La scissione negativa: ammissibilità e condizioni. L'orientamento del Consiglio Notarile di Roma

28 Ottobre 2016

La scissione negativa costituisce uno dei più controversi e dibattuti istituti giuridici societari. L'attualità del dibattito è stimolata dal tenore di due recenti massime del Consiglio Notarile di Roma elaborate nel luglio 2016 espresse a favore dell'ammissibilità, in presenza di determinate condizioni, della scissione negativa i) nel caso in cui essa comporti l'assegnazione di un netto patrimoniale avente valore contabile negativo ma valore reale positivo, e altresì ii) nell'ipotesi – assai discussa - in cui la scissione avvenga mediante assegnazione di un netto patrimoniale avente valore sia contabile che corrente negativi.
Breve premessa. La scissione in generale e la particolare tipologia della scissione negativa

In termini di inquadramento dell'istituto, la scissione rappresenta quell'operazione che si realizza mediante l'assegnazione di azioni o quote del patrimonio della c.d. “scissa” o “scindenda” ad una o più società c.d. “beneficiarie” o “assegnatarie” preesistenti o appositamente costituite, mediante la contestuale attribuzione ai soci della società scissa - sulla base di un rapporto di cambio – delle partecipazioni nella o nelle beneficiarie, oltre ad un eventuale conguaglio in denaro (artt. 2506 ss. c.c.).

Sul piano generale, la scissione rappresenta un fenomeno di disarticolazione societaria – inverso e contrario rispetto alla fusione – per il quale, da un lato, il patrimonio della scissa viene disgregato e assegnato ad una o più società beneficiarie; da altro lato, tale fenomeno si caratterizza per il fatto che i soci della scissa diventano soci (anche) della o delle beneficiarie a fronte dell'assegnazione patrimoniale scissoria.

Nella prospettiva della società scissa, la forma di scissione potrà essere “totale” o “parziale” (ex art. 2506, comma 1, c.c.), a seconda che la disgregazione concerna l'intero ovvero una parte solamente del patrimonio della scissa. In tal modo, quest'ultima, nella prima ipotesi, si scioglierà senza alcuna liquidazione (art. 2506, comma 3, c.c.) mentre, nella seconda ipotesi, continuerà ad avere giuridica esistenza pur con patrimonio ridottosi della porzione scissa. La scissione parziale, inoltre, può avere luogo anche a favore di una sola società. Quella totale, invece, richiede necessariamente una pluralità di società beneficiarie, poiché diversamente si tratterebbe di una fusione per incorporazione inversa (in questo senso, cfr. Serra, Le scissioni, in Serra-Spolidoro, Fusioni e scissioni di società, Torino, 1994, 193) oppure di una trasformazione (cfr. Ferro-Luzzi, La nozione di scissione, in Giur. comm.,1991, I, 1070).

Dal punto di vista dei soci della scissa, ai sensi dell'art. 2506 bis, comma 4, c.c., la scissione potrà essere “proporzionale” o “non proporzionale”, a seconda che il capitale sociale della/e beneficiaria/e venga, nel primo caso, o non venga, nel secondo, assegnato a tutti i soci della scissa in proporzione alla rispettiva partecipazione sociale.

Nella prospettiva della società beneficiaria, ai sensi dell'art. 2506, comma 1, c.c. si può distinguere tra scissione a favore di società di nuova costituzione e quella a favore di società preesistente.

La scissione negativa si distingue e caratterizza per il fatto che, in tale tipologia di operazione straordinaria, il saldo di valore del patrimonio di scissione è negativo in quanto l'ammontare complessivo del valore degli elementi passivi supera quello degli elementi attivi.

Il problema della ammissibilità della scissione negativa

Il nodo della questione oggetto di analisi è costituto principalmente da due aspetti.

Il primo concerne la libera (o meno) composizione qualitativa e quantitativa del patrimonio di scissione e, quindi, la possibilità di valutare se gli organi amministrativi, nella determinazione del patrimonio oggetto di scissione, possano congegnare una operazione che preveda:

  • un patrimonio avente valore contabile negativo, ma valore reale positivo;
  • un patrimonio avente valore negativo, sia da un punto di vista contabile che reale (c.d. scissione “realmente negativa”).

Il secondo aspetto, attiene alla valutazione delle conseguenze che un'assegnazione di patrimonio netto negativo possa determinare sulla società beneficiaria e, soprattutto, sul rapporto di cambio.

Quanto alla prima questione, deve rilevarsi innanzitutto che il dettato normativo attualmente in vigore non esclude testualmente la legittimità della fattispecie in esame. Ai sensi dell'art. 2506 bis c.c., dal progetto di scissione deve, infatti, semplicemente risultare “l'esatta descrizione degli elementi patrimoniali da assegnare a ciascuna delle società beneficiarie e dell'eventuale conguaglio in danaro”. Pertanto, non si dispone espressamente che tali elementi patrimoniali debbano presentare un saldo contabile positivo (per la tesi contraria cfr. Belviso, La fattispecie della scissione, in Giur. comm., 1993, I, 526 ss.; G. Palmieri, Scissione di società e circolazione dell'azienda, Torino, 1999; G. B. Portale, La scissione nel diritto societario italiano: casi e questioni, in Riv. Soc., 2000, 494. In giurisprudenza, cfr. Trib. Verona 6 novembre 1992, in Le Società, 1993, 362).

Per quanto concerne, poi, il tema dell'assegnazione di un patrimonio netto negativo e del rapporto di cambio, chi sostiene la tesi dell'inammissibilità pone l'accento sulla necessità che nella relazione dell'organo amministrativo debba essere indicato, da un lato, il valore effettivo del patrimonio netto assegnato alle società beneficiarie e, da altro lato, quello che eventualmente rimanga nella società scissa (ex art. 2506-ter, comma 2, c.c.). Inoltre, secondo l'orientamento tradizionale, non sarebbe nemmeno possibile assicurare l'effetto di continuità con riferimento alla partecipazione dei soci della scissa poiché non si determinerebbe un patrimonio funzionale all'esercizio o alla prosecuzione dell'attività e non potrebbe materialmente essere assegnata ai soci alcuna partecipazione al capitale della beneficiaria.

In relazione alle questioni sopra evidenziate, è recentemente intervenuto il Consiglio Notarile di Roma con due massime del luglio 2016 il quale, unitamente alla dottrina e giurisprudenza formatesi in materia, ha contribuito a fornire alcune risposte ai quesiti sopra evidenziati.

La scissione di patrimonio avente valore contabile negativo e valore reale positivo: ammissibilità e condizioni

La configurazione di una scissione in presenza di patrimonio scisso contabilmente negativo ma con valore corrente positivo è ritenuta ammissibile dagli orientamenti maggioritari in presenza di, almeno una, delle condizioni di seguito illustrate.

La prima condizione di ammissibilità consiste nella rivalutazione del netto assegnato, a valori correnti, sulla base di un'apposita perizia redatta ai sensi dell'art. 2343 c.c. o dell'art. 2343 ter, comma 2 lett. b) c.c. qualora la società beneficiaria sia una S.p.A. oppure dell'art. 2465 c.c. laddove la società beneficiaria sia una S.r.l.

In questo caso la società beneficiaria potrà essere anche una Newco purché la differenza (positiva) fra valore reale e valore contabile del patrimonio scisso, sia riscontrata nella predetta relazione giurata la quale assicurerà che la rivalutazione dei valori contabili corrisponda al valore effettivo dei cespiti, impedendo così la formazione fittizia del capitale sociale.

Sul tema, come accennato, è intervenuto recentemente il Consiglio Notarile di Roma con le citate massime del luglio 2016 sostenendo l'ammissibilità della scissione negativa qualora “si proceda a rivalutare il netto assegnato a valori correnti sulla base di una perizia redatta ai sensi dell'art. 2343 c.c. o dell'art. 2343-ter, comma 2 lett. b), c.c. ovvero dell'art. 2465 c.c.”.

Già in passato si erano espressi a favore di una siffatta operazione la Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano nella massima del 15 novembre 2015 n. 72 e il Consiglio Notarile di Firenze nella massima n. 3/2008 intitolata ‘‘Fusione tra società di capitali e determinazione del capitale sociale della risultante'' ove si afferma che “l'art. 2343 cod. civ. può essere (…) indispensabile strumento e (…) una sufficiente garanzia economica ai terzi proprio in presenza di una relazione giurata di stima, le cui risultanze confermino che il patrimonio stimato è almeno pari al capitale stesso” (la massima è relativa alla fusione, ma è ritenuta applicabile anche alla scissione trattandosi di operazione uguale e contraria).

In Dottrina, si segnalano gli orientamenti conformi espressi da autorevoli Autori, quali Laurini, Manuale breve della s.r.l. e delle operazioni straordinarie, Padova, 2004, 134; Magliulo, La fusione delle società, Milano, 2005, 278; Bianchi, in La congruità del rapporto di cambio nella fusione, Milano, 2002, 300; Santagata, Le fusioni, in Colombo-Portale (a cura di), Trattato delle società per azioni, 7**, 2, Fusione - Scissione, Torino, 2004, 202).

La scissione negativa è ritenuta ammissibile anche qualora (seconda condizione) avvenga a favore di beneficiaria preesistente il cui patrimonio netto presenti un saldo positivo idoneo ad assorbire il netto negativo assegnatole, senza provocare nella beneficiaria una situazione di perdita tale da dover ridurre il capitale al di sotto del minimo legale ex art. 2447 c.c. o 2482 ter c.c.

Nei medesimi termini si era pronunciato in passato il Comitato Notarile delle Tre Venezie con la massima n. L.E.1 - 1° pubb. 09/08 secondo cui: “è ammissibile la scissione (…) mediante assegnazione ad una o più beneficiarie di un insieme di elementi patrimoniali attivi il cui valore contabile sia inferiore a quello dell'insieme degli elementi passivi (cosiddetta “scissione negativa”), semprechè il valore economico/reale di quanto complessivamente assegnato sia positivo”.

Più recentemente il Consiglio Notarile di Roma, con le citate massime del luglio 2016, ha ritenuto che “è ammissibile, alle condizioni di seguito indicate, la scissione mediante assegnazione alla o alle beneficiarie di un netto patrimoniale avente valore negativo dal punto di vista contabile, ma positivo a valori correnti. (…) Sul piano patrimoniale l'operazione è ammissibile laddove: (…) si tratti di una scissione a favore di beneficiaria preesistente il cui patrimonio netto presenti un saldo positivo idoneo ad assorbire il netto negativo assegnatole, senza dar luogo nella beneficiaria stessa alla fattispecie di cui all'art. 2447 c.c. o dell'art. 2482-ter c.c.”.

In Dottrina abbracciano la tesi della ammissibilità diversi Autori, tra i quali si segnalano: Scognamiglio, Le scissioni, in Colombo-Portale, Trattato delle società per azioni, 2, Torino 2004, 150; Bolognesi, sub art. 2506, in Grippo (a cura di), Commentario delle società`, Torino, 2009, II, 1309; Perotta-Garegnani, Le operazioni di gestione straordinaria, Milano, 1999, 278.

Significativo, sul tema anche il documento OIC n. 4 del 25 gennaio 2007, nel quale si afferma che “è tuttavia ammessa, in accordo con la dottrina, anche l'ipotesi che il valore contabile del patrimonio netto trasferito ad una beneficiaria sia negativo purché però il valore economico sia positivo e si tratti di società beneficiaria già esistente”.

Peculiarità del caso in questione è quella per cui la società beneficiaria, non potrà essere una Newco, bensì una società necessariamente preesistente dotata di una situazione patrimoniale tale da consentire l'assorbimento del valore contabile negativo derivante dalla scissione senza riduzione del capitale sotto il minimo legale.

Infine, la scissione negativa è ritenuta legittima (terza condizione) qualora di tratti di una scissione a scopo meramente liquidatorio, effettuata a favore di società preesistente in stato di liquidazione, senza soluzione di continuità rispetto al suo processo di liquidazione.

Nel caso in esame, quindi, i) la scissione potrà essere svolta solo in un'ottica di continuazione della procedura liquidatoria al fine di liquidare il patrimonio oggetto di scissione e la beneficiaria dovrà i) essere necessariamente preesistente, ii) trovarsi già in stato di liquidazione.

Anche in proposito si è espresso il Consiglio Notarile di Roma con le citate massime del luglio 2016, ritenendo che una siffatta operazione non pare in contrasto con le finalità della liquidazione medesima che verrebbero comunque preservate senza pregiudizio per la società. Secondo i Notai romani è ammissibile la scissione negativa ove essa sia “a scopo meramente liquidativo, siccome effettuata a favore di società preesistente in stato di liquidazione e prevedendosi che la società beneficiaria continui ad essere una società in stato di liquidazione”. In Dottrina, in senso favorevole, si vedano i contributi di autorevoli Autori, quali: A. Serra-M.S. Spolidoro, Fusioni e scissioni di società, Torino, 1994, 17; F. Galgano, Il nuovo diritto societario, in Trattato di diritto commerciale e diritto pubblico dell'economia, XXIX, Padova, 2003, 533.

La scissione di patrimonio avente valore sia contabile che reale negativo

La possibilità di operare, invece, una scissione mediante assegnazione di un netto patrimoniale avente valore negativo sia contabile che a valori correnti è oggetto di interpretazioni contrastanti.

L'orientamento prevalente in materia tende a negare la legittimità di una scissione così delineata in quanto la stessa porrebbe rilevanti problemi interpretativi con particolare riferimento alla determinazione del rapporto di cambio.

Sul tema è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26043 del 20 novembre 2013 (in questo portale, con nota di Galletti, Scissione negativa e valutazione dell'insolvenza della società scissa e di quella beneficiaria) la quale ha sostenuto l'inammissibilità di una siffatta operazione affermando che “nel caso di scissione di società, qualora il valore reale del patrimonio attribuito alla società neo-costituita sia negativo, si realizza un'ipotesi di scissione cosiddetta negativa, da ritenersi non consentita, in quanto non potrebbe sussistere alcun valore di cambio e, conseguentemente, non potrebbe aversi una distribuzione di azioni, fermo restando che, l'invalidità della scissione non può essere pronunciata dopo il decorso, senza opposizione da parte dei creditori, del termine di sessanta giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese della deliberazione di scissione e dopo l'iscrizione dell'ultimo atto della scissione nel medesimo registro”.

Chi sostiene l'inammissibilità di tale tipologia di scissione (in dottrina cfr. Provasoli-Viganò, Bilancio. Valutazioni, lettura, analisi, Milano, 2007, 23; Palmieri, Scissione di società e circolazione dell'azienda, Torino, 1999, 136; Abate, Gruppi, Trasformazione, fusione e scissione, Milano, 2003, 519; Ammendola, La responsabilità per i debiti della società scissa, in Giur. comm., 1992, I, 501), rileva in particolare che non sarebbe possibile determinare un patrimonio funzionale all'esercizio o alla prosecuzione dell'attività. In altri termini, non sarebbe possibile assicurare l'effetto di continuità con riferimento alla partecipazione dei soci della scissa poiché non potrebbe essere loro assegnata alcuna partecipazione al capitale della beneficiaria e, di conseguenza, verrebbe meno lo stesso concetto di concambio.

Inoltre, secondo l'orientamento tradizionale, una tale operazione sarebbe qualificabile come trasferimento di beni con contestuale accollo di debiti, travalicando così la causa giuridica della scissione. Alla medesima conclusione è giunta anche la Suprema Corte nella sopra citata pronuncia con la quale i Giudici di legittimità hanno ritenuto - in chiave critica - che a fronte di un valore reale del patrimonio netto scisso negativo, “non potrebbe sussistere alcun valore di cambio e conseguentemente non potrebbe aversi una distribuzione di azioni”.

In tema di impossibilità di realizzare un concambio si era espresso precedentemente anche il Consiglio Notarile del Triveneto con la citata massima L.E.1 - 1° pubb. 09/08, in questi termini: “non si ritiene ammissibile una scissione o fusione “negativa” nell'ipotesi in cui anche il valore reale del patrimonio assegnato sia negativo, poiché in tal caso non potrebbe sussistere alcun rapporto di cambio. E' inoltre da rilevare che una scissione o una fusione “realmente negativa”, anche laddove non sia necessario determinare un rapporto di cambio risulterebbe priva di utilità per la società beneficiaria/incorporante e produrrebbe comunque un'alterazione del valore economico delle partecipazioni preesistenti, in ciò contrastando con la causa stessa di tali operazioni”.

Differente, invece, è la posizione del Consiglio Notarile di Roma assunta con le massime del luglio 2016. I Notai romani si sono espressi a favore dell'ammissibilità della scissione “realmente negativa” e offrono una prospettiva argomentativa diversa volta ad enfatizzare la funzione di riorganizzazione della struttura societaria a discapito del valore negativo degli elementi patrimoniali assegnati.

Precisano i Notai che in relazione al rapporto di cambio – aspetto nodale della fattispecie - occorrerà avvalersi di soluzioni alternative.

Sarebbe, dunque, consentita una scissione con valori contabili e reali negativi in presenza di – almeno una - delle seguenti circostanze:

a) In ipotesi di scissione parziale, si assegnino in concambio solo azioni o quote della scissa in favore dei soci della beneficiariapreesistente e non in favore di soci della scissa.

In tale modo, l'assegnazione delle azioni ai soci della beneficiaria non avverrebbe mediante un aumento di capitale della scissa bensì tramite una ridistribuzione delle azioni esistenti della medesima società scissa (in questo senso, si vedano in Dottrina: Scognamiglio, Le scissioni, in Colombo-Portale, Trattato delle società per azioni, 2, Torino, 2004, 152; Busani–Montinari, La scissione con apporto di valore patrimoniale negativo alla società beneficiaria, in Le Società, 6, 2011, 653).

b) Vengano assegnati in concambio ai soci della beneficiaria preesistente assegnataria del netto negativo, in caso di scissione totale, partecipazioni nell'altra o nelle altre beneficiarie.

In questo caso si riprodurrebbe, in definitiva, il medesimo fenomeno già esaminato per la scissione parziale sub a), con l'unica particolarità che il ruolo della scissa verrebbe qui giocato dalla beneficiaria diversa da quella che risulti assegnataria del netto negativo (come noto, infatti, la scissione totale, richiede necessariamente la presenza di una pluralità di società beneficiarie). Ne consegue che ai soci della beneficiaria assegnataria del netto negativo andranno assegnate partecipazioni nell'altra o nelle altre beneficiarie.

c) Non sia necessario procedere a concambio in quanto i) la beneficiaria preesistente possiede l'intero capitale della scissa (in applicazione del combinato disposto dell'art. 2506 ter, ultimo comma, e dell'art. 2505 c.c.) oppure ii) sussiste identità delle compagini sociali della scissa e della beneficiaria preesistente.

In tali casi, la beneficiaria non emetterebbe azioni, in quanto difetterebbe ab origine il presupposto stesso del formarsi di un rapporto di cambio, dal momento che se la beneficiaria assegnasse azioni, le assegnerebbe a sé medesima senza che il suo patrimonio abbia subito un incremento di valore (sul punto, cfr. Busani–Montinari, La scissione con apporto di valore patrimoniale negativo alla società beneficiaria, in Le Società, 6, 2011, 653).

Anche in presenza della peculiare ipotesi di identità tra le compagini sociali si verificherebbe una situazione analoga a quella sopra indicata (in tale senso, cfr. Busani – Montinari, La scissione con apporto di valore patrimoniale negativo alla società beneficiaria, in Le Società, 6, 2011, 653).

Infine, da un punto di vista patrimoniale, i Notai romani specificano che la scissione “realmente negativa” è legittima solo laddove ricorra almeno uno dei seguenti presupposti, (già singolarmente esaminati nella narrativa che precede, cui si rinvia):

- il patrimonio netto della beneficiaria preesistente deve presentare un saldo positivo idoneo ad assorbire il netto negativo assegnatole, senza dar luogo nella beneficiaria stessa alla fattispecie di cui all'art. 2447 c.c. o dell'art. 2482 ter c.c. (riduzione del capitale sotto il minimo legale);

ovvero

- deve trattarsi di una scissione a scopo meramente liquidativo, effettuata a favore di società preesistente in stato di liquidazione con previsione che la società beneficiaria continui ad essere una società in stato di liquidazione.

In conclusione

La scissione costituisce certamente uno strumento finalizzato a soddisfare molteplici esigenze che variano dalla riorganizzazione degli aspetti patrimoniali ed organizzativi delle strutture imprenditoriali alla articolazione e rimodulazione degli assetti proprietari.

Alla luce degli orientamenti sopra esposti, è ragionevole ritenere che sia possibile realizzare una scissione con patrimonio di valore contabile negativo ma con valore corrente positivo. Maggiori difficoltà sorgono, invece, quando la scissione avvenga mediante assegnazione di un netto patrimoniale avente sia valore contabile che reale negativo. L'orientamento tradizionalista e maggioritario tende a negare l'ammissibilità di una tale operazione straordinaria; il Consiglio Notarile di Roma, con le massime citate, appare invece possibilista (in presenza di determinate condizioni). Le argomentazioni poste a fondamento dell'orientamento innovativo esposto dal predetto Consiglio paiono condivisibili e soprattutto di rilevante attuazione pratica.

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