Il diritto del liquidatore al compenso
30 Maggio 2016
Il liquidatore che avanza richieste economiche per ritenute attività professionali, legate all'attività di liquidazione, si trova in stato di conflitto di interessi, là dove i soci contestano il fondamento della pretesa? E che dire se i soci manifestassero interesse a promuovere un'azione di accertamento negativo sulla infondatezza delle stesse pretese, reiterate dal liquidatore con comunicazione scritta e con volontà di interrompere il termine prescrizionale?
Il quesito posto è stato idealmente suddiviso in due parti e segnatamente: a) nella prima parte, ci si chiede se il liquidatore che avanza richieste economiche (alla società) per l'attività liquidatoria svolta possa ritenersi in conflitto di interessi laddove i soci contestino il fondamento della pretesa; b) nella seconda parte, viene chiesto se la comunicazione scritta della pretesa da parte del liquidatore valga ad interrompere il termine prescrizionale e se sia legittima da parte della società un'azione di accertamento negativo della fondatezza della pretesa del liquidatore. Posta l'assenza di alcuni elementi essenziali per una corretta soluzione del quesito (come per esempio, se si tratti di una società di persone o di una società di capitali e se la liquidazione si sia o meno conclusa nel momento in cui si scrive), si partirà dall'assunto che si tratti di una società di capitali (società per azioni o a responsabilità limitata, e, per quanto compatibile, società cooperativa) e verranno sviluppate considerazioni diverse a seconda che si assuma o meno che la liquidazione si sia conclusa. Perché, invece, si possa paventare una ipotesi di “conflitto di interessi”, si assumerà che il Liquidatore sia anche socio della società.
È ormai pacifico sia in dottrina che in giurisprudenza che l'incarico di liquidazione sia oneroso per natura (ex multis, Niccolini in Niccolini-Stagno d'Alcontres, Società di capitali, 3, Napoli, 2004 e Tribunale Milano 16 giugno 2011 con nota di Alessandra Stabilini, in Le Società, 2011, 9) e che la determinazione del compenso rientri nei compiti dell'assemblea in sede ordinaria (tra gli altri, ancora Tribunale di Milano 8 luglio 2011). Si ritiene, infatti, che la lacuna normativa vada colmata per analogia con quanto disposto per gli amministratori, essendo ambedue gli organi gestori nominati dall'assemblea (artt. 2364, n. 2, 2479, comma 2, n. 2 e 2487, comma 1, c.c.) e accomunati tanto dalle regole in materia di responsabilità (art. 2489 c.c.) quanto dal genere di attività professionale svolta (seppure in fasi della vita sociale aventi scopi del tutto diversi). Tale competenza assembleare (sul compenso) permane anche in caso di nomina giudiziale del liquidatore, poiché il Tribunale è chiamato, ex art. 2487, comma 2, c.c., a prendere le sole decisioni spettanti all'assemblea espressamente elencate nel primo comma dello stesso articolo, tra le quali non vi è la determinazione del compenso.
Fatta questa premessa, l'ipotesi prospettata può ricorrere in due situazioni diverse:
Se la liquidazione non si è ancora conclusa, il liquidatore provvederà a convocare l'assemblea perché si discuta della questione del suo compenso.
Poiché, ex art. 2488 c.c., le disposizioni sulle decisioni dei soci e sulle assemblee si applicano, in quanto compatibili, anche durante la liquidazione, l'ipotesi di conflitto di interessi paventata dal quesito (che, in realtà, potrebbe verificarsi solo se il liquidatore sia un socio, di maggioranza assoluta o relativa), si risolve secondo quanto disposto dall'art. 2373 c.c. (per le s.p.a.) e 2479-ter c.c. (per le s.r.l.) a mente dei quali sono impugnabili le decisioni assunte con la partecipazione determinante di soci che hanno, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società, qualora possano arrecare danno alla società.
Ricapitolando, se si verificano le seguenti condizioni:
il liquidatore dovrebbe convocare l'assemblea per la discussione del suo compenso (da istituire o da integrare) ma dovrebbe astenersi dall'esercizio del diritto di voto (per il presunto interesse in conflitto con quello sociale).
Se l'assemblea non dovesse deliberare alcunché, è pacifico, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, che il diritto al compenso del liquidatore sia un diritto soggettivo perfetto e, in caso di omessa indicazione nell'atto costitutivo o da parte dell'assemblea, può esserne richiesta al giudice la determinazione (Trib. Firenze, 2 maggio 2001 in Toscana Giur., 2002, 93 con nota di Pacini). Il compenso degli amministratori e del liquidatore di una società a responsabilità limitata, qualora non sia stato stabilito dall'assemblea dei soci, può essere determinato in via equitativa dal giudice, tenuto conto della qualità dell'opera svolta e della qualifica personale di tali organi (Trib. Roma, 28 maggio 1982, in Le Società, 1983, 32). A tal fine, una Cassazione relativamente recente precisa che il diritto ad ottenere il compenso per l'attività di liquidatore di una società è condizionato allo svolgimento di attività liquidatoria in senso proprio, come precisata dall'art. 29 del D.P.R. 30 giugno 1987, n. 309, comprendente la valutazione, il progetto, la redazione di inventari e di bilanci; detto compenso va, pertanto, commisurato sul realizzo delle attività e sul totale delle passività accertate, con la conseguenza che non è rilevante "ex se" la variazione dell'attivo e del passivo, non integrando attività liquidatoria la mera gestione, fondata sui soli atti conservativi del patrimonio sociale (Cass. Civ. 1 ottobre 2012, n. 16665).
La richiesta scritta del compenso da parte del liquidatore, vale certamente ad interrompere il termine prescrizionale del diritto a percepirlo. Tuttavia, il termine è diverso a seconda che, come si accennava in premessa, la liquidazione si sia o meno conclusa (con la cancellazione della società dal Registro delle imprese, ex art. 2495 c.c.). Infatti, ex art. 2949 c.c. (ed in deroga all'art. 2946 c.c. che prevede la prescrizione ordinaria decennale dei diritti) si prescrivono in cinque anni i diritti che derivano dai rapporti sociali, se la società è iscritta nel Registro delle imprese.
Con riferimento, infine, all'interesse (dei soci) a promuovere un'azione di accertamento negativo sulla infondatezza delle pretese (del liquidatore), se con tale espressione si intende la possibilità che i soci esercitino un'azione di responsabilità nei confronti del liquidatore, la risposta è senz'altro affermativa. Infatti, ai liquidatori si applicano le norme in tema di responsabilità già previste per gli amministratori. Tuttavia, se la liquidazione non si è ancora conclusa, ai sensi del n. 7) del comma 1 dell'art. 2941 c.c. la prescrizione rimane sospesa tra le persone giuridiche ed i loro amministratori (rectius, liquidatori) finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi. Se, invece, la liquidazione si è conclusa, ex art. 2393, comma 4, c.c. l'azione (di responsabilità) può essere esercitata entro 5 anni dalla cessazione dell'amministratore (rectius, liquidatore) dalla carica. |