Le S.U. sulla punibilità del falso valutativo

La Redazione
30 Maggio 2016

Sono state depositate le motivazioni con cui le Sezioni Unite Penali della Corte di legittimità hanno confermato la punibilità del c.d. falso valutativo, negando l'effetto abrogativo da parte della L. n. 69/2015, intervenuta sulla fattispecie delle false comunicazioni sociali, come prospettato da parte della giurisprudenza nel contrasto che si era venuto a formare all'interno della medesima Quinta Sezione della Cassazione.

Sono state depositate le motivazioni (anticipate dall'informativa provvisoria n. 7, su cui vedi la news La conferma delle Sezioni Unite: il falso valutativo è punibile) con cui le Sezioni Unite Penali della Corte di legittimità hanno confermato la punibilità del c.d. falso valutativo, negando l'effetto abrogativo da parte della L. n. 69/2015, intervenuta sulla fattispecie delle false comunicazioni sociali, come prospettato da parte della giurisprudenza nel contrasto che si era venuto a formare all'interno della medesima Quinta Sezione della Cassazione.

Il quesito. La vicenda origina dall'imputazione per bancarotta fraudolenta e bancarotta da reato societario mossa nei confronti degli amministratori di una società calcistica fallita, giunta dinanzi alle Sezioni Unite Penali per risolvere il quesito circa il valore abrogativo o meno dell'omesso riferimento all'inciso “ancorché oggetto di valutazioni” nella nuova formulazione dell'art. 2621 c.c. (Cass. Pen. n. 9186/2016, su cui vedi la news Alle Sezione Unite il nodo del falso valutativo).

Il contrasto giurisprudenziale. Con le sentenze n. 33774/2015 e n. 6916/2016, i giudici della S.C., valorizzando il dato testuale, sostenevano la parziale abrogazione del reato di falso in bilancio con riferimento al c.d. falso valutativo. In tali termini, la nuova disposizione normativa manifesterebbe la volontà del legislatore di circoscrivere l'area delle condotte penalmente rilevanti alle sole non integranti “falsi estimativi”.

La successiva sentenza n. 890/2016 sostiene invece la tesi di una perfetta sovrapponibilità della condotte attualmente punibili rispetto a quelle previste dall'art. 2621 c.c. prima dell'intervento legislativo. Avvalora tale argomentazione un approccio sistematico che guarda al complessivo riordino della fattispecie e che, già nella precedente versione della norma, vedeva l'inciso in oggetto come mera specificazione della condotta illecita.

Una visione sistematica. Le Sezioni Unite risolvono la questione adottando un approccio sistematico che porta a riflettere sul complessivo impianto normativo relativo agli assetti societari, in una visione logico-sistematica che riconosca nella trasparenza societaria l'oggetto della tutela penale. La normativa codicistica individua infatti nella redazione del bilancio il momento valutativo della situazione societaria, momento che comporta necessariamente un apprezzamento discrezionale del valutatore, improntato però a criteri di discrezionalità tecnica. Una sterilizzazione del bilancio con riferimento ai suoi contenuti valutativi andrebbe a negarne e stravolgerne la funzione e la natura in quanto, come scrive il Collegio, «un bilancio non contiene “fatti”, ma “il racconto” di tali fatti».

Il principio. In conclusione, le Sezioni Unite affermano che, pur dopo le modifiche apportate dalla L. n. 69/2015, «sussiste il delitto di false comunicazioni sociali, con riguardo alla esposizione o alla omissione di fatti oggetto di “valutazione”, se, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o criteri tecnici generalmente accettati, l'agente da tali criteri si discosti consapevolmente e senza darne adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni».

Nel merito, il ricorso viene rigettato e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.

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