulla base di questi argomenti la Cassazione stabilisce, confermando il precedente orientamento, che, qualora si stia procedendo per reati tributari commessi dal legale rappresentante, risulta legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni dell'imputato sul presupposto dell'impossibilità di reperire il profitto del reato nel caso in cui dallo stesso soggetto non sia stata fornita la prova della concreta esistenza di beni, nella disponibilità della persone giuridica, su cui disporre la confisca diretta. |