False comunicazioni sociali

Pierpaolo Ceroli
23 Luglio 2015

Le false comunicazioni sociali, meglio conosciute come “falso in bilancio”, sono dei reati disciplinati dagli artt. 2621 e ss c.c., che consistono nell'omessa o falsa esposizione di fatti materiali nelle comunicazioni sociali obbligatorie inducendo in errore gli stakeholder. La normativa di riferimento è stata radicalmente modificata, da ultimo, dalla Legge 27 Maggio 2015, n. 69, in particolare per quanto riguarda il regime sanzionatorio, il quale non solo si inasprisce, ma elimina le cosiddette “soglie di non punibilità”, l'oggetto del reato, il quale riguarda fatti materiali falsificati od omessi e la responsabilità amministrativa della società.
Inquadramento

La cosiddetta “Legge anticorruzione” (Legge n. 69/2015) ha modificato le disposizioni, contenute nel Codice Civile, riguardanti i reati societari posti in essere da i soggetti, persone fisiche, che agiscono in nome e/o per conto delle società quotate, non quotate, nonché, delle società aventi i requisiti di cui all'art. 1, co. 2, R.D. n. 267/1942 (società escluse dal fallimento e dal concordato preventivo).

Infatti, i richiamati soggetti se pongono in essere, consapevolmente, delle azioni che arrecano danno ad altri al solo scopo di ottenere indebiti profitti, saranno puniti con pene detentive di durata variabile in funzione della forma societaria adottata dall'impresa per la quale opera e, nel caso di società non quotate, della rilevanza della violazione.

In evidenza: Pene detentive

Tipologia societaria

Periodo di reclusione

Falsificazione od omissione di…

Sanzioni pecuniarie Ente

Società di cui all'art. 1, co. 2, R.D. n. 267/1942

Da 6 mesi a 3 anni

Fatti materiali rilevanti

Da 100 a 200 quote

Non punibilità

Fatti di cui all'art. 131-bis c.p.

Società non quotate

Da 1 a 5 anni

Fatti materiali rilevanti

Da 200 a 400 quote

Da 6 mesi a 3 anni

Fatti di lieve entità

Da 100 a 200 quote

Non punibilità

Fatti di cui all'art. 131-bis c.p.

Società quotate

Da 3 a 8 anni

Fatti materiali

Da 400 a 600 quote

Elementi essenziali

Gli elementi essenziali della fattispecie del reato in oggetto possono essere schematizzati nel seguente quadro sinottico:

Elementi essenziali

Descrizione

Soggetti attivi

  • Amministratori;
  • Direttori generali;
  • Dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari;
  • Sindaci;
  • Liquidatori.

Condotta

Esposizione nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla Legge, dirette ai soci o al pubblico, di fatti materiali (che nel caso di società non quotate devono essere "rilevanti") non rispondenti al vero ovvero omissione di fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore altri.

Elemento soggettivo

Dolo intenzionale di ingannare i soci o il pubblico e specifico di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto.

Condizioni di punibilità

Alterazione in modo sensibile della rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità potrebbe essere esclusa se:

  • la società non è quotata;
  • ricorrono le condizioni di cui all'art. 131-bis c.p.;
  • il giudice ritiene che il danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori sia notevolmente lieve.

Procedibilità

  • d'ufficio nel caso di società quotate e non;
  • da querela della società, soci, creditori o altri destinatari della comunicazione sociale.

Pena detentiva

  • da 6 mesi a 3 anni nelle società escluse dal fallimento e società non quotate nel caso di fatti di lieve entità;
  • da 1 a 5 anni nelle società non quotate per fatti rilevanti;
  • da 1 a 8 anni nelle società quotate.

Sanzione amministrativa Ente

  • da 100 a 200 quote nelle società escluse dal fallimento e società non quotate nel caso di fatti di lieve entità;
  • da 200 a 400 quote nelle società non quotate per fatti rilevanti;
  • da 400 a 600 quote nelle società quotate.

Autorità competente

Tribunale

Soggetti attivi

I soggetti attivi del reato possono essere:

  • gli amministratori;
  • i direttori generali;
  • i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari;
  • i sindaci;
  • i liquidatori.

In relazione alla condotta, prima delle riforme introdotte dalla Legge n. 69/2015, la falsa od omessa comunicazione rilevante ai fini penali era solo quella che aveva come destinatari i soci o il pubblico.

La nuova disciplina introduce la locuzione “altri” per identificare i soggetti che potrebbero essere tratti in errore a causa dell'errata, o omessa, esposizione dei fatti materiali nelle comunicazioni sociali, quindi, si presume che assumono rilevanza ai fini del reato in esame le comunicazioni destinate alla totalità dei soggetti che possono avere interesse nella società (sia soggetti interni che esterni).

La comunicazione o l'omessa comunicazione, diretta ad un unico destinatario, rientra nell'ordinaria tutela apprestata dal reato di truffa. Nel caso in cui il destinatario fosse rappresentato dall'autorità pubblica di vigilanza, il reato applicabile sarebbe quello di cui all'art. 2638 c.c., ossia quello di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza.

Condotta

La falsa od omessa comunicazione deve avere una effettiva attitudine ingannatoria. In altri termini, la condotta deve essere idonea a indurre in errore gli "altri" sulla reale situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società e cioè sulla complessiva solidità patrimoniale, capacità reddituale e di equilibrio finanziario della società, desumibile, ad esempio, dalla proprietà di beni, dalla titolarità di diritti, dalla conclusione di contratti di fornitura, dalla concessione di finanziamenti e affidamenti, dai saldi dei conti o da elementi dalla cui combinazione tali saldi conseguono.

Le falsità punibili possono riguardare le comunicazioni considerate “tipiche”, ossia il bilancio, le relazioni o le altre comunicazioni sociali obbligatorie per legge, rivolte ai soci o al pubblico, nonché i beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

Nell'ipotesi in cui la condotta riguardi comunicazioni sociali non previste dalla legge, ad esempio bilanci infrannuali, non sembra possa configurarsi il reato in esame.

Per quanto concerne il momento di consumazione del reato, la contravvenzione in esame si consuma nel momento in cui sono poste in essere le condotte punibili, non rilevando le conseguenze dannose del fatto per soci o creditori.

In particolare, qualora fosse il bilancio ad essere “alterato”, il reato si consuma col deposito del bilancio falso presso l'ufficio del Registro delle Imprese; solo in tal modo, infatti, il documento diventa conoscibile a terzi i quali possono prendere visione.

Tuttavia, una parte minoritaria della dottrina ritiene che il reato si consumerebbe fin dall'approvazione del bilancio da parte dell'assemblea dei soci. In ogni caso, trattandosi di una contravvenzione, il tentativo non è ammesso.

Da ultimo, occorre ricordare che il reato è perseguibile d'ufficio e la competenza è attribuita al Tribunale in composizione collegiale ai sensi dell'art. 33-bis c.p.p.

Elemento soggettivo

La fattispecie in esame richiede che l'autore della falsità o dell'omissione sia mosso dall'intenzione di ingannare i soci o il pubblico sulla situazione economica della società, cd. dolo intenzionale, e che abbia l'ulteriore scopo di conseguire per sé o per terzi un ingiusto profitto, cd. dolo specifico.

Inoltre, va rilevato che destinataria del profitto può essere anche la società e che non è punibile come reato di false comunicazioni il comportamento illecito motivato solo da finalità tributarie, costituendo quest'ultimo reato di frode fiscale.

Ai fini della configurabilità dell'elemento psicologico è, comunque, necessaria la rappresentazione di tutti gli elementi costitutivi del reato, ivi compresa l'assenza di condizioni di punibilità.

Oggetto del falso

La falsità o l'omissione nelle comunicazioni sociali devono essere idonee ad indurre in errore i destinatari delle stesse e devono riguardare la situazione economica, patrimoniale o finanziaria:

  • della società;
  • del gruppo al quale la società appartiene.

Inoltre, la punibilità, ai sensi dell'art. 2621, co. 2, c.c., è estesa anche al caso in cui le informazioni, false od omesse, riguardino beni posseduti o amministrati per conto di terzi.

In evidenza: Falso nel bilancio consolidato

Il riferimento al “gruppo” determina la rilevanza penale del falso anche nel bilancio consolidato.

In questo contesto merita di essere richiamata la sentenza del 10 gennaio 2000, n. 191, della Corte di Cassazione in cui viene operato il distinguo tra:

  • falsità originaria e
  • falsità derivata.

Nel primo caso il soggetto che redige il consolidato parte da bilanci corretti ma rappresenta fatti non rispondenti al vero. Si dovrà, allora, esaminare esclusivamente l'atteggiamento soggettivo del redattore al fine di verificare la sussistenza del dolo.

Viceversa, nell'altro caso viene dapprima premesso che nessun potere di accertamento della veridicità dei relativi dati è espressamente attribuito dalla legge agli amministratori della controllante.

Pertanto se è vero che da un lato la falsità del dato contabile della controllata si trasferisce sul bilancio consolidato, è anche vero che, dall'altro, la responsabilità penale del redattore del consolidato non viene imputata automaticamente a seguito della sottoscrizione del documento.

Si potrà incorrere nell'ipotesi che il redattore che non si accorge del dato falso, con la conseguenza che della falsità nel bilancio consolidato risponde solo colui che ha redatto il bilancio della società controllata, dovendosi applicare l'art. 48 c.p. ed in tal caso si potrebbe configurare a carico dell'amministratore della controllante una responsabilità civile per mancata diligenza nell'esercizio della funzione.

Viceversa, nell'ipotesi in cui il redattore che si accorga del dato falso, dovrà invitare gli amministratori della controllata alla rettifica del bilancio viziato.

Se poi il redattore del consolidato viene a conoscenza della falsità del bilancio della controllata nel corso del processo di consolidamento, la Corte di Cassazione ha chiarito che il non apportare o far apportare rettifiche al bilancio della controllata determina una responsabilità da ricondurre allo schema dell'art. 40, co. 2, c.p. ed alle relative posizioni di garanzia di cui sono investiti gli amministratori della capogruppo, desumibili tanto dall'art. 2932 c.c. quanto dall'onere posto a loro carico dall'art. 43 del D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127; mentre nel caso in cui il redattore del consolidato sia a conoscenza della falsità insita nel bilancio della controllata anteriormente al momento della ricezione dei dati, si riconosce la presenza di tutti gli elementi della responsabilità concorsuale, ex art. 110 c.p., con l'organo amministrativo della controllata della falsità da quest'ultimo posta in essere, fermo restando che la consapevolezza deve essere dimostrata in concreto.

Condizioni di punibilità

L'art. 2621-ter c.c. prevede per le società non quotate e le non fallibili la “non punibilità” nel caso in cui il giudice accerti che il danno cagionato ai soci, alla società e/o ai creditori sia di “particolare tenuità” e che il reato commesso non comporti una pena detentiva superiore a 5 anni (art. 131-bis c.p.).

Il giudice nel valutare la gravità del reato dovrà tenere conto delle disposizioni contenute all'art. 133 c.p., vale a dire:

  • della natura, della specie, dei mezzi, dell'oggetto, del tempo, del luogo ed ogni modalità di azione;
  • dell'intensità del dolo;
  • dei motivi che hanno portato alla commissione del reato;
  • del carattere del soggetto che ha commesso il reato;
  • degli eventuali precedenti penali e giudiziari del soggetto, o comunque della condotta assunta prima della commissione del reato;
  • delle condizioni di vita personali, familiari e sociali del soggetto.

In evidenza: reiterazione del reato

Nel caso in cui il soggetto ponga in essere ripetutamente azioni di reato, non potrà usufruire della “non punibilità” prevista dall'art. 2621-ter c.c.

Sanzioni

Le sanzioni per false comunicazioni sociali, prima della riforma introdotta dalla Legge anticorruzione, prevedevano delle soglie di non punibilità penale ed in luogo di queste era prevista:

  • l'erogazione di una sanzione amministrativa variabile da dieci a cento quote;
  • l'interdizione dagli uffici direttivi della società di capitali ed imprese per un periodo da 6 mesi a 3 anni;
  • l'interdizione dall'attività di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari;
  • l'interdizione da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'impresa.

In evidenza: determinazione delle quote

Il riferimento alle quote (da dieci a cento) si rifà alla tecnica impiegata per la determinazione della sanzione pecuniaria nel caso di responsabilità amministrativa degli enti quale conseguenza della commissione di specifici reati presupposto nel loro interesse o vantaggio.

Detta tecnica di cui all'art. 10, D.Lgs. n. 231/2001 prevede che:

  • la sanzione pecuniaria venga applicata, nei confronti degli enti, per quote in un numero, variabile in relazione al reato presupposto, non inferiore a cento né superiore a mille;
  • l'importo di una quota varia da 258,00 a 1.549,00 euro (art. 25-ter co. 1 lett. a), D.Lgs. n. 231/2001).

Tuttavia, gran parte della dottrina ritiene inapplicabile tale tecnica anche per la determinazione delle sanzioni pecuniarie per false comunicazioni sociali, in quanto dettata in relazione ad enti collettivi e non a persone fisiche, come pure l'applicabilità del limite di 15.000,00 euro, di cui all'art. 10, Legge n. 689/1981, e della possibilità di pagamento in forma ridotta ex art. 16, Legge n. 689/1981.

In evidenza: soglie oltre le quali il reato è punibile (ante-riforma)

Norma

Descrizione

Note

Art. 2621 c.c.
co. 3

Le falsità o le omissioni devono alterare in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo cui essa appartiene

Le falsità o le omissioni devono determinare una variazione del patrimonio netto superiore all'1%

La soglia prende in esame la somma algebrica risultante dalle voci da A.I ad A.IX del passivo di Stato patrimoniale, così come risultante dallo schema di cui all'art. 2424 c.c.

Le falsità o le omissioni devono determinare una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, superiore al 5%

La soglia prende quale riferimento il totale posto tra le voci E.21 e 22 dello schema di Conto economico di cui all'art. 2425 c.c. in altri termini il risultato prima delle imposte.

Art. 2621 c.c.
co.4

Se il fatto è frutto di valutazioni estimative, tali valutazioni devono, singolarmente considerate, differire in misura superiore al 10% rispetto a quella corretta.

Con la riforma, oltre ad essere state eliminate le soglie di non punibilità prevedendo, esclusivamente per le società non quotate e non fallibili, dei casi di esclusione, sono state inasprite le pene creando un divario tra società quotate, non quotate e non soggette al fallimento.

In evidenza: pene detentive

Tipologia societaria

Periodo di reclusione

Falsificazione od omissione di…

Società di cui all'art. 1, co. 2, R.D. 267/1942

Da 6 mesi a 3 anni

Fatti materiali rilevanti

Non punibilità

Fatti di cui all'art. 131-bis c.p.

Società non quotate

Da 1 a 5 anni

Fatti materiali rilevanti

Da 6 mesi a 3 anni

Fatti di lieve entità

Non punibilità

Fatti di cui all'art. 131-bis c.p.

Società quotate

Da 3 a 8 anni

Fatti materiali

In evidenza: favor rei

L'art. 2 c.p. dispone che “…se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo…”, ciò comporta che per i reati commessi prima dell'entrata in vigore delle modifiche apportate dalla Legge 27 maggio 2015, n. 69 si applicheranno:

  • le pene detentive ed amministrative, nonché le soglie di non punibilità, previste dalla precedente normativa;
  • la non punibilità dei reati non più contemplati nella nuova disciplina (ad esempio sono state escluse le valutazioni sui fatti materiali), con la conseguente chiusura dei procedimenti ancora pendenti.

Di tale avviso sembra essere la stessa Cassazione, Sez. penale, che con la sentenza 16 giugno 2003, n. 25887, ha chiarito che nel rispetto del sopracitato art. 2 c.p. e dell'art. 25 Cost., è necessario che il reato, per essere considerato tale, deve essere previsto anche dalla nuova normativa.

Sanzioni amministrative in capo all'Ente

Nel caso in cui la contravvenzione di false comunicazioni sociali, di cui all'art. 2621 c.c., sia commessa nell'interesse della società, trova applicazione in capo ad essa la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote.

Infine, se in seguito alla commissione del reato l'ente, ha conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo (art. 25-ter, co. 2, D.Lgs. n. 231/2001).

Nel caso in cui il reato di false comunicazioni sociali, di cui agli artt. 2621 e ss. c.c, sia commesso nell'interesse della società (cfr. Cass. pen., Sez. II, n. 16359/2014), trova applicazione in capo ad essa la sanzione pecuniaria, prevista dall'art. 25-ter, D.Lgs. n. 231/2001, variabile in funzione dell'assetto societario e della gravità del reato:

  • società quotate la sanzione pecuniaria sarà da 400 a 600 quote;
  • società non quotate la sanzione pecuniaria sarà da 200 a 400 quote, salvo il caso in cui il fatto materiale non sia di lieve entità, ai sensi dell'art. 2621-bis c.c., per il quale è prevista una sanzione pecuniaria da 100 a 200 quote;
  • società non soggette al fallimento o al concordato preventivo ai sensi dell'art. 1, co. 2, R.D. n. 267/1942, la sanzione pecuniaria sarà da 100 a 200 quote.

Per i reati commessi prima dell'entrata in vigore della Legge anticorruzione sarà applicabile l'istituto del favor rei.

Infine, se in seguito alla commissione del reato l'ente, ha conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo.

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