Agli arbitri la decisione sull’impugnazione di delibere assembleari

La Redazione
31 Agosto 2015

Le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione di delibere assembleari possono essere devolute alla cognizione di un collegio arbitrale, ove lo statuto sociale preveda una generica attribuzione allo stesso delle controversie che possono insorgere tra la società e ciascun socio, ovvero tra singoli soci, in dipendenza dell'attività sociale. Così si è espressa la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 17283 depositata il 28 agosto 2015.

Le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione di delibere assembleari possono essere devolute alla cognizione di un collegio arbitrale, ove lo statuto sociale preveda una generica attribuzione allo stesso delle controversie che possono insorgere tra la società e ciascun socio, ovvero tra singoli soci, in dipendenza dell'attività sociale. Così si è espressa la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 17283 depositata il 28 agosto 2015.

Il caso. La pronuncia origina dalla causa promossa dinanzi al Tribunale di Roma dalle socie di minoranza di una società di armamento per ottenere l'annullamento di due delibere assembleari con le quali era stato approvato il bilancio d'esercizio ed era stato deciso l'aumento del capitale sociale, nonché il risarcimento del danno subito. Il Tribunale, in accoglimento dell'eccezione della società convenuta, dichiarava la propria incompetenza con devoluzione della causa al collegio arbitrale, in applicazione di una clausola dello statuto sociale che prevedeva appunto la devoluzione agli arbitri delle controversie insorte “tra la società e ciascun socio o tra i soci medesimi in dipendenza dell'attività sociale”. Avverso tale pronuncia, le socie di minoranza propongono regolamento di giurisdizione innanzi alla Corte di Cassazione sottolineando come la clausola statutaria invocata dalla società non facesse alcun riferimento all'impugnazione di delibere assembleari.

Clausola compromissoria e impugnazione di delibere assembleari. Le ricorrenti, argomentando sull'art. 35, comma 5, d.lgs. n. 5/2003, sostengono che le cause promosse ai sensi degli artt. 2377 e ss. c.c. non possono considerarsi incluse nella previsione di cui all'art. 34 del citato decreto legislativo e dunque, posto che le impugnazioni di delibere assembleari non sorgono “in dipendenza dell'attività sociale”, non possono essere devolute alla competenza arbitrale in assenza di una clausola compromissoria che disponga esplicitamente in tal senso.

L'intenzione del legislatore. I Giudici di legittimità non condividono l'interpretazione proposta dalle ricorrenti, considerando l'assenza di argomenti dai quali dedurre l'intenzione del legislatore di escludere le controversie relative alla validità di delibere assembleari da quelle che possono essere devolute a collegi arbitrali. Un corretto approccio ermeneutico mostra infatti come le controversie in questione rientrino indubbiamente nell'ambito di applicazione dell'art. 34 avendo il legislatore riconosciuto la necessità di assicurare una rapida risoluzione delle stesse (in ragione della loro peculiarità e della natura degli interessi coinvolti) assoggettandole al potere decisorio degli arbitri, i quali, sottolinea la Corte, dovranno sempre decidere secondo diritto anche laddove la clausola compromissoria disponga diversamente.

In conclusione, i Supremi Giudici condividono pienamente la decisione del giudice di merito, ritenendo incluse nella clausola compromissoria prevista dallo statuto anche le controversie relative all'impugnazione di delibere assembleari, quali controversie tra socio e società, in ragione del criterio di individuazione non tipologico bensì soggettivo a cui ricorrere la clausola compromissoria.

La Corte rigetta dunque il ricorso e dichiara la competenza degli arbitri, condannando le ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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