Il contratto di investimento esige anche la sottoscrizione ad substantiam dell’intermediario?

La Redazione
28 Aprile 2017

La Cassazione rimette alle Sezioni Unite la questione relativa al requisito della forma scritta del contratto quadro di investimento, chiedendo se sia necessaria, a norma dell'art. 23 D.Lgs. n. 58/1998, anche la sottoscrizione dell'intermediario, oltre a quella dell'investitore.

La Cassazione rimette alle Sezioni Unite la questione relativa al requisito della forma scritta del contratto quadro di investimento, chiedendo se sia necessaria, a norma dell'art. 23 D.Lgs. n. 58/1998, anche la sottoscrizione dell'intermediario, oltre a quella dell'investitore.

Il caso. Alcuni investitori impugnavano i contratti di gestione patrimoniale, investimento e finanziamento stipulati con una Banca, chiedendo al Tribunale che ne venisse accertata la nullità o l'annullamento per mancata sottoscrizione da parte dell'intermediario. La domanda veniva rigettata, in primo e secondo grado, e la vicenda giungeva infine in Cassazione.

La sottoscrizione del contratto quadro. Il ricorso pone una questione centrale: se, ai sensi dell'art. 23 TUF, la sottoscrizione della banca sia necessaria ad substantiam, al pari di quella dell'investitore, al fine della valida conclusione di un contratto (quadro) di gestione su base individualizzata di portafogli di investimento.

La questione ha rilevanza pratica perché nella prassi bancaria, tali contratti vengono conclusi mediante lo scambio di documenti sottoscritti. Ma mentre per pacifica giurisprudenza la mancata sottoscrizione del contratto da parte dei clienti determina la nullità di tutte le operazioni d'investimento successivamente compiute dalla banca (così, ex multis, Cass. n. 28432/2011), diverso è il caso della mancata sottoscrizione da parte della banca.

È vero e condivisibile che, come affermato da recenti pronunce di legittimità, la produzione in giudizio, da parte dell'intermediario, del contratto-quadro da essa non sottoscritto non è idoneo equipollente della sua sottoscrizione (Cass. n. 36/2017; Cass. n. 8935/2016; Cass. n. 7068/2016).

Controverso è, invece, se l'art. 23 richieda la sottoscrizione dell'intermediario ai fini della validità del contratto di investimento.

Il requisito di forma funzionale e l'esigenza informativa a protezione del cliente. La pronuncia in esame sposa una tesi di nullità funzionale e forma c.d. di protezione.

La previsione formale dell'art. 23 è dettata ai fini esclusivi di tutela dell'investitore – che è parte debole - e la necessità di sottoscrizione del contratto da parte del cliente è volta proprio ad assicurare la piena e corretta raccolta di un consenso consapevole alla stipula e all'investimento: il consenso informato. I requisiti formali sarebbero, pertanto, strumenti non solo di manifestazione della volontà ma anche di trasmissione di informazioni, di dati e notizie sull'operazione.

Secondo una simile impostazione, l'altra parte del rapporto, l'intermediario finanziario, è il soggetto che ha predisposto le condizioni generali del contratto, per il quale certamente non si rinviene l'esigenza di un consenso informato. Non servirebbe, quindi, la sua sottoscrizione ai fini della validità del contratto.

La S.C. rileva, infine, un pericolo di strumentalizzazione dello strumento formale da parte del cliente che, a fronte di un peggioramento dell'andamento del mercato e di una perdita marginale successiva, potrebbe impugnare il contratto, non sottoscritto dalla banca, per ottenere la nullità delle operazioni di investimento successive che lo avrebbero danneggiato: una posizione di vantaggio che, secondo la Cassazione, non troverebbe giustificazioni.

Ove, invece, venga accolta la tesi opposta, secondo cui anche la sottoscrizione della banca è requisito di forma ad substantiam, si pongono ulteriori questioni: in caso di mancata sottoscrizione, avendo la nullità efficacia ex tunc, la banca è legittimata a ripetere quanto versato a favore del cliente, e ancora, a fronte di un uso “selettivo” della nullità, l'intermediario può eccepire la violazione della buona fede contrattuale?

La rimessione alle S.U. In conclusione, poiché risultano ancora aperte questioni di rilevanza pratica, la S.C. rimette la causa al Primo Presidente, per eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, per stabilire se “a norma dell'art. 23 d.lgs. n. 58 del 1998, il requisito della forma scritta del contratto di investimento esiga, accanto a quella dell'investitore, anche la sottoscrizione ad substantiam dell'intermediario”.

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