Conferimenti in danaroFonte: Cod. Civ. Articolo 2342
11 Maggio 2017
Inquadramento
Per conferimento in denaro si intendono quegli apporti destinati a essere imputati al capitale sociale che devono essere assolti nella stessa moneta in cui è denominato il capitale sociale. Tale tipologia di conferimenti è l'unica forma effettuabile nelle società di capitali, in assenza di una previsione diversa nell'atto costitutivo o nella delibera di aumento del capitale sociale a pagamento: di qui la centralità del conferimento in denaro nel sistema delle società di capitali. La definizione e il corretto inquadramento della fattispecie del conferimento in denaro sono necessari, essendo a esso riservata una specifica disciplina, differente rispetto a quella prevista per gli altri tipi di conferimento che prevede, anzitutto, l'obbligo di versamento in sede di sottoscrizione di almeno il 25% dei conferimenti in denaro (del 100% in caso di società unipersonale), secondo determinate modalità finalizzate a garantire l'immediata disponibilità in capo alla società e con parziali deroghe per il caso di conferimento in s.r.l. semplificata e nella s.r.l. con capitale inferiore a 10.000 euro. E', inoltre, dettata una disciplina specifica per il caso di inadempimento dell'obbligazione di conferire in denaro che verrà esaminata nei suoi tratti essenziali. Per conferimento in denaro si intendono quegli apporti destinati a essere imputati al capitale sociale «che devono essere assolti nella stessa moneta in cui è denominato il capitale sociale» (Spolidoro, I conferimenti in denaro, in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, Torino, 2004, 1**,252 ss., il quale – sulla scorta di tale definizione – esclude dal novero della tipologia dei conferimenti in esame, ad esempio, quelli liberati con consegna di titoli di stato o con versamento di moneta diversa o, ancora, il conferimento unitario in cui sia previsto che ciascuna azione debba essere coperta in parte in denaro e in parte in natura, tutti casi che l'A. fa rientrare tra i conferimenti in natura per la necessità di verificare che il loro valore sia idoneo ai fini della copertura del capitale sociale attraverso apposita stima.). Non vi rientrano, dunque, né gli apporti in denaro “a patrimonio”, effettuati a diverso titolo dai soci (ad es. versamenti a fondo perduto, in conto aumento di capitale, ecc.), né i casi in cui – in conseguenza dell'applicazione della disciplina prevista per il socio moroso (su cui v. infra), l'oggetto del conferimento iniziale (ad es. un conferimento in natura) sia convertito in una obbligazione pecuniaria.
Tale tipologia di conferimenti è l'unica forma effettuabile nelle società di capitali se, nell'atto costitutivo (art. 2342, comma 1, c.c. per la s.p.a. – art. 2464, comma 2, c.c. per la s.r.l.) o nella delibera di aumento del capitale sociale a pagamento, non è stabilito diversamente (v. al riguardo: App. Trento, 16 marzo 1999, in Le società, 1999, 1077, con nota di Civerra, che ha negato l'omologazione di una delibera di aumento del capitale sociale, in cui a fronte della rinuncia da parte di tutti i soci di sottoscrivere l'aumento, lo stesso era stato offerto a un terzo, che lo aveva liberato con un conferimento in natura nonostante la delibera non prevedesse tale modalità di conferimento). Da ciò deriva la centralità del conferimento in denaro nel sistema delle società di capitali, che viene generalmente argomentata con la considerazione che mentre il conferimento in denaro ha un valore già predeterminato, le altre tipologie di conferimento devono essere sottoposte a valutazione, per la loro intrinseca esigenza di essere tradotte in denaro e presentano, conseguentemente, il rischio di sopravvalutazione e successiva riduzione o annullamento del valore a esse attribuito. Il versamento del conferimento in denaro in sede di sottoscrizione
Il corretto inquadramento della definizione di conferimento in denaro è necessario essendo a esso riservata una specifica disciplina, differente rispetto a quella prevista per gli altri tipi di conferimento. L'osservanza delle specifiche previsioni dell'art. 2342 e ss. (per la s.p.a.) e dell'art. 2464 e ss. (per la s.r.l.) c.c., relative ai conferimenti e di volta in volta applicabili a seconda della fattispecie concreta posta in essere, rientra tra le condizioni per la costituzione della società (ex artt. 2329 - 2464 c.c.), la cui sussistenza è oggetto del controllo affidato al notaio rogante l'atto costitutivo. Tra le regole applicabili al conferimento in denaro, occorre anzitutto menzionare che esso non è sottoposto al procedimento di stima, richiesto, invece, per i conferimenti in natura e di crediti, ed è prevista una disciplina meno rigorosa in punto di liberazione delle azioni, che si limita a stabilire l'obbligo di versamento immediato nella misura del 25% dei conferimenti in denaro (esteso al 100% nel solo caso di società unipersonale).
L'obbligo di liberazione del conferimento in denaro si estende anche all'eventuale sovrapprezzo, ossia all'importo eccedente il valore nominale della partecipazione, che può essere versato sia in sede di costituzione, sia (più frequentemente) in sede di aumento del capitale sociale e che confluisce a patrimonio netto della società, in un'apposita voce denominata “riserva da sovrapprezzo” relativamente indistribuibile (art. 2431 c.c.). Rispetto a tali somme, la regola di liberazione in sede di sottoscrizione si esprime in termini più rigidi: il sovrapprezzo, infatti, deve essere integralmente liberato al momento della sottoscrizione, a prescindere che si tratti di società unipersonale o pluripersonale (v. artt. 2439 e 2464, comma 4, c.c.).
La liberazione del 25% dei conferimenti in denaro (o del 100% in caso di società unipersonale) e dell'eventuale sovrapprezzo può avvenire con modalità che sembrerebbero differenti per s.p.a. (rispetto alla quale occorre distinguere a seconda che il conferimento sia effettuato in sede di costituzione o successivamente in sede di aumento del capitale sociale) e per s.r.l. (dove la disciplina è invece unica a prescindere dal momento in cui è effettuato il conferimento in denaro). Più precisamente: nella s.p.a.:
Si ritiene ammissibile che il versamento in banca sia effettuato per conto dei soci da un terzo, in particolare, da un notaio all'uopo incaricato, al quale i soci effettueranno il pagamento. La norma richiamata fa espresso riferimento al versamento relativo al (solo) conferimento in denaro, non si riferisce invece anche al sovrapprezzo, che potrebbe essere richiesto, come accennato, anche in sede di costituzione. Al riguardo, la dottrina estende comunque la regola del versamento in banca anche alle somme versate a tale diverso titolo (cfr. in tal senso ad es., Spolidoro, I conferimenti in denaro, cit., 309). Inoltre, mentre per il versamento del 25%, il deposito in banca pare l'unica modalità ammessa in sede di costituzione nella s.p.a. (il cui rispetto deve essere verificato dal notaio rogante, che dovrà allegare all'atto costitutivo documentazione comprovante ex art. 2330 c.c., ai fini della iscrivibilità dell'atto a registro imprese), quando il socio versi (spontaneamente o su richiesta) ulteriori somme in adempimento dell'obbligo assunto con la sottoscrizione, si ritengono ammissibili anche modalità differenti, ad esempio mediante consegna agli amministratori (cfr. per tutte queste conclusioni Spolidoro, I conferimenti in denaro, cit., 297 ss.);
(i) in contanti, nei limiti consentiti dalla disciplina tempo per tempo vigente sulla limitazione all'uso del contante; (ii) bonifico bancario a favore della società; (iii) consegna di assegni circolari intestati a favore della società. Meno pacifica è, invece, la possibilità di effettuare il versamento a mezzo assegno bancario, per le incertezze circa la esistenza della provvista al momento della consegna (v. al riguardo la motivazione della Massima n. 148 della Commissione massime societarie del Consiglio Notarile di Milano).
Nella s.r.l. – a fronte della modifica apportata al testo dell'art. 2464, comma 4, c.c. (dall'art. 9, comma 15-bis, lett. a), del D.L. 76/2013, convertito dalla L. 99/2013) – non è più espressamente previsto il deposito bancario vincolato sino alla iscrizione della società nel registro imprese e la norma si limita a richiedere, anche in sede costitutiva (così come in sede di aumento del capitale: art. 2481-bis, comma 4, c.c.) il versamento nelle mani dell'organo amministrativo: esso deve, dunque, essere fatto ai futuri amministratori nominati nell'atto costitutivo, che ne divengono con ciò depositari, sorgendo a favore della società unicamente un diritto di credito. Peraltro, nonostante la diversa previsione normativa rispetto alla s.p.a, la dottrina notarile ritiene comunque utilizzabile, in via facoltativa, anche il deposito in banca, nei termini sopra indicati (cfr. in questo senso la Massima n. 148 della Commissione massime societarie del Consiglio Notarile di Milano, già citata). La ratio sottesa all'eliminazione dell'obbligo di versamento in banca pare quella di semplificare e velocizzare l'iter costitutivo delle s.r.l. La previsione deve essere interpretata, però, in senso sostanziale, considerato che in sede di costituzione, finché la società non è iscritta al registro delle imprese e, comunque, finché i componenti dell'organo amministrativo non hanno accettato l'incarico, non esiste un organo amministrativo in senso tecnico. Non è del resto imprescindibile l'intervento in atto dei nominandi amministratori (al fine di rilasciare quietanza): si ritiene, infatti, sufficiente attestare nell'atto costitutivo l'avvenuto deposito dei conferimenti in denaro presso i nominati amministratori (ad es. per il tramite di bonifico effettuato sul conto corrente di questi), a comprova della serietà dell'impegno assunto dai soci di liberare il capitale di rischio (cfr. la massima I.A.14, elaborata dalla Commissione Società del Comitato interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie). Il versamento del 25% potrà avvenire con le stesse modalità indicate rispetto alla s.p.a. (contanti, binifico, assegni circolari). In particolare, a consegna di tali mezzi di pagamento potrà essere fatta, oltre che a uno degli amministratori nominati nell'atto costitutivo, alternativamente: - a una persona delegata dagli amministratori, che agisce come procuratore degli stessi, in forza di poteri rivenienti dal rilascio di apposita procura, rilasciata da parte anche di uno solo dei nominandi amministratori, meglio se in forma scritta al fine di dimostrare l'incarico ricevuto (così la motivazione della Massima n. 148 della Commissione massime societarie del Consiglio Notarile di Milano, citata), - oppure ancora nelle mani del notaio rogante (con iscrizione nel registro somme e valori di cui all'art. 6 della L. n. 64/1934), con mandato a consegnare le somme depositate agli amministratori che abbiano accettato l'incarico (così la Massima n. 148 della Commissione massime societarie del Consiglio Notarile di Milano, citata).
Per la s.r.l., infine, l'art. 2464, comma 4, secondo periodo, c.c. ammette la possibilità che il versamento iniziale dovuto al momento della sottoscrizione dell'atto costitutivo sia sostituito da una polizza assicurativa o da una fideiussione bancaria, stipulata per un importo almeno corrispondente. Tale previsione, peraltro, è inattuabile fino a quando non saranno determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri le caratteristiche della polizza di assicurazione o della fideiussione bancaria, a oggi ancora non chiarite (v. in tal senso la Massima I.A.10 elaborata dalla Commissione Società del Comitato interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie). Le peculiarità della disciplina in commento nella s.r.l. semplificata e nella s.r.l. con capitale inferiore a 10.000 euro
Secondo la disciplina oggi vigente, la s.r.l. può assumere sia la forma ordinaria (art. 2463 c.c.) sia la forma semplificata (art. 2463-bis c.c.). Infatti, a fronte delle modifiche apportate dall'art. 9 del D.L. 28 giugno 2013, n. 76 (pubblicato nella G.U. 28 giugno 2013, n. 150, convertito in legge dall'art. art. 1, comma 1, della L. 9 agosto 2013, n. 99): (i) è stato abrogato l'art. 44, commi 1, 2, 3 e 4, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, che aveva introdotto la s.r.l. a capitale ridotto; (ii) si è espressamente disciplinata la possibilità che la s.r.l. “ordinaria” sia costituita con un capitale inferiore a 10.000 euro e pari almeno a un euro (v. art. 2463, comma 4, c.c.).
Per la s.r.l. semplificata (art. 2463-bis, comma 2, c.c.) e per la s.r.l. con capitale inferiore a 10.000 euro (art. 2463, comma 4, c.c.) sono previste alcune deroghe rispetto alla disciplina generale dei conferimenti applicabile alla s.r.l., appena esaminata. E' anzitutto stabilito che il conferimento deve farsi necessariamente in denaro: sono pertanto escluse le altre forme di conferimento, generalmente ammesse nella s.r.l. e il conferimento in denaro assume rispetto a questo modello una centralità assoluta. Inoltre, in deroga a quanto visto precedentemente, si prevede anche che il capitale debba essere interamente versato, a prescindere dal carattere unipersonale della società.
L'ambito di applicazione di entrambe tali deroghe viene, però, limitato alla sola fase costitutiva. In tal senso si è infatti espressa la Commissione massime societarie del Consiglio Notarile di Milano con la Massima n. 130 (elaborata in data antecedente alla soppressione della s.r.l. a capitale ridotto), proponendo la seguente interpretazione restrittiva: «L'obbligo di integrale versamento dei conferimenti in denaro e il divieto di conferimenti diversi dal denaro si applicano in tutti i casi di costituzione sia di s.r.l. semplificate [che di s.r.l. a capitale ridotto]. Tale obbligo e tale divieto, tuttavia, non si applicano ai conferimenti da eseguire in sede di aumento di capitale di s.r.l. semplificate [o s.r.l. a capitale ridotto], nemmeno nelle ipotesi in cui il capitale non venga aumentato a un importo pari o superiore a euro 10.000 e la società mantenga la forma di s.r.l. semplificata [o s.r.l. a capitale ridotto]. Le operazioni di aumento di capitale in tali sotto-tipi di s.r.l., pertanto, sono interamente disciplinate dalle norme dettate per la s.r.l. "ordinaria"». Le due deroghe, pertanto, secondo l'interpretazione della dottrina notarile, non si applicano alle operazioni di aumento del capitale sociale. Le conseguenze del mancato versamento integrale del capitale sociale
La mancata liberazione integrale delle partecipazioni non ne impedisce il trasferimento: le azioni o le quote ancora da liberare sono, infatti, trasferibili dal socio che ne è titolare, ma questi rimane obbligato in solido con l'acquirente per i versamenti ancora dovuti per tre anni dall'annotazione del trasferimento della partecipazione nel libro dei soci. Si tratta di una responsabilità solidale, ma sussidiaria, perché l'alienante è tenuto a effettuare il versamento solo dopo la preventiva escussione dell'attuale titolare della partecipazione sociale (v. artt. 2356, 2472 c.c.). Se le azioni sono rappresentate da titoli, in caso di conferimento non integralmente eseguito, ne viene fatta menzione sul titolo con indicazione dell'ammontare dei versamenti parziali, il che, peraltro, in deroga al principio di letteralità che caratterizza i titoli di credito, non incide sul regime di responsabilità tra acquirente-alienante menzionato, in considerazione della natura causale forte dei titoli azionari.
Salvo il caso della società (divenuta) unipersonale (art. 2342, penultimo comma, e art. 2464, ultimo comma, c.c.) ed eccetto i casi in cui la integrale liberazione sia pre-requisito per l'adozione di determinate decisioni (su cui infra), il legislatore non fissa un termine specifico entro cui deve essere effettuato il versamento dei decimi mancanti. Si ritiene, quindi, che spetti agli organi sociali richiederli quando ritenuto opportuno in considerazione delle esigenze della società (in particolare, all'organo amministrativo previa delibera in tal senso: così Spolidoro, I conferimenti in denaro, cit., 395) oppure indicando un termine in statuto (che può essere fissato, però, solo nell'interesse della società e non del debitore-socio: così Spolidoro, I conferimenti in denaro, cit., 392). Resta ferma, comunque, la possibilità per i soci di liberare spontaneamente le partecipazioni, a prescindere da una specifica richiesta in tal senso da parte degli amministratori.
Il diritto della società rispetto all'integrale versamento dei conferimenti promessi si prescrive in cinque anni ex art. 2949 c.c., rientrando fra i “diritti che derivano dal rapporto sociale”. Tale termine decorrerà dalla costituzione in mora o comunque dalla data indicata come termine di esecuzione nella richiesta di liberazione formulata dagli organi sociali in qualunque forma.
La liberazione integrale del capitale sociale (100% dei conferimenti) è, invece, espressamente richiesta nel corso della vita della società come condizione affinché la società possa: (i) dare esecuzione a un aumento del capitale sociale oneroso (art. 2438, comma 1, c.c., per la s.p.a.; art. 2481, comma 2, c.c. per la s.r.l.); (ii) emettere un prestito obbligazionario convertibile (art. 2420-bis, comma 1, c.c.). Con riferimento alla prima di tali decisioni, occorre precisare che il legislatore ha subordinato la (sola) esecuzione dell'aumento di capitale a pagamento alla condizione in esame e non anche la sua (mera) deliberazione. Corollario di tale norma è che, invece, è consentito deliberare un aumento di capitale in presenza di un precedente aumento sottoscritto e non integralmente versato (v. al riguardo la massima H.G.2, elaborata dalla Commissione Società del Comitato interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie).
La disciplina del socio moroso
In caso di costituzione con più soci - stante l'obbligo di liberazione solo parziale dei conferimenti in denaro in sede di sottoscrizione - il versamento dei conferimenti ancora dovuti dai soci viene richiesto dall'organo amministrativo, come si è detto, durante la vita della società quando ne sorga l'esigenza (ad esempio, quando sia necessario procedere a un successivo aumento di capitale, atteso il disposto degli artt. 2438, comma 1, e 2481, comma 2, c.c. sopra citati). Se, nonostante la richiesta da parte dell'organo amministrativo, il socio che deve ancora versare parte del proprio conferimento non adempie, è prevista una particolare procedura per il recupero dei versamenti residui (artt. 2344, 2466 c.c.), che gli amministratori sono tenuti a porre in essere, seppur con alcuni margini di discrezionalità (pena l'esposizione a responsabilità e a giusta causa di revoca: v. Spolidoro, I conferimenti in natura, cit., 454 s.). Tale procedura prende avvio con una diffida ad adempiere nel termine indicato – di quindici giorni per la s.p.a. e di trenta giorni per la s.r.l. – termine che, secondo alcuni Autori sarebbe inderogabile in diminuzione (così Spolidoro, I conferimenti in natura, cit., 444), per altri, potrebbe invece essere aumentato o diminuito con apposita clausola statutaria (così ad es. Tassinari, sub art. 2344, in Il nuovo diritto delle società a cura di Maffei Alberti, Torino, 2005, 153 ss.). La prima sanzione prevista per il socio inadempiente è quella della “sterilizzazione” del diritto di voto. Si discute se tale sterilizzazione del diritto di voto scatti: a) inderogabilmente o se la società (per il tramite dei suoi amministratori) possa decidere di non applicarla nel caso concreto, o in termini assoluti (disciplinandolo con apposita clausola nello statuto): considerato che la sanzione sembra coinvolgere soltanto interessi privati dei soci, si ritiene che essa vada interpretata come regola suppletiva-derogabile (in questo senso v. Spolidoro, I conferimenti in denaro, cit., 447), b) automaticamente una volta decorso il termine intimato al socio moroso, o se, invece, sia necessario un formale atto di costituzione in mora, dal quale, soltanto, decorrerebbe la sanzione in esame. Prima della riforma delle società di capitali del 2003, la tesi prevalente escludeva la necessità di diffida (cfr. ad es. Cass. 21 febbraio 1995, n. 1874). Successivamente alla riforma la questione è più dibattuta con specifico riferimento alla s.r.l., stante il mutato tenore letterale della norma che prevede oggi l'obbligo (non più la mera facoltà) di diffida in capo all'organo amministrativo (cfr. art. 2466 c.c.).
La sterilizzazione del diritto di voto si applica anche ove quest'ultimo spetti in concreto al creditore pignoratizio o all'usufruttuario (così Zanarone, Della società a responsabilità limitata, cit., 425 per la s.r.l.; Spolidoro, I conferimenti in denaro, cit., 443 per la s.p.a.). Altra questione non pacifica è se il socio moroso a cui sia stato “sospeso” l'esercizio del diritto di voto possa però intervenire in assemblea ed essere computato ai fini del calcolo del quorum costitutivo.
L'organo amministrativo ha poi l'alternativa tra agire in giudizio contro il socio per ottenere l'adempimento forzoso dell'obbligo di conferimento oppure offrire le partecipazioni non liberate del socio moroso agli altri soci in proporzione alle rispettive partecipazioni, per un corrispettivo almeno pari ai conferimenti ancora dovuti. Tale vendita può essere effettuata anche agli amministratori che rivestano la qualità di soci e in questo caso si tratterà di una vendita con se stessi, rivestendo essi anche il ruolo di mandatari del socio moroso (v. in questo senso la massima I.I.8. elaborata dalla Commissione Società del Comitato interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie). Ove l'offerta ai soci non andasse a buon fine, la partecipazione potrebbe essere offerta sul mercato a terzi, a rischio e per conto del socio moroso. La vendita coattiva avrà a oggetto solo le partecipazioni non liberate, considerato che la ratio dell'intera procedura è quella di tutelare l'effettiva copertura del capitale sociale, non quella di applicare una “pena privata” al socio inadempiente (in questi termini v. per tutti Spolidoro, I conferimenti in denaro, cit., 449). Al riguardo è stato di recente chiarito che, anche nella s.r.l., dove la divisibilità della quota non è un principio pacifico «È legittima la vendita, in danno del socio moroso, di una porzione della sua partecipazione complessiva (…)» (App. Palermo 5 aprile 2011, n. 435, in Banca borsa tit. cred., 2012, II, 744 con nota di D'Aiello). E' discusso se, una volta iniziata la procedura di vendita coattiva, la stessa possa essere interrotta per intraprendere l'azione giudiziale di adempimento nei confronti del socio moroso o viceversa (in senso affermativo v. Spolidoro, I conferimenti in denaro, cit., 455 s., dove ulteriori riferimenti, il quale ammette anche il cumulo contemporaneo dei due rimedi). Se anche tale tentativo di alienazione non dovesse andare a buon fine, il socio moroso può essere dichiarato decaduto, e nel caso della s.r.l. escluso (per un caso di impugnazione di tale decisione v. Trib. Palermo 9 giugno 2015, in questo portale, con nota di Scarpa; in senso conforme anche Trib. Catania 10 aprile 2013, in Giur. comm., 2014, II, 1055 con nota di Macrì; per una critica sull'effettività delle tutele riconosciute al socio illegittimamente escluso v. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, cit., 431 s.), dall'organo amministrativo, che trattiene i conferimenti già versati dal medesimo socio a titolo di risarcimento del danno (salvo comunque il maggior danno eventualmente subito dalla società). Si procede infine alla conseguente riduzione del capitale sociale. Riferimenti
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