L'azione cautelare di revoca degli amministratori nella s.r.l. è strumentale all'azione di responsabilità

Martino Liva
31 Gennaio 2017

L'azione sociale di responsabilità si configura come azione risarcitoria di natura contrattuale che deriva dal rapporto in essere tra società e amministratori ed è mirata a reintegrare il patrimonio sociale in conseguenza del suo depauperamento cagionato dalle condotte (dolose o colpose) degli amministratori.
Massima

L'azione sociale di responsabilità si configura come azione risarcitoria di natura contrattuale che deriva dal rapporto in essere tra società e amministratori ed è mirata a reintegrare il patrimonio sociale in conseguenza del suo depauperamento cagionato dalle condotte (dolose o colpose) degli amministratori.

La previsione di cui all'art. 2476, comma 3, c.c. (che rimarca la generale tendenza del legislatore a rendere autonoma l'azione cautelare da quella di merito) consente a ciascun socio di agire in via cautelare per scongiurare l'aggravarsi dei danni compiuti da un amministratore, e si inserisce per previsione del legislatore, essendone strumentale, nel contesto del giudizio di responsabilità degli amministratori. Invece, anche in ragione del disposto dell'art. 2908 c.c., che impone la regola della tassatività delle azioni costitutive impedendo il ricorso all'analogia, in mancanza di espressa previsione legislativa in tal senso, al socio di società a responsabilità limitata è preclusa l'azione di merito diretta a conseguire la revoca di un amministratore non potendosi infatti dilatare l'operatività del disposto dell'art. 2476, comma 3, c.c. sino a ricomprendervi tutte le esigenze di tutela in passato svolte dall'art. 2409 c.c., norma oggi applicabile solo alle società per azioni e non anche alle società a responsabilità limitata.

Il caso

La sentenza pronunziata dal Tribunale di Roma qui in esame ha per thema decidendum la richiesta di revoca di un amministratore di una società a responsabilità limitata, nonché l'azione di responsabilità nei confronti di quest'ultimo, al fine di vederlo condannato al risarcimento dei danni che, a detta dell'attore, socio della società, sarebbero derivati da atti di mala gestio perpetrati nel periodo in cui il convenuto ha ricoperto il ruolo di amministratore unico della società.

Il Tribunale, in via preliminare, da un punto di vista processuale, ha dichiarato legittimato il socio ad agire in nome proprio ma nell'interesse della società come consentito dall'art. 2476, comma 3, c.c., essendosi premunito l'attore di evocare in giudizio la società stessa, quale litisconsorte necessario.

Quindi, i giudici romani si sono pronunciati per l'inammissibilità della domanda di revoca, essendo stata proposta con un'azione di merito e non in via cautelare, come richiesto dalla lettera dell'art. 2476, comma 3, c.c.. Quanto all'azione risarcitoria, il Tribunale ha rigettato quasi integralmente gli addebiti mossi nell'atto di citazione, a partire da tutte quelle doglianze per cui l'attore aveva allegato supposti inadempimenti di precisi obblighi gravanti sull'amministratore, senza tuttavia provarne il danno concreto per la società (i.e. il depauperamento del patrimonio sociale), o quanto meno un nesso di causalità tra danno e inadempimento, come invece costantemente richiesto dalla giurisprudenza (cfr. Cass. Civ., 18 marzo 2005, n. 5960).

Le questioni

La sentenza in esame ha il principale merito di aggiungere ulteriori elementi di valutazione circa la portata del disposto dell'art. 2476, comma 3, c.c., introdotto con la riforma del diritto societario di cui al D.Lgs. n. 6/2003 e, da allora, oggetto di non pochi dibattiti.

Con tale norma, il legislatore ha inteso garantire piena autonomia alle società a responsabilità limitata anche dal punto di vista dei controlli, in ossequio a uno dei ricorrenti leit motiv della riforma che considera la società a responsabilità limitata e la società per azioni come due modelli distinti e autonomi. Partendo da tali mosse, il Tribunale di Roma ha, innanzitutto, abbracciato la tesi dell'inapplicabilità analogica alla S.r.l., in tema di controlli, dell'art. 2409 c.c. (in tema di S.p.A.) e dell'art. 2259 c.c. (in tema di società di persone).

Quanto alla prima norma citata, che attribuisce alla minoranza di una S.p.A. il potere di denunzia al Tribunale per "gravi irregolarità nella gestione" degli amministratori che "possano recare danno alla società", la stessa relazione ministeriale al D.Lgs. n. 6/2003, aveva statuito come la tutela riconosciuta ai soci di S.r.l. con l'art. 2476, comma 3, c.c., renderebbe «superflua e in buona parte contraddittoria con il sistema la previsione di forme di intervento del giudice, quali quelle ora previste dall'art. 2409». Senza dimenticare come, successivamente, i giudici delle leggi aditi con una questione di legittimità costituzionale avente a oggetto gli artt. 2409, 2476 e 2477 c.c. (basata, tra l'altro, su di una supposta disparità di trattamento tra i soci di S.r.l. e i soci di S.p.A.) si erano pronunziati per la non fondatezza della questione (cfr. Corte Cost. 29 dicembre 2005, n. 481).

Quanto all'art. 2259 c.c., che attribuisce a ciascun socio di s.s. e s.n.c. il potere di domandare in giudizio la revoca di un amministratore per giusta causa, nonostante esista un dibattito in dottrina (per l'applicabilità di tale norma alla S.r.l. si veda, tra gli altri, O. Cagnasso, commento all'art. 2476, in G. Cottino, G. Bonfante O. Cagnasso, P. Montalenti (a cura di), Il nuovo diritto societario, Zanichelli, 2004) viene messa in luce la diversità del presupposto oggettivo tra le due norme: nell'art. 2476 c.c. il legislatore fa riferimento a "gravi irregolarità nella gestione", mentre nell'art. 2259 c.c. si ritrova l'assioma di "giusta causa", concetto più ampio ma allo stesso tempo più rigoroso.

Nel rigettare, quindi, la domanda di merito avente a oggetto la revoca dell'amministratore, la sentenza in esame, seppur incidentalmente, porta l'interprete a interrogarsi su ulteriori profili di indagine che concernono la portata applicativa dell'art. 2476, comma 3, c.c..

Innanzitutto, il rapporto tra il procedimento instaurato con la domanda (necessariamente cautelare, dice il Tribunale di Roma) di revoca dell'amministratore e l'azione di responsabilità volta a ottenere il risarcimento del danno. Sul punto esiste un nutrito dibattito che vede da un lato chi ritiene, partendo dal tenore letterale della norma ("l'azione sociale di responsabilità è promossa da ciascun socio il quale può altresì richiedere […] che sia adottato un provvedimento cautelare di revoca") che l'istanza di revoca debba inevitabilmente essere depositata contestualmente o successivamente rispetto all'azione di responsabilità, costituendone un'appendice inscindibile ed eventuale incardinata all'interno di tale giudizio di merito (cfr. Trib. Parma 25 ottobre 2004 in Società 2005, 758; Trib. Milano, 27 aprile 2005, in Corr. merito 2005, 883). Secondo una diversa corrente di pensiero, l'azione cautelare di revoca potrebbe invece essere ammessa anche ante causam, considerandosi quindi alla stregua di un provvedimento cautelare anticipatorio, seppur, secondo i più, di natura strumentale. Solo in tal modo, infatti, si riuscirebbe a garantire l'adeguata tutela al socio che potrebbe reagire in via d'urgenza rispetto a (ulteriori) atti pregiudizievoli degli amministratori, riservandosi poi di decidere se procedere all'istaurazione del giudizio di merito per la responsabilità degli stessi, come del resto ammesso anche dai principi generali in materia cautelare di cui agli artt. 669-bis e ss. c.p.c. (cfr. Trib. Roma 30 luglio 2004 in Giur. it. 2005, 308, Trib. Napoli, 5 maggio 2008; Trib. Milano 30 agosto 2006 in Giur. Merito, 2007, 1377).

Quindi, il rapporto di strumentalità tra l'azione cautelare di revoca e l'azione di responsabilità, già instaurato o di prossima instaurazione. Se, infatti, l'oggetto dei due giudizi appare differente (revoca degli amministratori per gravi irregolarità da un lato e risarcimento del danno dall'altro), la maggioranza della dottrina considera comunque sussistere la strumentalità dell'azione cautelare in questione con quella di merito: la revoca, infatti, appare, per stesso dettato legislativo, come funzionale a un'azione risarcitoria di merito. Con la conseguenza che, nel delineare i requisiti necessari per il provvedimento cautelare del periculum e del fumus, il giudice dovrà necessariamente considerare con attenzione tale "particolare strumentalità", avendo cura per i profili di danno che, secondo un filone di pensiero, dovrebbero avere necessariamente i requisiti dell'attualità, in quanto la successiva azione di responsabilità può essere promossa solo in costanza di un danno attuale (cfr. Trib. Roma 5 agosto 2004, in Giur. merito 2005, 2, 306).

Non manca tuttavia chi, partendo proprio dalla differenza dei due petita, giunge a negare in radice la strumentalità tra le due azioni, favorendo la tesi - rigettata però dalla sentenza in esame - che i soci di S.r.l. possano esperire una autonoma azione (di merito) di revoca degli amministratori, al di fuori del giudizio di responsabilità, vuoi per applicazione analogica dell'art. 2259 c.c., vuoi per la catalogazione dell'azione cautelare in questione come azione anticipatoria "pura", idonea a determinare la modifica dello statuts quo ante senza bisogno di ulteriori iniziative giudiziali del socio richiedente.

Osservazioni

Il tenore letterale dell'art. 2476, comma 3, c.c. è tenuto in massima considerazione dalla sentenza in esame, sia per ribadire la strumentalità - per la verità sostenuta dalla maggioranza degli interpreti - dell'azione cautelare di revoca rispetto all'azione di merito di responsabilità, sia per (almeno così pare) propendere per un rapporto di cumulo necessario tra azione di revoca e azione di responsabilità, seguendo una lettura minoritaria rispetto alla maggioranza degli interpreti che, come anticipato, propende per l'ammissibilità dell'azione ante causam. Rispetto a tale secondo aspetto, per la verità, il ragionamento del Tribunale è solo intuibile: concretamente infatti, l'azione di revoca ha subito il rigetto principalmente perché promossa con atto di citazione e non con ricorso cautelare, senza che il Tribunale abbia preso ferma posizione sull'astratta ammissibilità in via anticipata dell'azione cautelare di revoca.

Infatti, nell'argomentare per la strumentalità della misura cautelare, il Tribunale di Roma pone l'accento sulla particolare "collocazione" di tale azione, "da adottarsi nel corso di un giudizio di cognizione di responsabilità sociale". E, ancora, la sentenza in questione si spende per l'autonomia di tale azione cautelare, ma non per slegarla dall'azione di responsabilità ma, invero, per negare che la sua previsione legislativa implichi la concessione al socio di un'azione di merito per la revoca: l'azione è autonoma in quanto strumentale e funzionale ad altra azione (i.e. quella risarcitoria), come scritto nella norma codicistica che qui rileva.

Per ciò che concerne la domanda risarcitoria, la sentenza in esame non contiene spunti particolarmente innovativi, limitandosi ad analizzare nel merito le doglianze avanzate, lamentando in diversi casi la mancata dimostrazione di un danno per la società. Resta opportuno, tuttavia, evidenziare l'inammissibilità parziale della domanda di risarcimento per la supposta attività svolta in concorrenza dall'amministratore. Rispetto a ciò, i giudici romani hanno precisato come la domanda può essere ammessa laddove l'amministratore abbia svolto attività di concorrenza con beni della società, creando quindi un danno a quest'ultima per inadempimenti connessi alla sua carica. Al contrario, l'art. 2476, comma 3, c.c. non consente al socio di agire per far ottenere alla società il risarcimento del danno derivante dallo svolgimento di attività concorrenziale, da parte di altra società avente però il medesimo amministratore.

Conclusioni

Uno degli elementi più significativi della sentenza in esame riguarda, innanzitutto, il rigetto delle tesi interpretative che considerano necessario propendere per un ampio uso dell'analogia, laddove siano correttamente identificate delle lacune legislative nella disciplina dei diversi tipi societari e tali lacune finiscano per pregiudicare i diritti dei soci.

Ciò detto, il Tribunale di Roma offre ulteriori spunti da considerare con attenzione per la verifica dei presupposti cautelari dell'azione di revoca degli amministratori di cui all'art. 2476, comma 3, c.c.. Fondandosi sull'idea della strumentalità dell'azione cautelare rispetto all'azione di responsabilità e alla sua necessaria collocazione in tale contesto, il fumus è individuabile nel danno, attuale, che verrebbe posto anche alla base della azione di responsabilità, mentre il periculum è costituito dalle gravi irregolarità nella gestione che, se non interrotte con la revoca, rischierebbero di aggravare tale danno.

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