Conseguenze del fallimento dell'accomandatario sulla s.a.s.

Daniele Fico
31 Marzo 2016

Tizio è socio accomandatario di Alfa s.a.s. e Gamma s.a.s. Alfa viene dichiarata fallita a seguito di istanza di un creditore e, quindi, in estensione, fallisce anche Tizio. Cosa succede a Gamma, peraltro in stato di insolvenza, e con una domanda di concordato in bianco con ampie probabilità di non essere performata con il deposito del piano nel termine assegnato?

Tizio è socio accomandatario di Alfa s.a.s. e Gamma s.a.s. Alfa viene dichiarata fallita a seguito di istanza di un creditore e, quindi, in estensione, fallisce anche Tizio. Cosa succede a Gamma, peraltro in stato di insolvenza, e con una domanda di concordato in bianco con ampie probabilità di non essere performata con il deposito del piano nel termine assegnato?

Il fallimento del socio illimitatamente responsabile. Come noto, l'art. 147, comma 1, l. fall. stabilisce che il fallimento di una società appartenente ad uno dei tipi di cui ai capi III, IV e VI, titolo V, libro quinto, c.c. (tra cui la società in accomandita semplice) comporta anche il fallimento dei soci illimitatamente responsabili (soci accomandatari, nel caso di s.a.s.). Il secondo comma di tale articolo, a sua volta, precisa, da un lato, che il fallimento in estensione del socio non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata, a condizione che siano state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati; dall'altro, che la dichiarazione di fallimento è possibile soltanto nel caso in cui l'insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabilità limitata.

Conseguenze del fallimento del socio sulla s.a.s. Tanto premesso, il fallimento del socio determina l'estromissione di diritto dalla società del medesimo ex art. 2288, comma 1, c.c. Trattasi di causa di esclusione legale, non rimessa quindi al potere deliberativo dei soci, che consegue in maniera automatica ed immediata al verificarsi della dichiarazione di fallimento. La ratio dell'art. 2288 c.c. - applicabile alla società in accomandita semplice in forza del rinvio operato dall'art. 2315 c.c. all'art. 2293 c.c. che, con specifico riferimento alla s.n.c., rinvia a sua volta alle disposizioni sulla società semplice - va ricercata nella esigenza di tutelare la società, i creditori sociali ed i creditori personali del socio da ripercussioni negative derivanti dallo status di fallito del socio stesso.
Nel caso in cui il fallito sia componente di una società, anche la sua quota sociale entra a far parte della massa attiva fallimentare; quota per la quale, tuttavia, l'art. 2305 c.c. non consente di chiedere la liquidazione finché dura la società. Nel caso di specie, pertanto, l'esclusione di diritto ha lo scopo di assicurare la liquidazione della quota del socio fallito in ogni caso e di garantirne, il più presto possibile, la disponibilità nell'attivo fallimentare e la destinazione al soddisfacimento dei creditori personali del socio.
Al riguardo, l'art. 2289 c.c. - dopo aver precisato al primo comma che il socio escluso ha diritto soltanto ad una somma di denaro che rappresenti il valore della quota, al quarto ed ultimo comma stabilisce che, fatto salvo quanto disposto dall'art. 2270 c.c. (richiamato per le s.a.s. dal sopra citato art. 2305 c.c.), il pagamento della quota spettante al socio uscente deve essere fatto entro sei mesi dal giorno in cui si è verificata la causa di scioglimento.
La domanda di liquidazione della quota da parte del socio estromesso origina comunque un'obbligazione della società, non degli altri soci, e rappresenta, quindi, un debito della società medesima verso il socio uscente.
Un'ipotesi particolare si verifica nel caso in cui il socio escluso sia anche amministratore della società, fattispecie nella quale rientra sicuramente l'estromissione del socio accomandatario (unica categoria di soci a cui, ai sensi dell'art. 2318, comma 2, c.c., può essere conferita l'amministrazione della s.a.s.). In tale circostanza, infatti, si potrebbe porre un problema di compatibilità tra la disciplina sulla esclusione del socio e quella specifica concernente la nomina e la revoca degli amministratori di s.a.s. (artt. 2318 e 2319 c.c.).
Sulla questione, per i Giudici di legittimità (Cass. 8 aprile 2009, n. 8570, in Mass. giur. it., 2009; Cass. 22 dicembre 2006, n. 27504, in Le Società, 2007, 1463 ss.), e per la giurisprudenza di merito (Trib. Napoli 1 marzo 2010, in Le Società, 2010, 942), l'esclusione del socio accomandatario, indipendentemente dai riflessi che può avere sull'amministrazione della società, è destinata ad essere disciplinata unicamente dagli artt. 2286 e ss., che nulla hanno a che fare con la disciplina della revoca per giusta causa dalla carica di amministratore, non incidente sul perdurare del rapporto sociale, dettata dall'art. 2319 c.c. In tale situazione, quindi, non può essere invocato quest'ultimo articolo - applicabile, peraltro, soltanto per l'ipotesi di giusta causa dell'amministratore nominato con atto separato - attesa la diversità tra revoca ed esclusione. L'estromissione del socio e la revoca dell'amministratore, infatti, costituiscono situazioni del tutto distinte, legate a presupposti non necessariamente coincidenti, che non consentono di sovrapporre la disciplina legale (o eventualmente statutaria) dell'una figura a quella dell'altra.
Un'ulteriore fattispecie particolare è rappresentata dalla esclusione nella s.a.s. dell'unico socio accomandatario, dal momento che la coesistenza di ambedue le categorie di soci (accomandatari ed accomandanti) è essenziale per tale tipo di società. L'estromissione dell'unico socio accomandatario produce lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio, ma non origina l'immediato scioglimento della compagine societaria, conservando il socio superstite la potestà di sostituire nel termine di sei mesi il socio venuto meno ai sensi dell'art. 2323, comma 1, c.c.

Conclusioni. In conclusione, il fallimento della Alfa s.a.s. determina il fallimento del socio illimitatamente responsabile Tizio che, conseguentemente, è escluso di diritto dalla Gamma s.a.s., con cessazione della carica di amministratore (ove conferita in quanto socio accomandatario). Qualora, inoltre, Tizio sia l'unico socio accomandatario della Gamma s.a.s., quest'ultima sarà oggetto di scioglimento se nel termine di sei mesi il socio venuto meno non sia sostituito.
In virtù della esclusione dalla Gamma s.a.s., la quota sociale di Tizio entra a far parte della massa attiva fallimentare originando, quindi, un credito della procedura verso la Gamma s.a.s. medesima. La liquidazione della quota del socio estromesso, infatti, origina un'obbligazione di quest'ultima società che, pertanto, in sede di predisposizione della proposta di cui all'art. 161 l. fall., dovrà altresì tenere conto di tale debito nella determinazione del fabbisogno concordatario. A questo proposito, si può discutere in relazione a se il credito del socio escluso, rectius della procedura fallimentare di Tizio, verso la Gamma s.a.s., inerente alla liquidazione della sua quota, quando il fallimento di Tizio sia anteriore alla presentazione della domanda di preconcordato, debba considerarsi – nell'ipotesi di ammissione al concordato preventivo - in prededuzione o di natura chirografaria, come tale soggetto a falcidia. Sul punto, come noto, l'art. 111, comma 2, l. fall., considera prededucibili i crediti qualificati come tali da una specifica disposizione di legge ed i crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali. In virtù di tale disposizione, alla prededuzione “tipica” di ordine legale, comprensiva delle fattispecie tassativamente previste dalla legge fallimentare, si affianca la prededuzione “atipica” a sua volta modulata nel criterio temporale-cronologico, relativo ai crediti sorti durante la procedura (in occasione) o antecedentemente alla procedura concorsuale e strumentali alle finalità della medesima (in funzione). Nel caso di specie, tuttavia, a parere di chi scrive, non trattandosi certamente di crediti sorti in occasione della procedura, ma neppure in funzione della stessa mancando sia una connessione causale, sia un interesse per il ceto creditorio tale da giustificare il beneficio della prededuzione, il credito verso la società Gamma s.a.s. inerente alla liquidazione della quota del socio escluso (sempreché la stessa abbia un valore) sarebbe da considerare di natura chirografaria.